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I SOLITI…IDIOTI

La libertà non si minaccia mai!

A votazione conclusa e risultato elettorale conclamato, senza essere tacciati di faziosità o, peggio, accusati di influenzare scorrettamente l’opinione pubblica, si può finalmente rendere pubblico e stigmatizzare il comportamento, ripetuto in più occasioni, di alcuni sostenitori di un candidato in corsa che, sia nel corso di pubblici comizi in piazza che all’interno dei comitati elettorali, hanno apertamente minacciato il cronista.

Questi personaggi hanno ingiunto al cronista di andar via, anche da una pubblica piazza nel corso di un comizio aperto alla cittadinanza, hanno minacciato di distruggere la telecamera e di passare alle maniere forti nel caso in cui l’invito a “sparire” non fosse stato accolto spontaneamente e celermente.

Le ragioni di questo dissenso e malcontento, ma si tratta solo di espressioni eufemistiche per descrivere il grave atteggiamento di costoro, risiederebbero nell’accusa di faziosità rivolta al giornalista che, secondo loro, avrebbe fornito una parziale interpretazione della campagna elettorale in corso, corroborata da immagini, non gradita ai sostenitori di uno schieramento. A fronte di una critica così violentemente espressa a nulla sono valsi i richiami alla libertà di pensiero, di espressione e di stampa ma, nel pieno della campagna elettorale, non è sembrato corretto rendere pubblico l’atteggiamento di chi non capisce, o non vuol capire, che ognuno è libero di esprimere il proprio pensiero e che, nel caso in cui si ponga in maniera critica, per questa sola ragione non vada minacciato o allontanato da pubblici comizi.

A costoro, e non solo, giova ricordare che in Italia la libertà di stampa non è stata abolita nè sospesa e che ogni testata, da quella più blasonata al giornalino della parrocchia, adotta liberamente la propria linea editoriale. Anche il cosiddetto “servizio pubblico”, per intendersi, quello per cui ogni famiglia paga un canone unitamente alla fornitura di energia elettrica, ha la sua linea editoriale, figurarsi le libere testate che ognuno può scegliere se comprare, leggere, vedere. Perché i giornali, le televisioni private non sono il “servizio pubblico” per il quale tutti pagano il canone ma forniscono un servizio, quello dell’informazione, che esplicano liberamente e di cui gli utenti possono, altrettanto liberamente, scegliere di fruire oppure no, scegliendo di comprare un altro giornale, vedere un altro canale tv o social.

Libertà di stampa e libertà di scelta, dunque.

Si può non condividere un progetto, un’idea politica, anche una linea editoriale, e non sono mancati i confronti, anche duri, con candidati ed esponenti politici cittadini, ma sempre nel reciproco rispetto delle reciproche libertà. Anche se qualche testa calda sembra averlo dimenticato mostrando altresì quanto infima sia l’opinione che certi aspiranti amministratori hanno dei propri elettori se ritengono che l’opinione pubblica possa essere manipolata così facilmente al punto che basterebbe bandire un giornalista per averne ragione.

A ciò si aggiunga che questo giornalista ha ripetutamente richiesto di intervistare il candidato sindaco sostenuto dai facinorosi di cui sopra, anche nel corso della campagna elettorale, candidato che per scelte personali, politiche o strategiche che siano, ha ritenuto, ma già da molti mesi, di non voler rilasciare dichiarazioni. Numerosi candidati di tutti gli schieramenti in corsa, invece, hanno rilasciato interviste, esposto il loro programma, hanno, insomma, usato il canale media di questo cronista per arrivare agli elettori, in totale serenità e nel rispetto delle proprie opinioni personali.

Se poi le immagini mandate in onda (e i video non sono stati alterati o manipolati, fino a prova di falso) hanno riportato atteggiamenti ed espressioni che hanno indisposto la cittadinanza non è colpa di chi li ha ripresi ma un errore, strategico, politico, etico, scegliete voi l’aggettivo più opportuno, di chi li ha posti in essere.

Le colpe di una sconfitta elettorale vanno ricercate innanzitutto al proprio interno, prima di gridare all’untore puntando il dito fuori dal proprio comitato elettorale. Quanto alle minacce, alla violenza verbale e al turpiloquio di contorno, che questo cronista registra con rammarico ancor prima che con sdegno, questi atteggiamenti, di cui si omette volutamente l’aggettivo squalificante, segnano la sconfitta umana personale di chi se ne è reso artefice, che nulla ha a che vedere con la politica ma che la declassa a becero fanatismo.

Chi si candida a una carica pubblica deve mettere sempre in conto la sconfitta, chi la teme non conosce le regole del gioco e farebbe bene a dedicarsi ad altri passatempo, chi ne incolpa gli altri è inadatto alla politica perché chi non riesce ad avere un’esatta visione di sè, di certo non è capace di averne per gli altri proponendosi di amministrare la cosa pubblica.

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