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“DI CONSOLI PER IL DOPO BARDI”

Lo scrittore Franco Arminio lancia l’idea per la Basilicata dove “bisogna investire di più in cultura”

Il “Grande Sisma”, quello del 1980 che tra Basilicata e Irpinia seminò morte e distruzione. Le ricordiamo, se pur eravamo bambini, quelle case sventrate che lasciavano immaginare agli occhi di chi guardava le vite che si erano consumate al loro interno. Le ricordiamo quelle espressioni sgomente sui volti di chi aveva visto crollare le proprie speranze assieme alle mura delle proprie abitazioni. Ma ricordiamo soprattutto i morti di quel disastroso terremoto. I soccorritori scavavano in cima alle macerie delle case crollate alla ricerca di un corpo ancora vivo che emanava un lamento flebile. Ma allo stesso modo scavavano anche dove sapevano che c’era corpi ormai muti. Di quei giorni resta anche un orologio fermo alle 19.35 del 23 novembre 1980,segnato anch’esso da quei tragici 90 secondi. 2914 i morti in totale, molti i bambini. Ottomila i feriti e trecentomila gli sfollati che si ritrovarono aggrappati alla vita ma senza più nulla da poter condividere con la vita stessa che oramai apparteneva ancora a loro solo perché in quei corpi disperati batteva ancora un cuore e scorreva ancora sangue. Franco Arminio, avellinese di origine, scrittore, poeta, documentarista e paesologo è uno dei poeti più importanti dell’Italia contemporanea: il migliore– come lo definisce Roberto Saviano- che abbia mai raccontato il terremoto e ciò che quell’evento ha generato. La sua opera recente “Lettere a chi non c’era. Parole dalle terre mosse per i tipi della Bompiani, racconta proprio di quei giorni luttuosi, esasperanti, nudi come la terra tremante capace di inghiottire anime e corpi. I giorni della morte e delle sventure. Con Arminio facciamo un excursus sulla sua ultima produzione, ma anche sulla politica.

Come si racconta il terribile sisma dell’80 e soprattutto perché lo si racconta?

Il motivo contingente è una richiesta della Rai di scrivere un testo in occasione del quarantesimo anniversario del sisma. Non ho dovuto andare a pescare in lontani ricordi. Il terremoto e le sue conseguenze dalle mie parti è ancora bene in vista.

Il libro narra una tragedia collettiva da cui emerge quella umana sempre costretta a lottare contro i pericoli. I terremoti, le alluvioni, le pandemie: tutti elementi che dimostrano quanto l’uomo sia fragile e impotente.

Dobbiamo capire che l’unica cosa da fare è federare le nostre ferite. La fragilità, se se ne fa buon uso, può diventare la nostra forza. E poi la fragilità e l’impotenza non sono mai totali. C’è sempre un fiore che spunta nel deserto e nel cuore della più grande agitazione può arrivare un senso di calma.

Dopo il Sisma dell’80 si sono succeduti vari governi politici. Che concetto ha Franco Arminio della politica? Può davvero condizionare le nostre vite?

In questo momento ne ho un’idea pessima e non credo di essere il solo.

Quanto è difficile in Italia essere una mente autonoma, essere un artista, uno scrittore e intrecciarsi comunque con la politica?

In Italia la politica si finge aperta ma in realtà è molto chiusa, ben determinata a proteggere la filiera dei privilegi che si è garantita in questi anni.

Ci potrà mai essere uno scrittore che abbia un ruolo politico importante e determinante?

Si può provare, anche se fin quì non c’è mai riuscito nessuno. Quando hanno portato gli scrittori in Parlamento, questi hanno avuto un ruolo per lo più decorativo. Nella storia Italiana del dopoguerra non abbiamo mai avuto uno scrittore al governo.

In un commento sui social Lei ha immaginato alla guida della nostra regione lo scrittore Andrea Di Consoli. Era un’ipotesi del momento o resta fermamente convinto sulla sua idea?

Ne sono convintissimo. Di Consoli è la persona giusta, è giovane e antico, è aperto al mondo nuovo ma capisce benissimo la tradizione con tutte le sue luci e le sue ombre. Io penso che tra l’altro ha notevoli possibilità di essere eletto. E sono disponibile a candidarmi in una sua lista. Nel mio caso non credo di correre il rischio di avere molti voti.

Cosa chiede al governo regionale Franco Arminio in materia di cultura?

Intanto direi di investire di più, ma il discorso vale per tutta la nazione. L’investimento in cultura è tra i più bassi d’Europa e questo è quasi incredibile considerando il grande patrimonio culturale alle nostre spalle. La Lucania direi che deve fare ancora di più, deve centrare tutto il suo futuro sulla cultura. E per questo Di Consoli sarebbe un ottimo governatore. Ma qui bisogna capirsi: cultura non significa trascurare lo scrupolo civico, la produzione industriale, significa stare nella modernità con il nostro passo, con i nostri indugi e i nostri slanci.

ELIANA POSITANO

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