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ANALISI DI UN CROLLO ELETTORALE LA DEBACLE DEL CSX A MELFI

Nonostante la sonora sconfitta, autocritica non pervenuta: anche se minoranza, l’illusione del piedistallo continua

Con il turno dei ballottaggi consumatosi nella due giorni 17 e 18 ottobre scorsi, si è definitivamente conclusa la tornata di elezioni amministrative di questo autunno, i cui risultati, brucianti o esaltanti, a seconda degli esiti, ancora non sono stati metabolizzati. Anche se le elezioni amministrative fanno sempre discorso a sé, considerate le specificità locali, il dato emerso a livello nazionale suona come un monito per tutte le forze politiche, e non solo per quelle di governo, una sorta di elezione di “midterm” con un messaggio chiaro di gradimento o meno della politica attuale.
Melfi, in particolare, spicca co-me un outlier rispetto all’andamento generale delle principali città italiane, avendo visto trionfare, al primo turno e con un di-stacco di quasi 35 punti percentuali sul secondo, un candidato che viene dal civismo e supportato da una coalizione con partiti del centrodestra.
Nel resto d’Italia la tendenza è stata opposta, evidenziata soprattutto nei turni di ballottaggio, dove hanno prevalso i partiti tradizionali di centrosinistra, battendo sia i partiti di opposte coalizioni che esponenti del mondo civico pur di grande spessore. Questo dato si aggiunge alle inevitabili analisi del voto che ancora si tengono in città, e, in particolare, tra coloro i quali hanno subito la grande sconfitta. Non si era mai registrata una sconfitta così sonora per la coalizione del centrosinistra ed una seria, anche dolorosa, riflessione su cosa non abbia funzionato sarebbe doverosa, oltre che necessaria.Ci chiediamo, e lo speriamo, se almeno adesso non venga perpetrato l’errore più volte contesta-to a quella classe dirigente di salire sul piedistallo ritenendosi infallibile e superiore agli altri, avversari e non.
Il Verbo non è un bene a disposizione di nessuno, men che meno può essere considerato come il testimone da passarsi in staffetta.
Ci si chiede se almeno questa evidente bocciatura da parte dell’elettorato cittadino abbia indotto chi l’ha subita ad una preliminare, severa ma costruttiva autocritica.
Lanciare anatemi contro l’avversario politico o ideologico non andava bene in campagna elettorale, neppure con l’attenuante dell’impeto della competizione, figurarsi a urne chiuse e proclamazione consumata.
Se chi ha subito la sconfitta elettorale ha in mente di tornare in Consiglio comunale con la spocchia del Genio incompreso senza aver compreso che la sconfitta non è dipesa solo dal maggiore appeal del rivale ma anche da errori commessi in casa propria con i propri alleati, sarà difficile aspettarsi anche solo una opposizione costruttiva, figurarsi una rifondazione strutturale delle varie anime del centrosinistra melfitano, lacerato all’interno e con la diaspora per gli oppositori. Quell’aura di intellighenzia impegnata e illuminata è diventata francamente insopportabile. Quel non sapere ammettere le proprie mancanze, da ribaltare sempre nell’altro va bene se si è Dorian Gray e si dispone di un alter ego capace di catalizzare tutti i propri difetti lasciando l’immagine pubblica immacolata ed integerrima.
Di tutte le boutade da campagna elettorale quella che più ha irritato i cittadini, in maniera assolutamente trasversale, è quella del Vate che dileggia il nemico. L’immagine di quella sinistra su cui ogni gentiluomo perde la calma, l’icona diventata caricatura, emblema di una classe dirigente autoreferenziale, blasonata, ma lontana anni luce dalla realtà e dalla reale percezione del sé. C’è qualcuno disposto a fare un bagno di umiltà, riconoscere i propri errori, non solo quelli elettorali dell’ultimo mese, ma politici, strategici, programmatici, in-crostati da anni di consenso in-terno acritico e reverenziale? Se qualcuno c’è (e ne siamo sicuri) che batta un colpo.

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