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STALKING E “BRACCIALETTO”:PARLA L’AVV.FARAONE

«Compiuti molti passi avanti ma il cammino è lungo; Bisogna lavorare ancora per una civiltà scevra da preconcetti»

Ha suscitato molto interesse l’applicazione, per la prima volta nella nostra provincia, del dispositivo di controllo anti-stalking, comunemente detto “braccialetto elettronico”, applicato ad un 36enne residente in provincia di Potenza, sorvegliato speciale, con obbligo di soggiorno, in quanto già protagonista di atti persecutori nei confronti della sua ex ragazza e già condannato. Il dispositivo – su richiesta del questore di Potenza, Antonino Pietro Romeo, accolta dal Tribunale del capoluogo- è stato attivato dagli agenti della Polizia: l’uomo è stato condannato a dieci mesi di reclusione e ha ricevuto il braccialetto elettronico dopo aver scontato la pena. È stato sottoposto alla sorveglianza speciale per un anno: affinché non si avvicini alla vittima del reato, il controllo avverrà proprio attraverso il braccialetto.

Sulla vicenda abbiamo voluto fare il punto con l’Avvocato che ha difeso la donna, Rosanna Faraone, alla quale abbiamo posto alcune domande.

Come valuta la misura introdotta?

«Non vi è dubbio che il dispositivo, così detto “braccialetto elettronico”, rafforzi le esigenze di tutela delle vittime e rappresenti al contempo, un valido strumento per il controllo del reo in ordine al monitoraggio dello stesso rispetto al “divieto di avvicinamento alla vittima”».

Ritiene che la sua assistita, o comunque in generale le vittime di questi reati, possano sentirsi al sicuro sapendo che il braccialetto elettronico sarà in grado di avvertire in caso di violazione delle prescrizioni del reo?

«L’utilizzo del braccialetto elettronico anti-stalker, che ricordo sostanziarsi in un doppio dispositivo, uno dei quali tenuto dalla persona offesa ,alla quale viene inviato un “messaggio “in caso di avvicinamento dell’onerato oltre che allertare i servizi di controllo, appare essere un meccanismo idoneo a limitare i gravi pregiudizi di natura esistenziale che questi reati provocano nelle vittime, costrette ad alterare e modificare le proprie abitudini di vita ed i propri assetti relazionali».

Purtroppo si continua a parlare quotidianamente di reati di genere. Quanto ancora c’è da lavorare per arginare se non debellare la problematica?

«Per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno della violenza nei confronti della donna, sono stati compiuti numerosi passi in avanti, tuttavia ritengo che il cammino è ancora lungo ed il traguardo ancora lontano. Invero, i dati alla mano ci parlano chiaro, ed i tristi fatti di cronaca ci lasciano tanta amarezza nel dover constatare che per risolvere drasticamente il problema della violenza di genere, bisognerà lavorare ancora, per edificare una civiltà scevra da preconcetti e pregiudizi e seminare sul terreno dell’educazione e del rinnovamento culturale. Sarebbe inoltre auspicabile, un’ incentivazione delle politiche di sensibilizzazione, necessarie per “veicolare il messaggio” che parlare delle violenze subite, non costituisce motivo di vergogna e/o di colpa della donna, bensì rappresenterebbe un ottimo punto di partenza, per permettere di converso, agli enti ed alle istituzioni preposte, di fornire loro dell’aiuto di cui hanno bisogno».

Cosa direbbe alle donne che ci leggono oggi vittime di qualsivoglia forma di violenza?

«Alle donne che subiscono violenza dico di non abbassare mai la testa, di imparare a riconoscere e percepire subito la gravità degli atteggiamenti altrui e di cercare aiuto. Non bisogna avere paura, bisogna avere il coraggio di denunciare, di confidare nella “forza” della giustizia».

La vittima, in questo caso, ha subito, lo ricordiamo, una escalation persecutoria non solo nel corso della relazione, ma anche dopo la chiusura del rapporto: importunata sul posto di lavoro, percossa e controllata. Non mancavano telefonate e messaggi, molesti oltre a vere e proprie minacce. Fortunatamente la donna ha sporto denuncia e così sono state avviate le indagini ed il procedimento penale, che ha visto la condanna per lo stalker. Questo evidenzia l’importanza -come ha sottolineato l’avvocato Faraone e il suo Studio legale- di non arrendersi e anzi denunciare fatti di questa gravità per mettere fine a situazioni di pericolo.

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