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ASTE GIUDIZIARIE, SONO 4 I LUCANI NEL MIRINO DELL’ANTIMAFIA: CHIESTO “AIUTO” AI LOIUDICE

Inchiesta “Logos” della DDA di Bari sul clan altamurano: 24 ordinanze di custodia cautelare a capi e affiliati

Mafia, aste truccate ed esotrsioni: ci sono anche quattro lucani tra le 24 persone arrestate alle prime ore di oggi in una vasta operazione antimafia dei Carabinieri del Comando Provinciale di Bari. Oltre 100 i militari impegnati nelle province di Bari, Matera, Bat e Torino, in particolare nei comuni di Altamura, Triggiano, Grumo Appula, Matera, Montescaglioso e Miglionico, hanno notificato 24 ordinanze di custodia cautelare a capi e affiliati del clan “Loiudice” di Altamura. L’operazione arriva al termine di una complessa indagine che, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo pugliese, ha colpito in modo decisivo il gruppo criminale, attivo sull’area murgiana.
«Abbiamo parlato e abbiamo risolto tutto»: gli uomini del clan Loiudice di Altamura commentavano così il loro intervento per bloccare la libera partecipazione a un’asta giudiziaria. Per farlo si erano presentati nel Tribunale di Matera, proprio quando gli imprenditori interessati dovevano formalizzare le loro offerte. Il risultato era stato la revoca delle do-mande e l’assegnazione del bene alla persona di loro fiducia e che avrebbe pagato loro la percentuale per il disturbo.
I 24 i soggetti raggiunti dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari, emessa dal Gip del Tribunale di Bari, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di «associazione di tipo mafioso con l’aggravante della disponibilità di armi, detenzione e porto di armi, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti, estorsione, associazione a delinquere finalizzata ai furti di auto e alla successiva estorsione, ricettazione, rapina, turbativa d’asta immobiliare e sfruttamento della prostituzione».

IL FRONTE LUCANO

In Basilicata quattro le persone arrestate, tre di Matera e una di Montescaglioso, e poste ai domiciliari. Per loro l’accusa è di turbativa d’asta e non è stata applicata l’aggravante mafiosa. I quattro lucani arrestati, secondo quanto emerso dalle indagini, si erano rivolti al capo del clan Loiudice affinché intervenisse in alcune aste giudiziarie per evitare che altre persone interessate ai beni messi all’asta andassero al rialzo. L’indagine è partita nel 2017 dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, a cui sono seguiti riscontri investigativi tramite intercettazioni, pedinamenti e servizi di osservazione, nel corso dei quali i carabinieri hanno visto i referenti del clan andare a presidiare i luoghi in cui si svolgevano le aste: oltre al Tribunale di Matera anche lo studio di un avvocato, estraneo alle indagini. La loro presenza, da sola, bastava per convincere gli imprenditori a ritirare le loro offerte.
Tra le persone arrestate ci sono affiliati al clan ma anche intermediari ovvero coloro che facevano da tramite con le persone comuni rispetto a determinati affari. Si tratta della cosiddetta «zona grigia – hanno appuntato gli inquirenti -ossia dell’accertata, succube, sudditanza verso gli interessi del clan Loiudice proveniente da professionisti di varia estrazione, quali dipendenti comunali, sempre pronti ad aderire o addirittura prevenire con estremo zelo, le richieste in ordine ai bisogni o alle aspettative più svariate, anche quando non compatibili con norme di legge». L’obiettivo era dimostrare «il rispetto verso i rappresentanti del clan», ai quali bisognava evitare «qualsiasi motivo di insoddisfazione».

IL CLAN LOIUDICE

L’operazione, denominata “Logos”, costituisce il compendio di un’articolata indagine, avviata alla fine del 2017, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia e condotta dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Bari mediante continui servizi di osservazione e pedinamento, numerose attività tecniche d’intercettazione telefonica e ambientale e attraverso l’utilizzo delle dichiarazioni rese da numerosi collaboratori di giustizia, che hanno permesso di costruire un solido quadro indiziario in ordine ai gravissimi reati contestati agli indagati. L’attività della Direzione Distrettuale Antimafia e degli investigatori dell’Arma dei Carabinieri ha consentito di fotografare la perdurante operatività dell’organizzazione criminale facente capo a Loiudice Giovanni, detto Giannino, legata dapprima al clan Parisi e in ultimo al clan Capriati, ed attiva con carattere di stabilità nel territorio di Altamura. È stata documentata la pervasività dell’associazione, dotata di una struttura organizzativa stabile e caratterizzata dal ricorso sistematico alla violenza per imporsi nel controllo delle attività illecite nel territorio di Altamura, finalizzata alla commissione di una indefinita serie di delitti, in particolare in materia di armi, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, reati di turbativa d’asta immobiliare, associazione a delinquere, furti di autovettura ed estorsioni. Le indagini hanno permesso di evidenziare, così come definito dal Giudice nell’ordinanza applicativa della misura cautelare, «la cosiddetta zona grigia», ossia «l’accertata succube sudditanza verso gli interessi del clan Loiudice proveniente da professionisti di varia estrazione, quali dipendenti comunali, sempre pronti ad aderire o addirittura a prevenire con estremo zelo le richieste in ordine ai bisogni o alle aspettative più svariate, anche quando non compatibili con norme di legge o doveri deontologici, per il rispetto portato verso i rappresentanti del clan, ed il desiderio di evitare qualsiasi genere di in-soddisfazione dei temibili interlocutori». È il caso, ad esempio, di un dipendente comunale, la cui posizione è tutt’ora al vaglio degli inquirenti che si era attivato, seppure fuori dall’esercizio delle sue funzioni, per fornire a Loiudice la proprio consulenza in ordine alle procedure necessarie per regolarizzare la occupazione abusiva di un alloggio di edilizia popolare, che, poi, nel corso dell’attività di indagine, è stato regolarmente sottoposto a sequestro preventivo e restituito all’Arca Puglia, proprietaria dell’immobile.

NON SOLO ASTE: ANCHE DROGAE PROSTITUZIONE

L’operatività dell’associazione è stata documentata nel traffico di stupefacenti, così come riscontrato dai numerosi episodi di spaccio accertati a dai sequestri di droga effettuati durante le indagini, nei furti di auto e nelle estorsioni, effettuate con il metodo del “cavallo di ritorno”, nello sfruttamento e nel favoreggiamento della prostituzione di alcune donne di nazionalità straniera e nella turbativa d’asta immobiliare. Con riferimento ai furti di autovetture, in particolare, sono stati accertati circa 10 episodi criminosi, caratterizzati da un’organizzazione meticolosa e da una precisa ripartizione di ruoli. Ad operare materialmente i furti era una squadra di ladri provenienti dalla provincia , mentre ad occuparsi del riciclaggio o della richiesta estorsiva erano personaggi legati alla criminalità altamurana.
Al fine di assicurare il sostentamento economico del clan e degli affiliati, inoltre, il sodalizio si adoperava per far vincere agli interessati alcune gare per pubblici incanti di edifici e terreni posti all’asta, in cambio di denaro pari a una percentuale dell’importo di aggiudicazione, costringendo, con la forza intimidatrice del gruppo, gli altri partecipanti all’asta a desistere dal presentare offerte al rialzo.
Due degli indagati, infine, dovranno rispondere di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, perché reclutavano ragazze straniere da destinare al meretrico lungo la SS96, tra Palo del Colle e Toritto, percependo 100 euro al giorno per la locazione dei container e roulotte in cui le ragazze si prostituivano. Le indagini patrimoniali condotte dai Carabinieri hanno anche consentito alla Direzione Distrettuale Antimafia di chiedere e ottenere dal Giudice il sequestro preventivo di una società a responsabilità limitata, attiva nella commercializzazione di birra artigianale, riconducibile a Loiudice Giovanni e al figlio Alberto, nonché di un’autovettura di grossa cilindrata intestata a Giannino, conseguente alla documentata sproporzione tra reddito dichiarato e le evidenze patrimoniali rilevate di circa 260.000 euro. L’operazione Logos interviene quale prosecuzione dell’attività di indagine della Procura della Repubblica e dei Carabinieri del Comando Provinciale di Bari dopo le note operazioni Kairos del 2017 e Nemesi del 2019, disarticolando un altro agguerrito sodalizio criminale che aveva imposto la sua ingombrante presenza ad Altamura e nel territorio murgiano.

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