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‘O MASTU’ E ‘O BANCARIELLO DELLA POLITICA

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Nessuno poteva immaginare che la politica per sbarcare il lunario vociante di compari e clientes e sbrigare le sue incombenze indicibili potesse traslocare di buon mattino e con aria appesantita nei bar di mezza città pur di sfilarsi dalla psicosi delle microspie che ormai agitano molte coscienze infelici che affollano, senza merito ne onore, le stanze pubbliche. Ora la scena che ci viene raccontata, anche nella versione picaresca su segretari particolari e collaboratori è simile ad un ciak di Charlot alle prese con la ruota del carro, in una rassegna sincopata e tutta comica di dondolamenti accigliati, torsioni ed occhiate acrobatiche per sottrarsi all’altro incubo del potere umbratile: l’OCP, acronimo d’appostamento della polizia giudiziaria per dar prova di pizzini d’affari e traffici d’influenze e su cui il cipiglio legalitario del procuratore distrettuale Francesco Curcio e dei suoi sostituti avrà di certo messo a lavorare i migliori investigatori. Eppure ben oltre la questione di giustizia ce n’è una etica che ci spedisce, come una cartolina napoletana, l’immaginetta della politica ridotta ad un bancariello di ciambotte e suppliche. Dice un proverbio: “Tra ‘o mastu’ e ‘o bancariello nun se sape chi ha fatte rummore”.

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