Èiniziato, ieri mattina, dopo i numerosi rinvii degli scorsi mesi, il dibattimento nel processo “Ricoveri ordinari” davanti al Tribunale di Potenza in composizione collegiale, presieduto dal dott. Federico Sergi, che coinvolge la ex clinica Luccioni di Potenza diventata Istituto clinico lucano spa e che nel marzo del 2018 ha portato all’esecuzione di sei misure cautelari.

A finire ai domiciliari furono l’amministratore unico della clinica, Walter Di Marzo, i due chirurghi Mario Muliere e Paolo Sorbo ed il medico della Asp Archimede Leccese. Divieto di dimora per il direttore sanitario della clinica, Lorenzo Tartaglione e per il direttore amministrativo, Giuseppe Rastelli. Nei confronti degli attuali imputati, le accuse di associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Potenza. Ad eseguire quelle misure cautelari i Nas di Basilicata: ieri ha testimoniato in aula il Luogotenente Morelli per cui «dalle cartelle cliniche sarebbero emersi degli errori sostanziali riferiti ad alcuni interventi per i quali la struttura sanitaria avrebbe chiesto il pagamento ma che materialmente non sarebbero stati effettuati».

Nello specifico, sarebbero stati inseriti nelle cartelle cliniche interventi di “idrocele” effettuati su donne anche con un numero elevato di complicazioni rispetto alla media degli interventi chirurgici. Tali interventi riguardano un rigonfiamento dello scroto che su pazienti di sesso femminile sono alquanto improbabili da effettuare. Parimenti sarebbe stato effettuato qualche intervento di “svuotamento di vescica vaginale” su pazienti di sesso maschile che sarebbe stato classificato presumibilmente al posto di uno svuotamento dello scroto. Quindi, alla luce di questi errori, qualcosa di sicuro non è quadrata nella compilazione delle cartelle cliniche, divergenti da quelle infermieristiche ma che avrebbero comportato la compilazione di errate schede di dimissione ospedaliera, Dso, dalle quali sarebbero scaturiti altri errati raggruppamenti omogenei di diagnosi, i cosiddetti Drg che altro non sono che un sistema di classificazione isorisorse dei ricoveri ospedaliericlassificati in modo che tutti i ricoveri afferenti ad un medesimo Drg presentino approssimativamente un simile carico assistenziale e consumo medio di risorse.

Stando anche alla dichiarazione del Luogotenente dei Nas, sulla base della Sdo è attribuito un Drg che consente di accedere al pagamento, «per cui la “falsificazione” sarebbe avvenuta a monte, ovvero sulle schede di dimissione ospedaliera che avrebbero quindi cambiato la situazione». Mensilmente la clinica inviava alla Regione l’estratto conto con laSdo i cui controlli spettavano a Muliere che inseriva i Drg conseguenti alle Sdo per conto della clinica ‘Luccioni’ e a Leccese per conto della Asp che verificava le cartelle cliniche nelle quali doveva essere inserito tutto il passaggio assistenziale per arrivare al ricovero e all’intervento del paziente. Sentito anche il dottor Frusci della commissione nominata dall’Asp per la verifica delle cartelle.

Si è limitato a ripetere ciò che aveva scritto nella relazione tecnica che è stata depositata tra le carte processuali e relativa ad un controllo su settemila cartelle. Non ha saputo riferire però sulle 115 cartelle cliniche incriminate ma che secondo la difesa degli imputati non sarebbero mai state pagate dalla Asp proprio per la presenza di alcune incertezze. Ciò che all’epoca dei fatti non è quadrato alla magistratura è stata anche una serie di correzioni sulle cartelle cliniche palesemente avvenute in tempistiche diverse dalla originaria compilazione accertata sia attraverso differenti tipologie di scritture, si attraverso l’utilizzo di inchiostri diversi pur se della stessa colorazione. Nell’inchiesta, che abbraccia un arco temporale che va dal 2014 al 2016, oltre a queste presunte cartelle cliniche modificate per ottenere rimborsi maggiori anche fatture inerenti l’acquistodidispositivi medici effettuati con maggiorazioni di costifino al 900% del prezzo.

Le indagini sono partite da una denuncia dell’Azienda Sanitaria di Potenza, che ha anche emesso un procedimento disciplinare nei confronti di Leccese che era il medico che effettuava i controlli. Proprio sulla figura del medico si ipotizza una sorta di “capro espiatorio” dato che egli stesso avrebbe fatto rilevare gli errori di calcolo venendo successivamente esautorato dall’incarico. La prossima udienza di un processo che sembra entrato nel vivo si terrà il prossimo 17 novembre, quando verrà ascoltata come teste dell’accusa, Maria Mariani dirigente di struttura complessa della Asp.


 

Social Media Auto Publish Powered By : XYZScripts.com
error: Contentuti protetti