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41º ANNIVERSARIO SISMA IRPINIA E BASILICATA 23 NOVEMBRE 1980

23 novembre 1980 ~ 23 novembre 2021 per non dimenticare 41 anni dopo
l’ho vissuto il prima persona quello del #23novembre1980 ed anche sisma successivi in Italia ?? ed anche Basilicata, cercando di offrire sempre un valido contributo‼️

SISMA DEL 23 NOVEMBRE 1980

POTENZA Via PRETORIA dopo il sisma 1980

La testimonianza di CATALDO SABATO 

Terremoto 1980
DOMANI 23 NOVEMBRE 2021 

Sono passati 41 anni, ma il ricordo del terremoto rimane vivo nella nostra mente, perché il terremoto del 1980 rappresenta lo spartiacque nella storia di Bella e dei territori della Basilicata e dell’Irpinia.

Quella sera del 23 novembre di 41 anni fa ha cambiato la storia e nulla è stato più come prima. Noi non lo sapevamo in quel minuto e mezzo che non finiva mai.

E sì, perché, quando si parla dell’intensità delle scosse sismiche, ci si dimentica che forse la cosa più importante è la durata.

E quella sera nessuno di noi capì niente; ognuno cercò di salvare la propria pelle, precipitandosi fuori casa, dirigendosi nello slargo più vicino, che riteneva più sicuro. Io mi diressi con la mia famiglia nel posto meno sicuro, da Via Vittorio Emanuele a sopra u ghiagg.

E di là giungeva il boato dalla vallata ed era un boato rimbombante e pauroso che saliva verso Bella.

Ho il ricordo vivo anche dei giorni successivi, della terribile solitudine, delle incertezze, dei dubbi e anche di alcune forme di disperazione.

Ma poi, dopo i primi giorni, cominciarono a giungere TIRcarichi di coperte, tende, generi alimentari, macchine con al seguito roulottes, pulmann di volontari, tecnici, intere amministrazioni comunali e l’Italia si risvegliò buona: mai come in quel momento l’Italia si risvegliò solidale; le direttrici dell’Adriatica e della Tirrenica sembrarono un fiume di umanità diretta verso di noi, verso le sacche del sottosviluppo all’interno del sottosviluppo meridionale.

Credo che dobbiamo sempre ricordarci di questo, quando sentiamo e vediamo i meno fortunati di noi, oggi che i barconi del Mediterraneo ci portano le tragedie dell’Africa e delle terre meno fortunate.

Dopo la prima emergenza, l’arrivo dei militari (ciao Bernard, ciao Capitano Riposati), l’Ordinanza 80 sulle prime riparazioni, la costruzione degli alloggi provvisori, si cominciò a pensare seriamente al futuro.
Sull’onda dell’emergenza furono affidati a Zamberletti più di 3.000 miliardi di lire da spendere “fuori bilancio”.

La stessa legge 219 proclamava: Sono dichiarati di preminente interesse nazionale l’opera di ricostruzione e sviluppo delle zone delle Regioni Basilicata e Campania disastrate per effetto del sisma.

Il Parlamento italiano aveva anche in altre occasioni gestito risorse fuori bilancio, cioè a debito (come si fa oggi con il coronavirus), ma mai era giunto ad affermazioni di principio tali da legiferare che questo è l’interesse supremo dello Stato.

Non dobbiamo dimenticare che la Regione Emilia-Romagna, il Comune e l’Amm.ne Provinciale di Modena mandarono uomini e mezzi, dando coraggio e indirizzando Sindaci e amministratori indecisi sul da farsi.

Non dimentichiamo Mario del Monte e Liliano Famigli.
Dopo 40 anni l’allora Assessore Giancarlo Muzzarelli, che rappresentò il Comune di Modena dopo la morte di Del Monte, è oggi Sindaco di Modena.

A lui e al suo incoraggiamento va ancora oggi la nostra gratitudine e tanta simpatia .
Come la nostra riconoscenza va a Periz Vincenzo e al generale Cassotta e a tutta l’Associazione Nazionale Alpini per la grande lezione di umanità, l’esempio di abnegazione e la dedizione senza risparmio alla soluzione dei problemi creati dal sisma.

E poi iniziò uno sforzo immane per la ricostruzione. Lo sviluppo fu affidato al potere centrale, ai vari Ministeri e tutti sanno che le aree industriali sono il simbolo del fallimento totale.

La ricostruzione per fortuna fu affidata alle Amministrazioni locali. Bella, un po’ per la situazione oggettiva un po’ per merito degli amministratori comunali, era inserito tra i nove Comuni della fascia A e quindi come Comune privilegiato destinatario di risorse.
Nella ricostruzione furono commessi vari errori, eppure Bella fu portata sempre ad esempio di buona ricostruzione: la stessa Commissione “Scalfaro”, che doveva denunciare e condannare gli sprechi, elogiò Bella per l’ottimo impiego dei fondi.
Tra piani e progetti, proposte di radere al suolo un paese in piedi, ma frantumato e spappolato, proposte di riparare e conservare, la necessità di applicare mille ordinanze, decreti legge, leggi e leggine, direttive e circolari, ci volle un impegno politico e tecnico eccezionale per ricostruire un agglomerato di case appoggiate l’una sull’altra, percorse da stradine strette e tortuose, degradanti dal castello, giù lungo i fianchi della collina.

Ci furono anche proposte di trasferimento a valle e, quindi di stravolgimento totale. Prevalse la conservazione e, in gran parte, la ricostruzione in sito con la creazione di un’area per gli insediamenti di chi non trovava più collocazione nel Centro storico: naturalmente nell’area cosiddetta PEEP, quasi un nuovo paese, si trasferirono le famiglie che potevano trarre vantaggio dallo spostamento.

Piano piano il paese si rimodellò, il tessuto del Centro storico fu in gran parte rispettato, ma nello stesso tempo furono costruiti alloggi con spazi, servizi igienici, viabilità, parcheggi prima inesistenti.

Ci volle uno sforzo formidabile di progettazione, di lavoro degli operai e delle imprese, ma credo anche dei nostri uffici e amministratori, che dovettero esaminare e approvare migliaia e migliaia di pratiche, progetti, varianti, perizie in corso d’opera, perizie finali in migliaia di riunioni di Commissioni.

Occorreva non sbagliare: bisognava rispettare centinaia di leggi e decreti statali e regionali, che avevano richiesto una miriade di circolari esplicative e di quesiti.

Era un imponente volume legislativo e interpretativo, che richiedeva uno sforzo di applicazione straordinario.

Oggi tutto questo sembra lontano, ma quando ci guardiamo alle spalle, riflettiamo con orgoglio sul cammino percorso e nello stesso tempo abbiamo la consapevolezza dell’intelligenza e del coraggio della nostra collettività, che ha saputo fondere le migliori energie del paese e far rimanere una comunità coesa nella sua identità.

Nessuno poteva prevedere i terremoti successivi, la svalutazione del patrimonio abitativo, le nuove forme di disoccupazione e di emigrazione, lo svuotamento demografico, le nuove povertà, l’immigrazione, e infine il coronavirus, un nuovo mondo informatizzato e globalizzato, che dovranno affrontare le nuove generazioni.

TERREMOTO 23 NOVEMBRE 1980 ore 19:34

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IN AGGIORNAMENTO 
POTENZA Via PRETORIA dopo il sisma 1980

PIETRO SIMONETTI:

IL VOLTO DELLA BASILICATA, FUORI DALLA NARRAZIONE UFFICIALE

PIETRO SIMONETTI (Cseres)

Sono trascorsi 41 anni dal sisma del 1980
Cosa rimane del grande sforzo finanziario dello Stato per la ricostruzione e lo sviluppo con circa 4 miliardi di euro spesi
La ricostruzione è stata completata da tanto tempo anche con buoni esiti  di recupero e valorizzazione dei centri storici.
Dove ora prevalgono case sfitte in una regione nella quale la caduta verticale della natalità ha prodotto la cifra di 75mila case vuote.
Lo spopolamento e l’elevato tasso di mortalità dovuta principalmente all’età sono le cause di questa caduta demografica, dove il tasso di emigrazione diventa ininfluente perchè  per mitigata dai flussi in entrata  di circa 24 mila stranieri, di cui 3000 studenti, che diventano circa 50.000 con con i lavoratori che ogni anno sono reclutati da altre regioni per il lavoro in agricoltura, nel ciclo delle costruzioni e nel lavoro di cura.
Si tratta di una realtà, quasi sempre ignorata, per dar corpo e voce allo sterile lamento attorno allo spopolamento.
Parliamo invece della incapacità di proporre un  piano concreto per il riuso delle case, l’unificazione dei servizi tra Comuni e politiche di inclusione dei migranti e di formazione professionale, nonchè di una necessaria neoalfabetizzazione
Affrontare la questione demografica a 41 anni dal sisma comporta, per superare lo sterile dibattito, sul declino dei paesi e sulla carenza di servizi e lavoro, significa spostare l’attenzione e l’impegno degli Enti e delle parti sociali sull’allocazione e gestione corretta del risorse umane e materiali
Un compito arduo in una fase che vede l’affermarsi del piccolo campanile e della divisione comunitaria e sociale al tempo della politica fattasi misera.
Continua invece la ricorsa di quanti rivendicano infrastrutture mastodontiche a scapito della manutenzione del territorio, in particolare delle strade, delle case e l’utilizzo delle innovative pratiche di risparmio energetico: dal domestico alle macro aree.
La cultura dei pochi “borghi” ha preso il sopravvento sulla integrazione dei comuni, pratica ormai diffusa a livello di livello europeo.
Si afferma la poetica del silenzio e del ritorno al fascino della miseria contrastate nel dopoguerra e dai movimenti di rinascita e dalla lotta per la terra con l’eliminazione del latifondo e con la successiva realizzazione dei progetti irrigui, di bonifica, della casa e lo sviluppo delle attività produttive. 
Il ricorso alle parole magiche “transizione” e “PNNR”, trascura il possibile, il necessario, l’utile, per catapultarsi nei progetti fantasma dopo la programmazione rifiutata.
È il caso della mancata predisposizione di piani industriali e per il lavoro connessi con le importanti risorse disponibili e la ristrutturazione in atto, anche per gli effetti pandemici e di riorganizzazione produttiva e della logistica.
Le vicende energetiche e dell’ automotive  vengono affrontate con approcci provinciali e di corto respiro che si rintracciano anche nelle 170 pagine del recente Piano Strategico.
Altro che programmazione e piani di sviluppo‼️

Solo gestione disordinata e approssimativa, come sta accadendo con il PNNR

L’eredità del dopo sisma è ancora consistente
Sono circa 2200 i dipendenti nelle aziende industriali e dei servizi sopravvissuti che si aggiungo agli altri 32000 occupati nell’industria.
Tutto questo nonostante i circa 100 capannoni vuoti o non utilizzati, preda dei ladri di rame, dei trafficanti di rifiuti.
Un patrimonio ereditato da investimenti statali, fallimenti e curatele decennali, gestioni imprenditoriali sbagliate, speculative.
Il tutto aggravato dalle gestioni dei Consorzi industriali attraverso la fabbrica del debito e della illegalità, come dimostra il caso dell’Asi di Potenza dove sono stati caducati o annullate gare, con atti privati e nulli, che hanno prodotto debiti ed altro.
Al momento non si avvertono segni di ravvedimento operoso.
Al contrario, per le due imprese coinvolte nel traffico di rifiuti, a Baragiano ed Atella l’Asi non è ancora intervenuta, nè la Regione si è fatto finora carico di questa situazione esplosiva dal punto di vista igienico-ambientale.  

Si afferma la cultura del declino nonostante le enormi risorse finanziarie a disposizione della Basilicata, a dispetto delle pseudo analisi sui divari, la povertà, la mancanza di investimenti.
Il bilancio pubblico allargato regionale si attesta attorno a cifre importanti: solo la Regione viaggia oltre i 3,5 miliardi anno, al netto di quello privato.
Il sistema bancario è gonfio di risparmio ma non investe nella regione mentre riutilizza il “tesoro“ dei risparmiatori sui mercati finanziari esterni.
Basta dividere il monte risorse pubbliche e private per 570 mila abitanti per conoscere la spesa pro capite ed il loro uso.
Nel contempo si consolida il potere esteso della criminalità, nel Metapontino ed in altre aree, come descritto dal recente rapporto della DIA e dagli ultimi interventi della Commissione antimafia.
Da tempo “l’isola felice” è solo un ricordo mentre le bande che si occupano di estorsioni, spaccio di droga, appalti, caporalato della manodopera e nei servizi, riciclaggio senza omicidi, operano con tecniche raffinate dei colletti bianchi.
Una delle istituzione che  soffre è certamente l’Ateneo lucano, nonostante gli ultimi finanziamenti per Medicina.
Sono 7000 gli studenti, molti fuori corso,  circa 700 i professori e gli amministrativi.
Un bilancio finanziario disastrato, proprietà immobiliari inutilizzate, spese fuori controllo.
L’Università fu istituita a seguito della vertenza sindacale per la  legge 219 che si concluse con una manifestazione di 5000 persone a Roma.
Ci si aspettava un Ateneo capace di attrarre studenti da tutto il Sud, invece è una Istituzione che a mala pena riesce a sorreggersi.

Forse è giunto il momento di fare qualcosa di nuovo e di diverso  per rilanciare l’Università senza ricorrere ad iniziative agiografiche e autoreferenziali che possono solo assicurare una lenta agonia. 

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