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15 NOVEMBRE GIORNATA MONDIALE DEI POVERI

La Chiesa, conclude Francesco, è bella, evangelica e giovane, una Chiesa che esce da se stessa. Giovane è l’aggettivo che il Papa sottolinea per dire che è la gioventù che semina speranza. Questa è una Chiesa profetica, quando guarda con tenerezza ai poveri, “con vicinanza, con compassione, senza giudicarli. Noi saremo giudicati …Perché lì, presso di loro, c’è Gesù; perché lì, in loro, c’è Gesù, che ci attende.”

#papafrancesco 

I poveri, preferiti di Dio: così il Papa in un video messaggio all’Associazione Fratello

“Chiedo perdono a nome dei cristiani che vi hanno ferito, ignorato e umiliato”: così il Papa si rivolge ai poveri nel video registrato in risposta all’invito ricevuto dall’Associazione Fratello e reso pubblico oggi. Il posto dei poveri – dice Francesco – non è alle porte delle chiese, ma nel cuore della Chiesa. Ricorda dolorosissimi contesti di guerre imposte da altri

Fausta Speranza – Città del Vaticano

Nella V Giornata mondiale dei poveri è stato reso pubblico nel pomeriggio il video registrato dal Papa venerdì scorso in risposta all’invito ricevuto dall’Associazione Fratello che si occupa dei più bisognosi (https://www.facebook.com/Wearefratello/). Francesco sottolinea innanzitutto che “molti stanno attraversando situazioni difficili, molto difficili, dolorose e a volte insopportabili” e chiede “perdono a nome di tutti i cristiani che vi hanno ferito, ignorato e umiliato”:

Molti di voi stanno soffrendo in carcere, negli slum, in un letto d’ospedale, nei quartieri più poveri, abbandonati, isolati, e talvolta anche in una guerra che non avete cercato, che è stata imposta. Alcuni di voi oggi non hanno più niente, non sanno se stasera mangeranno e dove dormiranno.

Nelle sue parole, la forte vicinanza ai poveri:

“Quanto sono felice di essere con voi in questo giorno! Mi sento molto vicino a voi; Voglio ricordare a tutti quanto Dio ci ama e quanto Dio vi ama.

L’invito ad andare oltre la superficialità:

È possibile che la parola “povero” possa scioccare alcune persone. Ma vedendoti voglio gridare al mondo che la Chiesa ha la Buona Novella: Gesù ha bisogno di voi per salvare il mondo, è venuto per i poveri, piccoli, malati, feriti della vita, amareggiati, per colmare noi con il suo amore. Se ci riconosciamo poveri, riconosciamo una mancanza, allora Dio può entrare in questa mancanza.

Francesco ricorda poi il legame profondo con il Vangelo:

Beati i poveri! Questa è la prima beatitudine.

E il richiamo per tutti:

Diventare poveri nel nostro cuore è un invito radicale a spogliarci di ciò che abbiamo, o pensiamo di avere, del nostro peccato, per lasciare che Dio venga e ci riempia del suo amore. Che il Signore ci aiuti a diventare piccolissimi, perché possa essere grande in noi, grande!

Una considerazione per chi non è povero sul piano materiale:

Altri che sembrano avere tutto, spesso soffrono di solitudine, ansia, depressione, dipendenza.

Nel cuore della Chiesa

Ogni uomo, ogni donna è il tempio di Dio, ricorda il Papa aggiungendo parole in particolare per i poveri:

Voi siete il tempio di Dio, voi siete il tesoro della Chiesa. Il vostro posto non è alla porta delle chiese, ma nel cuore della Chiesa. Sappiate che siete i preferiti di Dio. Tra voi ci sono santi nascosti.

Gesù al primo posto

Vi incoraggio ad amare sempre di più Gesù, ad adorare Lui, che si fa così povero nell’Eucaristia, a pregarlo. Lasciategli un posto comodo, il primo posto, nella stalla dei vostri cuori, perché possa nascere nei vostri cuori. Siate testimoni del suo amore nel mondo. Cari fratelli e sorelle, ogni giorno prego per voi e sapete che conto sulla vostra preghiera.

Il pensiero e la preghiera a Maria:

Perciò chiedo a Maria, che ha saputo accogliere pienamente lo Spirito Santo, di darci ora un po’ di pace, di proteggerci sotto il suo grande manto di tenerezza.

Il legame forte al Vangelo

Il Vangelo – ricorda il Papa – ci invita costantemente ad essere poveri: “È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli”. Gesù ci dice anche: “Ciò che avete fatto al più piccolo di questi, l’avete fatto a me”. E anche: “chi accoglie questo piccolino, questo povero, accoglie me nel mio nome”. Per questo – aggiunge Papa Francesco – diciamo che i poveri sono il tesoro della Chiesa. Dunque, l’invocazione allo Spirito Santo perché assicuri la sua “dolce e gioiosa presenza”, nella consapevolezza che “ciò che Dio ha nascosto ai sapienti e ai dotti, lo ha rivelato ai piccoli”

Il Papa: l’amore rimane per sempre, chi fa il bene investe per l’eternità
Francesco all’Angelus ricorda che le cose terrene, come il denaro, il successo, l’apparenza e il benessere fisico, non sono destinate a durare. Rimarrà invece solo l’amore “perché il bene non va mai perduto”.

Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

Ci sono cose che passano e altre che restano per sempre. “Le Parole del Signore non passano”. È in questa differenza tra il limite e l’eterno che risuonano le parole di Gesù con cui si apre il brano evangelico di questa domenica: “Il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo” (Mc 13,24-25)”. Non è “catastrofismo”. Gesù vuole farci capire, afferma Francesco all’Angelus, che “tutto in questo mondo, prima o poi, passa”. “Anche il sole, la luna e le stelle che formano il ‘firmamento’ – parola che indica ‘fermezza’, ‘stabilità’ – sono destinati a passare”. Alla fine però, aggiunge il Pontefice, Gesù dice “cosa non crolla”: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. È dunque ciò che non passa l’orizzonte verso cui tendere e orientare la propria vita. Per questo Francesco consiglia in caso di scelte importanti di immaginare, prima di decidere, “di stare davanti a Gesù”. Di stare, “come alla fine della vita, davanti a Lui che è amore”. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)

E pensandoci lì, al suo cospetto, alla soglia dell’eternità, prendiamo la decisione per l’oggi. Così dobbiamo decidere: sempre guardando l’eternità, guardando Gesù. Non sarà forse la più facile, non sarà forse la più immediata, ma sarà quella buona, quello è sicuro.

Video integrale dell’Angelus (14-11-2021)
Rimarrà soltanto l’amore

Lo sguardo rivolto a Gesù, “alla soglia dell’eternità”, può anche aiutare a rispondere a interrogativi essenziali: “noi – chiede il Papa – in che cosa stiamo investendo la vita? Su cose che passano, come il denaro, il successo, l’apparenza, il benessere fisico? Siamo attaccati alle cose terrene, come se dovessimo vivere qui per sempre?”.  “Quando arriva l’ora del congedo – aggiunge a braccio – dobbiamo lasciare tutto”.

La Parola di Dio oggi ci avverte: passa la scena di questo mondo. E rimarrà soltanto l’amore. Fondare la vita sulla Parola di Dio, dunque, non è evadere dalla storia, è immergersi nelle realtà terrene per renderle salde, per trasformarle con l’amore, imprimendovi il segno dell’eternità, il segno di Dio.

Le parole del Signore richiedono pazienza

Il Papa sottolinea poi che Gesù “stabilisce una distinzione tra le cose penultime, che passano, e le cose ultime, che restano”. Su che cosa, chiede allora Francesco, conviene investire la vita? “Su ciò che è transitorio o sulle parole del Signore, che rimangono per sempre?”:

Evidentemente su queste. Ma non è facile. Infatti, le cose che cadono sotto i nostri sensi e ci danno subito soddisfazione ci attirano, mentre le parole del Signore, pur belle, vanno oltre l’immediato e richiedono pazienza.

“Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno (Dal Vangelo di Matteo)”

Non costruire la vita sulla sabbia

Lungo il cammino della vita non è in realtà essenziale ciò che è tangibile.  “Siamo tentati – afferma il Papa – di aggrapparci a quello che vediamo e tocchiamo e ci sembra più sicuro”. È “umano”, ma è “un inganno”, avverte Francesco, perché “il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. Questo, spiega il Pontefice, è dunque l’invito:

Non costruire la vita sulla sabbia. Quando si costruisce una casa, si scava in profondità e si mettono solide fondamenta. Solo uno sprovveduto direbbe che sono soldi buttati via per qualcosa che non si vede. Il discepolo fedele, per Gesù, è colui che fonda la vita sulla roccia, che è la sua Parola che non passa.

Costruire il Cielo in terra

Il Papa pone, infine, altre fondamentali domande prima di indicare cosa non andrà mai perduto. “Qual è il centro, il cuore pulsante della Parola di Dio? Che cosa, insomma, dà solidità alla vita e non avrà mai fine?”:

Il centro, proprio, il cuore pulsante, quello che dà solidità, è la carità: «La carità non avrà mai fine» (1 Cor 13,8), dice San Paolo, cioè l’amore. Chi fa il bene investe per l’eternità. Quando vediamo una persona generosa e servizievole, mite, paziente, che non è invidiosa, non chiacchiera, non si vanta, non si gonfia di orgoglio, non manca di rispetto (cfr 1 Cor 13,4-7), questa è una persona che costruisce il Cielo in terra. Magari non avrà visibilità, non farà carriera, non farà notizia sui giornali, eppure quello che fa non andrà perduto. Perché il bene non va mai perduto, il bene rimane per sempre.

Nel povero è presente Cristo

Dopo la recita della preghiera mariana, il Papa ha ricordato che oggi si celebra la V Giornata Mondiale dei Poveri., “nata come frutto del Giubileo della Misericordia”. “Nel povero – ha detto – è presente Cristo”. “Il grido dei poveri, unito al grido della Terra – ha aggiunto Francesco che questa mattina ha presieduto la Messa per questa Giornata – è risuonato nei giorni scorsi al vertice delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico Cpo 26, a Glasgow. Incoraggio quanti hanno responsabilità politiche ed economiche ed agire subito con coraggio e lungimiranza”. Il Pontefice ha anche ricordato che proprio oggi, Giornata Mondiale dei Poveri, “si aprono le iscrizioni alla piattaforma Laudato si’, che promuove l’ecologia integrale”. 

Giornata mondiale del diabete

Francesco ha infine ricordato che ricorre oggi “la Giornata Mondiale del Diabete, malattia cronica che affligge molte persone, anche giovani e bambini”. “Prego per tutti loro e per quanti ne condividono ogni giorno la fatica, come pure per gli operatori sanitari e i volontari che li assistono”.

Francesco: di fronte ai poveri i cristiani organizzino la speranza
Non si volti la testa di fronte ai deboli, ma si agisca per sollevarli dalla sofferenza, impegnandosi socialmente e politicamente. Il Papa, nella Messa per la V Giornata mondiale dei poveri, celebrata nella Basilica di San Pietro, chiama i cristiani ad essere convertitori di bene

Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano

La storia è segnata di tribolazioni, violenze, sofferenze e ingiustizie che feriscono, opprimono e schiacciano i poveri, “gli anelli più fragili di questa catena”, in attesa di una liberazione che sembra non arrivare mai. Francesco, nell’omelia per la Messa in occasione della V Giornata mondiale dei poveri, nella Basilica di San Pietro, lancia un richiamo ai cristiani tutti a non voltarsi di fronte ai più deboli, parla dei due aspetti della storia: del dolore di oggi e della speranza di domani, da una parte quindi le dolorose contraddizioni della realtà umana e dall’altra il futuro di salvezza riposto nell’incontro col Signore.

La Giornata Mondiale dei Poveri, che stiamo celebrando, ci chiede di non voltarci dall’altra parte, di non aver paura a guardare da vicino la sofferenza dei più deboli

È il Vangelo che aiuta a capire l’esistenza di queste persone, che hanno la vita oscurata dalla solitudine, le attese spente e i sogni caduti nella rassegnazione:

Tutto ciò a causa della povertà a cui spesso sono costretti, vittime dell’ingiustizia e della disuguaglianza di una società dello scarto, che corre veloce senza vederli e li abbandona senza scrupoli al loro destino.

I cristiani risanino il dolore di oggi

Nel dolore dell’oggi, però, fiorisce la speranza di domani, di quando Gesù si fa vicino, che non è solo “una promessa dell’aldilà”, spiega il Papa, ma qualcosa che “cresce già ora dentro la nostra storia ferita, abbiamo il cuore ammalato tutti, si fa strada tra le oppressioni e le ingiustizie del mondo”. Di qui la fondamentale indicazione ai cristiani ai quali, di fronte a questa realtà, è richiesto di “nutrire la speranza di domani risanando il dolore di oggi”, due aspetti collegati, ribadisce, perché “se tu non vai avanti risanando i dolori di oggi difficilmente avrai la speranza di domani”.

La speranza che nasce dal Vangelo, infatti, non consiste nell’aspettare passivamente che un domani le cose vadano meglio, questo non è possibile, ma nel rendere oggi concreta la promessa di salvezza di Dio. Oggi, ogni giorno. La speranza cristiana non è infatti l’ottimismo beato, anzi direi l’ottimismo adolescente, di chi spera che le cose cambino e nel frattempo continua a farsi la sua vita, ma è costruire ogni giorno, con gesti concreti, il Regno dell’amore, della giustizia e della fraternità che Gesù ha inaugurato.

La speranza cristiana, prosegue, “non è stata seminata. La speranza cristiana, per esempio, non è stata seminata dal levita e dal sacerdote che sono passati davanti a quel ferito dai ladri: no. È stata seminata da un estraneo, da un samaritano che si è fermato e ha fatto il gesto. E oggi è come se la Chiesa ci dicesse: Fermati e semina speranza nella povertà. Avvicinati ai poveri e semina speranza. La speranza di lui, la speranza tua e la speranza della Chiesa”.

Ai fedeli quindi chiede di essere, tra le quotidiane rovine del mondo, instancabili costruttori di speranza; di essere luce mentre il sole si oscura; di essere testimoni di compassione mentre attorno regna la distrazione; di essere presenze attente nell’indifferenza diffusa e di essere testimoni di compassione:

Noi non potremo mai fare del bene senza passare per la compassione. Al massimo faremo cose buone, ma che non toccano la via cristiana perché non toccano il cuore. Quello che ci fa toccare il cuore è la compassione: ci avviciniamo, sentiamo la compassione e facciamo gesti di tenerezza. Proprio lo stile di Dio: vicinanza, compassione e tenerezza. Questo ci chiede oggi.

Necessario organizzare la speranza 

Non ci si deve limitare a sperare, ma bisogna organizzare la speranza: era quanto indicava il “vescovo vicino ai poveri” don Tonino Bello, che Francesco cita quale esempio per sollecitare “scelte e gesti concreti di attenzione, giustizia, solidarietà, cura della casa comune”, senza i quali “le sofferenze dei poveri non potranno essere sollevate, l’economia dello scarto che li costringe a vivere ai margini non potrà essere convertita, le loro attese non potranno rifiorire”:

A noi, specialmente a noi cristiani, tocca organizzare la speranza: bella quell’espressione di Tonino Bello, organizzare la speranza, tradurla in vita concreta ogni giorno, nei rapporti umani, nell’impegno sociale e politico. A me fa pensare il lavoro che fanno tanti cristiani con le opere di carità, cosiddette, il lavoro dell’Elemosineria apostolica: ma cosa si fa, lì? Si organizza la speranza. Non si dà una moneta, no: si organizza la speranza. Questa è una dinamica che oggi ci chiede la Chiesa

I cristiani siano convertitori di bene

È grazie alla tenerezza, alla compassione che porta alla tenerezza, che potrà germogliare la speranza e si potrà sollevare il dolore dei poveri, superando le chiusure, le rigidità interiori che, oggi, sono tentazione, indica il Papa, “dei restaurazionisti che vogliono una Chiesa tutta ordinata, tutta rigida: questo non è dello Spirito Santo. E noi dobbiamo superare questo e far germogliare in questa rigidità la speranza. E sta a noi anche superare la tentazione di occuparci solo dei nostri problemi, per intenerirci dinanzi ai drammi del mondo, per compatire il dolore”. I cristiani sono quindi chiamati ad essere come le foglie, “ad assorbire l’inquinamento che ci circonda e a trasformarlo in bene”:

Non serve parlare dei problemi, polemizzare, scandalizzarci – questo lo sappiamo fare tutti –; serve imitare le foglie, che senza dare nell’occhio ogni giorno trasformano l’aria sporca in aria pulita. Gesù ci vuole “convertitori di bene”: persone che, immersi nell’aria pesante che tutti respirano, rispondono al male con il bene (cfr Rm 12,21). Persone che agiscono: spezzano il pane con gli affamati, operano per la giustizia, rialzano i poveri e li restituiscono alla loro dignità, come ha fatto quel samaritano.

La Chiesa, conclude Francesco, è bella, evangelica e giovane, una Chiesa che esce da se stessa. Giovane è l’aggettivo che il Papa sottolinea per dire che è la gioventù che semina speranza. Questa è una Chiesa profetica, quando guarda con tenerezza ai poveri, “con vicinanza, con compassione, senza giudicarli. Noi saremo giudicati …Perché lì, presso di loro, c’è Gesù; perché lì, in loro, c’è Gesù, che ci attende.”

 

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