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IL NOBEL È ANDATO AI VICINI “SFIGATI” DI FISICA

Lettere lucane

Devo ammettere una frustrazione. Quando ho appreso che a vincere il premio Nobel per la fisica è stato Giorgio Parisi, e in una trasmissione radiofonica ho sentito parlare del Dipartimento di Fisica de “La Sapienza” di Roma come di uno dei luoghi di ricerca più avanzati al mondo, io ho avvertito una sorta di fallimento per la mia vocazione umanistica. A pochi passi da questa prodigiosa Facoltà c’è, infatti, quella di Lettere dove ho studiato io. Il pensiero che mi ha causato frustrazione è stato questo: mentre noi studiavamo Kant e Gadda, Rossellini e De Martino, Dante e Contini, a pochi passi da noi un gruppo di scienziati faceva cose molto più serie delle nostre, tanto che tutto il mondo ne era al corrente. Tutti, tranne noi. Noi, i geni di Lettere, non sapevamo niente di queste cose, tanto che consideravamo un po’ “sfigati” i nerd di Fisica. Poi ti svegli una mattina e, mentre continui a chiederti nell’indifferenza cosmica se Pagliarani fosse davvero un neoavanguardista oppure no, i tuoi vicini di Fisica vincono il Nobel, applauditi dal mondo intero. Che strana rivincita. La stessa di chi in Basilicata, alle superiori, andava bene in matematica e nelle materie scientifiche ma non aveva lo stesso fascino di noi umanisti, salvo poi ottenere i lavori più prestigiosi in giro per il mondo. Agli algoritmi rispondevamo con Baudelaire, alla formula dell’azoto preferivamo la mistica marxista-leninista e alla vertigine dei numeri il trambusto delle parole. Forse le ragazze preferivano noi, ma intanto oggi siamo la parte sbrindellata del mondo, gli adepti nevrastenici di un umanesimo che oscilla continuamente tra il sublime e il cialtronesco. Mentre Pedullà ci insegnava la follia della sperimentazione di D’Arrigo e Pizzuto, Pisani provava coi numeri a mettere ordine nel caos. Noi siamo sempre più marginali; ai vicini “sfigati” di Fisica, invece, è andato il Nobel.

diconsoli@lecronache.info

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