«TEMIAMO CHE GLI APPETITI SUL TERRITORIO DI SCANZANO POTREBBERO ESSERE ANCORA VIVI»
DEPOSITO NUCLEARE Nella seduta del Seminario della Sogin di ieri presente la Regione Basilicata. Audita l’associazione “Scanziamo le scorie” che ha ribadito il no
La lunga storia della dismissione nucleare italiana si avvia verso una fase risolutiva. Si è infatti aperto martedì 7 settembre, dopo varie proroghe, il Seminario Nazionale che dovrà approfondire, con tutti i soggetti interessati, gli aspetti tecnici legati al progetto del Deposito Nazionale per i rifiuti radioattivi.
Con il Seminario si avvia, così, una fase di vera e propria consultazione pubblica che segue la pubblicazione, avvenuta lo scorso gennaio, della Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (Cnapi). Dopo la sessione plenaria di apertura, si è dato il via agli incontri Oltre all’ovvia importanza dei temi discussi e alla risonanza per l’opinione pubblica, il Seminario ha anche un notevole valore di “precedente” per l’Italia, che per la prima volta sperimenta una procedura ampiamente partecipativa per la realizzazione di un’infrastruttura strategica a livello nazionale.
Non è un caso che fossero presenti al dibattito esponenti di IAEA, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, e della Commissione Europea, insieme a rappresentanti del Deposito nazionale francese de l’Aube, che ha a suo tempo seguito un analogo iter di progettazione.
Ieri un nuovo incontro per continuare a parlare del deposito nazionale a cui hanno preso parte Matteo Passoni, del Politecnico di Milano, che ha illustrato le caratteristiche tecniche del progetto del Deposito Nazionale e Parco Tecnologico e Fabio Chiaravalli, Direttore Deposito Nazionale e Parco Tecnologico di Sogin che ha illustrato le osservazioni e proposte tecniche presentate nella Consultazione Pubblica, oltre1.200, tra cui quelle della Regione Basilicata che ieri ha partecipato se pur solo in veste di “ascoltatrice” al dibattito. L a Regione Basilicata dovrà intervenire per ribadire il suo no nella sessione del 24 e 25 ottobre.
Nel pomeriggio di ieri, però, tra gli interventi degli stakeholder previsti, anche quello di Pasquale Stiglia-ni, presidente di “ScanZiamo le scorie”.
«Nei dieci minuti di tempo a nostra disposizione abbiamo ribadito come “ScanZiamo le scorie” da 18 anni (il 27 Novembre prossimo l’associazione raggiunge la maturità), dalla vittoria delle giornate di Scanzano, fa controinformazione sulla materia nucleare -ha spiegato Stigliani-. Il nostro obbiettivo è scongiurare qualsiasi pericolo nel territorio lucano di ospitare una discarica nucleare. Abbiamo fatto pervenire delle osservazioni alla Sogin che ribadivano convintamente il no per le 17 aree tra Puglia e Basilicata interessate dalla discarica».
«Cardine delle nostre osservazioni il trasporto e la localizzazione delle scorie -ha continuato-: riteniamo impropri e inappropriati i fattori impiegati dalla Sogin per individuare i fattori di idoneità delle aree. Sappiamo che l’80 per cento della radioattività è in Piemonte, oltre il 50 dei volumi è al Nord. Spostare questo fardello nucleare di scorie dal Nord al Sud comporterebbe una serie di criticità nei trasporti. In Piemonte, inoltre, già ci sono infrastrutture nuclearizzate, non comprendiamo perchè non vengano utilizzate quelle piuttosto che crearne una nuova al Sud. Nel deposito nazionale, poi, dovrebbero andare i cosiddetti rifiuti radioattivi delle aree di bonifica, attualmente quantificati in 70 mi-la metri cubi presenti quasi tutti in Lombardia. A questi si dovranno aggiungere quelli invece che saranno caratterizzati. Sul criterio di esclusione delle attività petrolifere abbiamo esposto i nostri dubbi sui criteri di valutazione utilizzati dalla Sogin. Dubbi che sono stati validati dal Piano della transazione Pitiseai». Il presidente di “ScanZiamo le scorie” ha infine evidenziato che «Si teme in particolar modo per il territorio di Scanzano. Gli appetiti verso quel territorio potrebbero essere ancora vivi».