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OSPEDALE, DI NUOVO A RISCHIO CHIUSURA IL PUNTO NASCITE

MELFI Sulla neonatologia, rumors romani danno per vicina la soppressione: numeri e parti che devono tornare

Tornano a spirare venti di chiusura per il Punto Nascita dell’ospedale di Melfi. Eppure il reparto presenta negli ultimi tre anni un trend di crescita di parti che si attesta attorno al 30%, considerando che lo scorso anno si è arrivati a 404 parti quindi molto vicini al cut-off di 500 previsti dal famigerato e temutissimo DM 70 del 2015 per il mantenimento in vita dei punti nascita di primo livello.
A Melfi questi risultati si sono ottenuti con grande sforzo e abnegazione del personale sanitario operante, del dirigente medico Michele Ardito e dei colleghi ginecologi. Si tratta di risultati straordinari giunti nonostante il notevole sotto dimensionamento dei dirigenti medici, dei ginecologi e dei pediatri che attualmente lavorano in condizioni estreme e con turni massacranti. Vi è stato un grande sforzo comune da parte di tutti i dirigenti sia di primo che di secondo livello, pur di mantenere in vita il punto nascita e offrire un servizio ottimale alle pazienti provenienti da tutte le zone del nord della Basilicata che hanno manifestato soddisfazione, richiamando così utenza sia dalla vicina Puglia che dalla vicina Campania. G Già dal lontano novembre 2020 era pronto un concorso per 3 posti di ginecologia a Melfi che poi è stato annullato per diventare Aziendale, quindi non più a favore del solo nosocomio di Melfi. Così a giugno scorso, dopo mille peregrinazioni presso il palazzo regionale, sono stati assunti tre medici ma solo per il Presidio sanitario di Potenza.
A Melfi non ci si è persi d’animo, al contrario, ci si è rimboccati le maniche dei camici ed il virtuosismo e lo sforzo del lavoro del Punto Nascita si è dimostrato anche con il volume di attività ambulatoriale “ostetrico-ginecologica” e di consulto al Pronto soccorso la cui mole di lavoro ha raggiunto numero di tutto rispetto, attestandosi in tutta la provincia solo dopo il Presidio di Potenza. Nonostante tutti questi dati positivi, Melfi rischia ancora la chiusura del reparto di neonatologia. Questo è l’amaro epilogo della politica sanitaria regionale degli ultimi 10 anni, pensata ed attuata da amministratori che hanno badato esclusivamente alla tutela del proprio territorio di riferimento, spesso coincidente con il proprio bacino elettorale, senza pensare all’effettivo bisogno complessivo ed oggettivo della comunità regionale tutta e senza una visione di medio e lungo periodo. Salvaguardare il proprio orticello, alzare le barricate per difenderlo, e poco male se una tale politica miope e campanilistica ha restituito poco o nulla in termini di benefici all’intera regione, bastava portare a casa il risultato. Negli ultimi dieci anni chi aveva polvere ha sparato, difendendo quel che aveva e riuscendo anche a ritagliarsi qualche spazio inatteso, chi non ne aveva o non ha saputo gestire neppure quel che aveva, ha fatto solo fumo, ed i risultati si cominciano a vedere ora. Così ancora una volta Melfi rischia di pagare la cronica assenza di un politico di riferimento dell’area che sia capace di difendere e sostenere con forza le legittime aspirazioni di un territorio troppo spesso poco rappresentato e subdolamente preso in giro dagli amministratori o pseudo tali del momento. E’ già accaduto in passato e i cattivi presagi che riguardano l’ospedale di Melfi fanno temere che possa ripetersi il sacco se nessuno si mostrerà in grado di difendere l’intera area.
È arrivato il momento di cambiare questa triste, nefasta e pericolosa tendenza se il Vulture melfese alto Bradano non vorrà subire un inesorabile ed inaccettabile depauperamento che lo porterebbe al collasso definitivo.

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