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STATI GENERALI DELLA LINGUA E DELLA CREATIVITÀ ITALIANA NEL MONDO

La lingua rappresenta il naturale pilastro della nostra identità ovunque ci troviamo, un aspetto che ci caratterizza e che assume una rilevanza particolare nel mondo globalizzato in cui viviamo, dove i confini nazionali si fanno via via sempre più impalpabili e consentono ai popoli una frequente e aperta interconnessione economica, culturale, politica

STATI GENERALI 

Mattarella alla Farnesina per gli Stati Generali della Lingua e della Creatività Italiane nel Mondo

 

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha aperto, alla Farnesina, gli Stati Generali della Lingua e della Creatività Italiane nel Mondo, quest’anno dedicati al tema “L’Italiano di domani”. Nel corso della cerimonia sono intervenuti: il Presidente Mattarella, il Segretario Generale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Ettore Francesco Sequi, il Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Luigi Di Maio, il Ministro della Cultura Dario Franceschini, la Ministra dell’Università e della Ricerca Maria Cristina Messa (con un videomessaggio), la Sottosegretaria di Stato al Ministero dell’Istruzione Barbara Floridia, e il Direttore generale per la promozione del Sistema Paese Lorenzo Angeloni.

Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla XXI edizione della Settimana della Lingua Italiana nel Mondo, dal titolo: “L’Italiano di domani. Stati Generali della Lingua e della Creatività italiane nel mondo”

Roma, 29/11/2021

Rivolgo un saluto molto cordiale al Ministro degli Affari Esteri, al Ministro della Cultura, e a tutti i presenti.

Sono lieto di poter intervenire a questa nuova edizione degli Stati Generali della Lingua e della Creatività Italiane nel mondo.

Desidero rivolgere il mio più cordiale saluto al Nunzio Apostolico e alle Ambasciatrici della Confederazione Svizzera e della Repubblica di San Marino, rappresentanti di preziosi ambiti che qualificano e ampliano gli orizzonti della cultura in lingua italiana nel mondo.

Grazie per aver voluto ancora una volta contribuire alla riflessione sullo stato della diffusione e degli strumenti della lingua italica e sull’accesso che questa consente al ricco patrimonio culturale di cui è espressione.

Le precedenti edizioni degli Stati Generali, cui ho partecipato nel corso del mio mandato, si sono proposte di corrispondere alle attese di un incremento delle attività di promozione dell’italiano all’estero, nella giusta convinzione che la diffusione della lingua comporti un incremento del soft-power per i suoi promotori.  

Occorre ammettere che gli sforzi messi in campo, per quanto frutto di un lavoro generoso, rendono evidente la necessità e l’urgenza di un impegno ancora più ampio e intenso, che sappia unire allo schema esistente, sia educativo sia di animazione culturale, la consapevolezza dell’ampiezza del messaggio della cultura italica nel mondo.

L’indebolimento della rete degli istituti educativi, anche di quelli di più antico insediamento, non aiuta la causa di una presenza efficace, così come le difficoltà nel sostegno a una rete consolare diffusa che, interagendo in modo intelligente e aperto con le comunità italiane all’estero, possa valorizzare la testimonianza che recano del modello di vita italiano.

Questa edizione degli Stati Generali giunge dopo una riflessione, promossa dalla Farnesina, sul rinnovamento e la modernizzazione degli strumenti di proiezione della cultura italiana nel mondo e sui contenuti che occorre potenziare.

Uno sforzo corale che ha aperto nuovi sviluppi, nella consapevolezza che la prospettiva dell’italiano di domani non è rappresentata più, esclusivamente, dalla lingua, parlata e scritta.

Giusto, dunque, abbinare alla lingua, in questi Stati Generali, l’elemento della creatività.
Due facce di una stessa medaglia, due aspetti che il passato ha intrecciato e che sono destinati in futuro a divenire sempre più integrati.

Umberto Eco, in occasione del 150° Anniversario dell’Unità Nazionale, definì al Quirinale questa ambizione come “L’italiano di domani”, suggerendo due spunti che è opportuno oggi riprendere.

In primo luogo, si tratta dell’italiano quale – cito testualmente – “elemento costante di italianità nel corso di più di un millennio”.

La lingua rappresenta il naturale pilastro della nostra identità ovunque ci troviamo, un aspetto che ci caratterizza e che assume una rilevanza particolare nel mondo globalizzato in cui viviamo, dove i confini nazionali si fanno via via sempre più impalpabili e consentono ai popoli una frequente e aperta interconnessione economica, culturale, politica.

Il genio di scrittori – in opere di affascinante valore e perdurante modernità – ha conferito dignità all’idioma italiano prima ancora che le istituzioni lo adottassero come lingua nazionale.

L’italiano, in altri termini, è figlio della creatività. Ed è strumento espressivo di questa creatività apprezzata e ammirata a livello internazionale.

I grandi autori che hanno tenuto a battesimo la nostra lingua e l’hanno “nutrita” nei primi due o tre secoli della sua esistenza hanno svolto un compito di portata straordinaria. Da una parte, si sono serviti, sviluppandola, di una lingua nuova, consegnandoci un patrimonio ancor oggi vivo e dinamico.
Quello di Ciullo d’Alcamo, di Jacopone da Todi o dei poeti dello Stilnovo è un italiano per noi pienamente intellegibile, dove abbondano parole ed espressioni di uso tutt’ora corrente.

Niente di più lontano da una lingua fissa, immobile, immutabile. La loro capacità di muoversi su una molteplicità di registri, dal più aulico al più prossimo al parlar quotidiano, è già di per sé una prova di suggestivo dinamismo.

D’altra parte, questo strumento nuovo, l’italiano, è stato messo al servizio di uno sforzo creativo – anche questo straordinario – che ha generato opere ancor oggi attualissime, capaci di toccare le corde più intime dei lettori di ogni tempo e in tutto il mondo.

Senza quella lingua così duttile ed espressiva – che per questo sostituì il latino – non sarebbe stato possibile a Dante condurci in un viaggio che, come ha voluto ricordare anche Papa Francesco, in questo 700° anniversario del Sommo Poeta, è testimonianza “della sete di infinito insita nel cuore dell’uomo”.
L’italiano non sarebbe nato senza la creatività di quei “primi italiani”; la loro creatività non si sarebbe tradotta in opere così moderne e così attuali senza il nascente italiano di allora.

Un secondo opportuno spunto di riflessione riprende la domanda che Eco si poneva su cosa volesse dire italianità.

Un interrogativo aperto da secoli e ancora attualissimo, che dobbiamo fare nostro, mettendo a fuoco il passato e a frutto le lezioni del presente, anche quelle apprese con sacrificio e dolore, com’è l’esperienza della crisi pandemica.

Oggi l’italiano nel mondo risuona attraverso molteplici espressioni: nel modo di fare impresa così come nella letteratura, nel cinema, nella musica, nel volontariato, nell’arte della cucina.

Possiamo aggiungere: nella scienza e nello sport.

Queste molteplici dimensioni “parlano italiano” e parlano dell’Italia, proiettando all’estero un’immagine suggestiva e avvincente.

Di queste diverse sfaccettature dell’italianità la nostra lingua è il tessuto connettivo

Diffuso anche oltre i nostri confini e studiato da oltre due milioni di persone – da Buenos Aires a Nuova Delhi, da Sidney a Dakar – l’italiano si conferma anno dopo anno un vero e proprio polo di attrazione per chi guarda al Belpaese con curiosità, interesse, ammirazione.

Non soltanto per i nostri connazionali e per le generazioni di italo-discendenti all’estero, che grazie alla lingua alimentano il legame con le proprie radici; ma anche per chi sceglie di avvicinarsi alla civiltà italica perché attratto dalla storia, dall’arte, dall’eccellenza delle nostre produzioni.

In altre parole, nel suo duplice ruolo di interprete e di vettore delle energie creative, la lingua rappresenta la prima ambasciatrice del “saper essere” e del “saper fare” italiano e di un patrimonio vastissimo, universale per natura e vocazione, di cui rappresenta il risultato.

Conoscere l’italiano non significa soltanto dotarsi di uno strumento di comunicazione in più – e non è poco – ma significa anche avere accesso alle molteplici dimensioni di un così grande retaggio storico e alle nostre più moderne e avanzate capacità creative. Senza quella lingua, così duttile ed espressiva, tutto questo non sarebbe avvenuto.

Autorità,

Signore e signori,

La giornata di lavori odierna è stata lungamente preparata e attesa.

Ringrazio tutti coloro che hanno contribuito alla riflessione di cui costituisce il risultato.

Il campo in cui agiamo è caratterizzato dalla complessità della realtà che ci circonda.
Il mondo è di fronte a sfide che nessun Paese, nessuna cultura, può immaginare di affrontare da solo.

Crisi quali quelle indotte dai cambiamenti climatici; le giuste aspirazioni a uno sviluppo autenticamente equo e sostenibile; tutte si intersecano con nuove frizioni globali e focolai di instabilità che attraversano le linee geografiche tra i nostri continenti.

È in questo ambito che si propongono il ruolo della cultura italiana e i valori che essa esprime.

Idee – ed espressioni nuove – sono essenziali.

Lo sono, insieme a espressioni già in uso da anni, ma sempre più attuali, quali pace, cooperazione e multilateralismo, concetti che ispirano e orientano l’azione diplomatica della Repubblica.

Anzitutto all’interno della cornice europea nella quale l’Italia ha scelto di operare per un rafforzamento dei valori importanti che uniscono i Paesi membri e nel quadro della promozione dei diritti umani delle persone e dei popoli.

Ci attende un impegno globale a favore dell’“italiano di domani”: la lingua che abbiamo il dovere di tutelare, promuovere e tramandare. Per cittadini attivi nella propria comunità e nel mondo, attenti, ispirati, creativi.

Coscienti del proprio passato, consapevoli del presente, aperti alle sfide del futuro.

Grazie per il vostro lavoro.

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