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PITTELLA, UNA QUESTIONE DI GIUSTIZIA E DI POLITICA

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A leggere le motivazioni della sentenza con cui il Collegio del Tribunale di Matera presieduto da Gaetano Catalani ha assolto Marcello Pittella per non aver commesso il fatto viene in mente innanzitutto la questione della giustizia che meriterebbe di essere approfondita e svelata, almeno per cogliere la portata delle forze in campo che pur hanno animato la merlettatura investigativa e le sue congetture, ora spazzate via da giudici terzi con poche, ma salutari parole. Già Seneca aveva provato ad interpretare la causa di questa rabies accusandi che trasforma persino la togata civitas, l’ambiente giudiziario, in un campo di guerra e che oggi più che mai riscopre considerazioni necessarie sull’esercizio della magistratura nella vita di una comunità, compresi i diritti di scelta democratica dei suoi governatori, peraltro mai aggirabili col periculum libertatis. Eppure queste parole rimettono ordine anche alla questione politica, che ha indirizzato contro Pittella ordalie da basso medioevo e salti di bile tracimata e su cui ancora non ci sono le scuse di Raffaele La Regina, segretario Pd,  improvvisato e dal passo guidato. Ha scritto Franz Kafka: “La sentenza non viene mai ad un tratto, è il processo che poco a poco si trasforma in sentenza”.

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