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QUANDO CHIAMAVAMO “CUGINI” I MAROCCHINI

Lettere lucane

Il Rapporto sull’immigrazione 2021 certifica che in Basilicata, al 31 dicembre 2020, gli stranieri residenti erano 22.832, con una crescita dell’1,2% rispetto all’anno precedente, portando al 4,2% la popolazione straniera residente nella nostra Regione. La comunità più numerosa è quella romena (37,3%), seguita da quella albanese (9,5%) e da quella marocchina (8,15). Ricordo che nel 1987, quando tornammo a Rotonda dalla Svizzera, di immigrati non ce n’erano quasi; o meglio, ce n’erano pochi, e quei pochi erano soprattutto marocchini. In quella lontana estate del 1987 ricordo che nella contrada dove vivevamo – Fratta – arrivava ogni tanto un venditore marocchino di cianfrusaglie. Veniva dalle Calabrie – così si usava dire un tempo – e viaggiava a bordo di una vecchia Mercedes scassata stipata fino all’inverosimile di tappeti, autoradio, thermos, bicchieri, piatti, ecc. Ricordo che pure un altro ambulante passava da Fratta, ma questi veniva a piedi, e portava addosso principalmente tappeti. Si preannunciava con uno strano richiamo vocale, che faceva grosso modo così: “Haeeepp! Roba buona roba bella! Haeeepp!” Un giorno lo vidi arrivare rosso in viso, sudato, stremato. Faceva molto caldo. Mi chiese dell’acqua e io subito gliela andai a prendere. Aveva la barba e i denti rotti. Era un uomo buono. Mi ringraziò non so quante volte. Gli feci mille domande sulla sua famiglia e sul Marocco; e, per ricambiare le sue tante informazioni, lo lusingai citandogli a memoria una parte della Nazionale marocchina di calcio, che avevo avuto modo di conoscere seguendo i Mondiali del 1986 – avevo un debole per Aziz Bouderbala, che giocava anche in Svizzera, con il Sion. La cosa che ricordo è che i rotondesi, quando incontravano un marocchino, lo chiamavano “cugino”. Non so chi pensò per la prima volta di chiamarli “cugini”, ma sicuramente era segno di grande calore e di solidarietà umana.

diconsoli@lecronache.info

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