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PAPA FRANCESCO : SI CONCLUDE LA VISITA APOSTOLICA DI 4 GIORNI INTENSI

Oggi, l’ultima giornata del Papa in Slovacchia si svolge per lo più al Santuario nazionale mariano di Šaštín, da secoli meta di pellegrinaggio

Festa nazionale, la Slovacchia in preghiera con Papa Francesco

Da Šaštín Francesco oggi saluterà la Slovacchia dopo quattro giorni intensi in cui si è rinsaldato il legame con il popolo

Gabriella Ceraso – Città del Vaticano 

Si conclude oggi il 34mo Viaggio apostolico di Papa Francesco, con un’ultima tappa interamente mariana nello scenario del Santuario nazionale di Šaštín, da secoli meta di pellegrinaggi.
Nella cittadina profondamente legata all’arrivo in questa terra dei Santi Cirillo e Metodio, il Papa, che stamane si congeda dalla Nunziatura che lo ha ospitato durante questi giorni, arriva poco dopo le 09.00 nella Basilica dove ogni 15 settembre da tre secoli, il Paese si ritrova per l’affidamento alla patrona la Beata Vergine dei sette dolori.

Qui, in forma privata il primo incontro di oggi, è con i vescovi, per un momento di preghiera comune:

Il Papa e la preghiera a Maria con il popolo slovacco

Il Santo Padre – come ci riferisce Massimiliano Menichetti responsabile di Radio Vaticana – Vatican News –  ha voluto fortemente essere presente in questo luogo e unirsi alla festa con il popolo per la celebrazione della Messa che presiederà sulla spianata del Santuario.
Sarà l’ultimo evento prima del rientro a Bratislava e il congedo in aeroporto al termine di quattro giorni intensi.

Ieri il successore di Pietro incontrando a Košice la comunità rom locale, ascoltando la voce dei giovani e celebrando la Divina Liturgia, ha ribadito il valore della testimonianza cristiana, ha esortato all’incontro, all’inclusione e all’accoglienza. Evidenziando il significato della Croce ha messo in guardia da mondanità, egoismi e chiusure, ha mostrato l’amore di Gesù che cambia il volto dell’uomo e sempre lo perdona. 

Dunque quattro giorni intensi in cui ciò che conta di più è “il rafforzato il legame personale con il Papa”

Così al microfono di Massimiliano Menichetti don Marian Gavenda già portavoce della Conferenza episcopale dei vescovi della Slovacchia. “Non è stato un amore platonico ma forte e ricambiato” quello di Francesco col Paese, racconta don Marian, e questo è importante per il futuro perchè “ci aiuterà a fare nostro anche il suo magistero e l’amore per la Chiesa”

Anche il Papa “mi è sembrato  – aggiunge – incoraggiato e soddisfatto da questo mutua percezione e comprensione e lo si è visto anche dai suoi sorrisi”

A Šaštín la preghiera del Papa e dei vescovi a Maria: risanaci con la tua dolcezza
L’ultimo giorno del viaggio apostolico si apre con il Papa in preghiera assieme ai vescovi del Paese nella Basilica dei Sette Dolori della Vergine, santuario in cui si venera la Patrona della Slovacchia. Quindi, nella spianata davanti al luogo di culto, celebra la Messa

Debora Donnini – Città del Vaticano

L’ultimo appuntamento di Francesco in Slovacchia è tutto pervaso dall’invocazione a Maria. Al Santuario di Šaštín dove ogni 15 settembre la nazione si ritrova per il tradizionale pellegrinaggio in occasione della festa della Patrona, la Beata Vergine Maria dei Sette Dolori, stamattina il Papa si è unito con i vescovi slovacchi per una preghiera di affidamento. “Nostra Signora dei sette dolori, siamo riuniti qui davanti a te come fratelli, grati al Signore per il Suo amore misericordioso”, si legge nel testo rivolto alla Madonna che nel santuario di Šaštín viene venerata da secoli. Alla sua intercessione sono legate anche le invocazioni per l’aiuto alle famiglie. Una grazia in questo senso è all’origine stessa della splendente statua lignea che fece realizzare Angelika Bakičová, moglie del conte Imrich Czobor, come segno di gratitudine per la conversione del marito.



Momento di preghiera del Papa con i vescovi della Slovacchia

“Regina degli Apostoli e Rifugio dei peccatori,
che conosci i nostri limiti umani,
i fallimenti spirituali,
il dolore per la solitudine e l’abbandono:
risana con la tua dolcezza le nostre ferite”.

L’immagine di Maria che tiene fra le braccia e sulle sue ginocchia suo Figlio morto fa capire come nei secoli qui tante persone sofferenti abbiano trovato conforto e grazie e si siano sentiti accolti. “Madre della Chiesa e Consolatrice degli afflitti, con fiducia ci rivolgiamo a te, nelle gioie e nelle fatiche del nostro ministero. Guardaci con tenerezza e accoglici tra le tue braccia”, implorano insieme il Papa e i vescovi slovacchi. Alla Madre di Dio e Madre nostra, affidano la vita e la patria. “Ti affidiamo la nostra stessa comunione episcopale. Ottienici la grazia di vivere con fedeltà quotidiana le parole che il tuo Figlio Gesù ci ha insegnato e che ora, in lui e con lui, rivolgiamo a Dio nostro Padre”, dicono prima di recitare il Padre Nostro.

Šaštín, la Basilica dei Sette Dolori: luogo di fede oltre il totalitarismo
Il significato del Santuario

Il luogo dove sorge il Santuario, consacrato nel 1762, è uno dei comuni più antichi della Slovacchia, Šaštín, che ha ottenuto lo status di città solo il primo settembre 2001.
Nel Santuario, visitato ogni anno da migliaia di pellegrini, si sono recati anche santa Madre Teresa di Calcutta e san Giovanni Paolo II che nel 1995 celebrò qui la Messa nel corso del suo pellegrinaggio apostolico in Slovacchia. Nel 1864 l’arcivescovo di Esztergom, il cardinale Ján Scitovský, aveva incoronato la statua con manufatti in oro consacrati da Pio IX. Nel 1927 Pio XI dichiara la Vergine dei Sette Dolori Patrona della Slovacchia e nel 1964 Paolo VI eleva la chiesa a Basilica Minore. Un luogo molto significativo anche per la fede dei giovani specie durante gli anni del regime comunista 

Šaštín, la Basilica dei Sette Dolori: luogo di fede oltre il totalitarismo
Šaštín, la Basilica dei Sette Dolori: luogo di fede oltre il totalitarismo
Oggi, l’ultima giornata del Papa in Slovacchia si svolge per lo più al Santuario nazionale mariano di Šaštín, da secoli meta di pellegrinaggio.
Francesco giunge intorno alle 9.10 direttamente dalla nunziatura, per la preghiera con i vescovi e la celebrazione della Messa, nella Solennità dedicata alla Vergine Patrona del Paese

Debora Donnini – Città del Vaticano

Siamo nel pieno del XVI secolo. Angelika Bakičová, moglie del conte Imrich Czobor, signore del territorio di Šaštín, chiede, disperata, l’intercessione della Vergine Maria perché il marito, uomo irascibile, cambi atteggiamento. La sua preghiera viene esaudita e la donna commissiona una statua di legno di pero che raffigura la Madonna Addolorata con suo figlio Gesù morto che giace sulle sue ginocchia. Una piccola cappella custodisce l’effige e qui i fedeli iniziano a recarsi in preghiera. Al centro della storia di questo luogo, c’è dunque la grazia ricevuta per la guarigione di una famiglia.

Ed è proprio con questa invocazione nel cuore, che tante persone vi andranno nei secoli. Un luogo dove avvengono anche guarigioni miracolose che una apposita commissione d’inchiesta studia. La statua viene affidata alla custodia del parroco di Šaštín, per poi essere passare sotto la cura dell’Ordine di San Paolo Primo Eremita.

La consacrazione del Santuario nel 1762

La costruzione della Chiesa inizia nel 1736 e la realizzazione si deve anche alle offerte dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria, alla cui presenza, assieme a quella del marito Francesco I, avviene la consacrazione dell’edificio nel 1762. Nel 1786 l’imperatore Giuseppe II abolisce l’Ordine di San Paolo Primo Eremita e la Chiesa passa ancora una volta sotto l’amministrazione del parroco di Šaštín. Nel 2017, dopo 231 anni, la cura pastorale della Basilica torna nuovamente all’Ordine di San Paolo Primo Eremita. Nel corso dei secoli la Basilica viene abbellita e più volte restaurata, anche recentemente. Gli affreschi, all’interno, sono del 1757, realizzati da Jean Joseph Chamant.

L’attenzione dei Papi

Importante anche l’attenzione dei Papi per questa effige. L’8 settembre 1864 l’arcivescovo di Esztergom, il cardinale Ján Scitovský, la incorona con manufatti in oro consacrati da Pio IX. Nel 1927 è Pio XI, con il decreto Celebre apud Slovaccham gentem, a dichiarare la Vergine dei Sette Dolori patrona della Slovacchia e Paolo VI,  con il decreto Quam pulchra del 1964, eleva la chiesa a Basilica Minore. Il Santuario fu visitato da pellegrini illustri come Madre Teresa di Calcutta e san Giovanni Paolo II che nel 1995 celebrò qui la Messa nel corso del suo pellegrinaggio apostolico in Slovacchia:

È provvidenziale che proprio questo sia il santuario mariano del vostro popolo, il tempio verso il quale si muove in pellegrinaggio tutta la Slovacchia. I vostri connazionali hanno cercato qui conforto per la loro non facile esistenza, specialmente nei periodi maggiormente segnati dalla sofferenza.

Il 15 settembre Francesco al Santuario
Šaštín, la Basilica dei Sette Dolori: luogo di fede oltre il totalitarismo

Oggi Papa Francesco presso il Santuario Nazionale di Šaštín, o Basilica dei Sette Dolori della Vergine Maria, celebra la Messa, dopo un momento di preghiera con i vescovi.
È l’ultimo appuntamento del suo viaggio apostolico in Slovacchia prima di recarsi all’aeroporto di Bratislava per la cerimonia di congedo e la partenza alla volta di Roma.   

Un santuario significativo 

Si tratta di un Santuario molto importante per gli slovacchi, aveva sottolineato in un’intervista a Vatican News, don Martin Kramara, portavoce della Conferenza episcopale slovacca. Un luogo dove ogni anno si tiene il grande pellegrinaggio nazionale del 15 settembre per la festa per la Patrona della Slovacchia, quest’anno condivisa con Papa Francesco. E’ un pellegrinaggio molto importante “che la Chiesa slovacca – ha rimarcato don Kramara – ha portato avanti con coraggio anche durante il comunismo, anche se il regime totalitario era molto contrario e cercava di cancellarlo, così come ha cancellato tutti gli ordini religiosi, ma non ci è riuscito”.

Un Santuario molto significativo durante gli anni del regime comunista perché lì “è nata una nuova vita dei cattolici che si sono uniti e radicati nella preghiera, nella fede, ma anche per liberare il Paese dal comunismo”, racconta anche padre Jozef Bartkovjak, responsabile della sezione slovacca di Vatican News. Nel santuario si organizzavano pellegrinaggi notturni di giovani e molti degli animatori che guidavano i gruppi di fedeli erano religiosi, sacerdoti che non potevano agire pubblicamente. Hanno incoraggiato la generazione più giovane a creare la comunità che si unisce intorno alla Parola di Dio. “Questi pellegrinaggi hanno creato quasi un movimento tra i giovani cattolici, che poi è stata la forza principale per opporsi al totalitarismo”, spiega padre Jozef Bartkovjak. Nel 1988, ricorda, c’è stata una protesta pacifica dei cattolici a Bratislava, sulla piazza Hviezdoslav, con le candele, nel silenzio, con preghiera e canti, un esercito disarmato opposto ai carri armati delle forze antisommossa della polizia, che pure aggredirono quelle persone raccolte in preghiera. Dagli anni Ottanta del secolo scorso, anno dopo anno, si è radunata questa gioventù cattolica accompagnata da sacerdoti e suore da cui ha avuto origine questo risveglio.

Una liberazione con la forza del Vangelo

Per la Slovacchia, dunque, il santuario è molto importante perché tocca l’identità della nazione. “La nostra nazione – spiega padre Bartkovjak – è molto pacifica, con la forza del Vangelo si è sconfitto un regime violento totalitario ed era la preghiera in questo santuario a nutrire il coraggio della gente”. Padre Jozef Bartkovjak ricorda che già solo partecipare a questo pellegrinaggio, era un atto di coraggio, perché c’erano agenti di polizia segreta che fotografavano le persone e il giorno successivo, o dopo una settimana, le interrogavano. Quindi, ciascuno dei partecipanti conosceva i rischi: avrebbe anche potuto essere cacciato via per esempio dalla scuola, oppure dal lavoro. I giovani di solito passavano tutta la notte in canti e preghiera, “un’esperienza esistenziale per un adolescente”, che così veniva formato nella fede, afferma ancora il sacerdote, spiegando che le vocazioni che sono nate a Šaštín sono molto forti. E venti anni dopo, si è visto anche quante vocazioni sono cresciute in Slovacchia.  

La fede che nutre

Nel periodo sotto il comunismo, erano state proibite le attività della Chiesa fuori dagli edifici delle chiese, ma non all’interno, prosegue padre Bartkovjak, spiegando che il pellegrinaggio era quindi un modo per “soddisfare” quella regola, perché si stava dentro le mura e così la gente riusciva dappertutto a radunarsi in modo pacifico. All’interno di quelle regole restrittive si faceva crescere ciò che è sostanziale, la fede. Quella stessa fede, sottolinea, che poi ha nutrito anche azioni politiche, che però non sono state dirette dalla Chiesa ma semplicemente dalla società civile. 

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