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SI PUÒ MORIRE PER SALVARE UN ISTRICE SULLA SINNICA?

Lettere lucane

E’ la sera del 29 settembre del 2021. Siamo sulla Sinnica. E’ una serata tranquilla e poco trafficata d’inizio autunno. Un istrice – ignaro del pericolo – inizia ad attraversare la strada, e lo fa lentamente, inconsapevole dei rischi che sta correndo. A poche centinaia di metri una Polo e un’Alfa incedono l’una dietro l’altra. Siamo poco distanti dallo svincolo di Francavilla in Sinni. L’istrice sente delle vibrazioni, e si ferma impaurito. Le macchine si avvicinano, e per l’istrice quelli potrebbero essere gli ultimi secondi della sua esistenza. Ma chi è alla guida della Polo, vedendo all’improvviso quell’animale, frena di colpo, facendosi tamponare dall’Alfa. Sul posto arrivano i carabinieri e i sanitari del 118, ma per fortuna i due automobilisti – ignoro chi siano – sono sani e salvi. Ricavo questa notizia dal sito “La Siritide”, giornale online sempre molto informato, anzitutto sui fatti lucani dell’area sud. E devo dire che piccole notizie come queste mi ispirano moltissimo – e infatti le leggo avidamente – perché sembrano racconti carveriani o perfetti incipit di romanzi o di film. L’unica cosa che mi sento di rimproverare al collega che ha scritto l’articolo è il fatto di non aver specificato se l’istrice si sia salvato oppure no. In fondo l’incidente è avvenuto con l’unico obiettivo di salvargli la vita. Trovo molto intenso il gesto di frenare di colpo – rischiando qualcosa, finanche la vita – per salvare un animale in pericolo. Ma mi chiedo anche: e se fosse morto qualcuno, in quest’incidente? Ne sarebbe valsa la pena? Immaginiamo questa scena. I carabinieri bussano alla porta, e un coniuge, un figlio o un genitore si sente dire che il proprio famigliare è morto in un incidente stradale per salvare un istrice. Un istrice? Si può morire per un istrice? Io penso di sì. Ed è proprio questa l’assurda e un po’ insensata immensità del genere umano.

diconsoli@lecronache.info1

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