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“BIG BROTHER”: SFILATA MUTA AGLI INTERROGATORI DI GARANZIA

L’ex consigliere di Sant’Angelo Le Fratte va ai domiciliari: gli indagati non rispondono alle domande del Gip

Si stanno svolgendo gli interrogatori di garanzia delle persone arrestate nell’ambito dell’inchiesta “Big Brother” condotta dai carabinieri del Comando Provinciale di Salerno in collaborazione con quelli di Sala Consilina. Nell’indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia sono finiti due sodalizi criminali che tra Sala e Polla gestivano il traffico di droga importando cocaina anche dall’estero e facendo un imponente smercio di marijuana e hashish.
Gli interrogatori si sono svolti presso il Tribunale del capoluogo, ma anche presso le case circondariali in cui alcuni degli indagati sono detenuti. Per i due presunti “capi” del sodalizio, Pietro Paladino e la sua compagna Gerarda Soccodato, rogatoria presso il carcere di Trani. Tutti gli escussi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. L’unico indagato ad aver risposto al giudice è stato l’ex consigliere comunale di Sant’Angelo Le Fratte Attilio Laurino: nei confronti dell’uomo c’era una richiesta di carcerazione domiciliare, ma al momento dell’operazione nel corso di una perquisizione è stato trovato in possesso di dieci grammi di cocaina, circostanza che ha richiesto la variazione della misura e quindi l’arresto. Tradotto in carcere, l’ex amministratore comunale del piccolo paese potentino è comparso dinnanzi al Gip ma solo per la discussione della sua posizione. In questa circostanza ha ammesso che la droga di cui è stato trovato in possesso era per il solo uso personale.
Di qui la decisione del Gip di far decadere la misura di carcerazione e di ripristinare quella prevista dall’ordinanza e quindi di detenzione domiciliare. Si dovrà ora invece ascoltarlo nel corso dell’interrogatorio di garanzia.
Le indagini avrebbero permesso di accertare che Laurino avrebbe avuto il ruolo effettivo ed attivo di pusher, smerciando stupefacenti nell’area compresa tra Satriano e Sant’Angelo. Più volte si sarebbe incontrato sia con l’imprenditore incensurato Vincenzo Petrosino che lo riforniva di marijuanae hashish, che con Pietro Paladino e con Gerarda Soccodato che invece lo rifornivano di coca, so-stanza che presumibilmente smerciava con più facilità data la richiesta in-gente. I contatti tra la coppia e Laurino sarebbero stati molto frequenti. Dal-le risultanze investigative emerge come possa essere stato proprio Laurino a ricevere il suggerimento dal Paladino di indicare con il numero di maglia di giocatori famosi il quantitativo di cocaina da acquistare. Ed è così che, data la fede juventina dell’ex consigliere comunale, richiamando la maglia di Ronaldo col numero sette, si indicava quel quantitativo di coca da acquistare. Dybala invece corrispondeva a dieci grammi.
Gli acquisti di Laurino da Paladino e Soccodato sarebbero stati sempre più intensi, tanto che il santangiolese da piccolo spacciatore e assuntore avrebbe trasformato ben presto il suo ruolo in quello di fornitore e pusher. Secondo quanto accertato dal Procuratore Curcio e dal Sostituto Montemurro, nel corso delle indagini sarebbero emerse gravi responsabilità degli appartenenti ai due sodalizi: uno quello capeggiato presumibilmente da Paladino e Soccodato avrebbe gestito l’importazione di droga che avveniva per il filone delle droghe leggere con l’impegno assiduo di Vincenzo Petrosino, mentre con Marco Gonzales per il filone relativo alla cocaina.
Droga “pesante” che arrivava dai paesi vesuviani a cadenza prestabilita e con quantitativi di duecento grammi per volta. L’altro sodalizio invece si avvaleva di giovani dediti allo spaccio al minuto che avveniva prevalentemente nel centro storico di Sala Consilina, ridotto – come è emerso dalle indagini-ad un’isola degradata in cui un esercito di vedette avvisava dell’arrivo delle forze dell’ordine. Una zona, quella del centro storico, invivibile per chi con lo spaccio e con la micro-delinquenza non vuole avere niente a che fare. L’organizzazione criminosa che agiva nel Vallo di Diano aveva base operativa e di stoccaggio dello stupefacente presso il bar ‘Monique’ gestito dalla Soccodato e presso il residence ‘Athena’ riconducibile al Paladino. Accertata la sussistenza del vincolo associativo tra il capo dell’organizzazione ed i suoi affiliati, opportunamente suddivisi per area territoriale ed incaricati di smerciare lo stupefacente. Alcuni oltre ad essere spacciatori erano anche assuntori, come captato dalla costanza e dall’assiduità dei rapporti di compravendita con i vertici del sodalizio dai quali avevano anche precise indicazioni sui prezzi da applicare.
Il vincolo tra i sodali è emerso anche nel momento in cui, a seguito di eventuali fermi o sequestri, su ordine di Paladino gli affiliati adottavano ulteriori cautele e nuove strategie per eludere i controlli e garantirsi impunità.
Da qui, soprattutto nel centro storico di Sala Consilina, i pusher nascondevano lo stupefacente in crepe e anfratti creati nei muri anche di case fatiscenti.
Dalle indagini è emersa anche l’indeterminatezza del programma criminoso, tanto che esisteva una consolidata struttura organizzativa con ruoli ben definiti.

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