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ARLAB, DOPO 2 ANNI BARDI HA SCELTO: IL DIRETTORE GENERALE È DI GINOSA

Con la “Pieni Poteri”, emanato il decreto presidenziale privo di reali motivazioni: l’iter procedurale resta nebuloso

Forte della “Pieni Poteri” , il presidente della Regione, Vito Bardi, a suo piacere, il primo Avviso pubblico risale all’ottobre del 2019, si è come svegliato all’improvviso sull’Agenzia lucana per il lavoro e l’apprendimento (Arlab). Dopo un Commissariamento lungo quasi 2 anni, il nuovo Direttore generale è Francesco Paolo Di Ginosa. Il centrodestra lucano, non smette mai di stupire: una Posizione organizzativa in Regione, al capo di un’Agenzia regionale. Il profilo professionale di Di Ginosa, comunque non inesperto nella materia, è solo un dettaglio, l’ultimo in ordine temporale, di una vicenda che offre molti spunti su presunte irregolarità o anomalie che adesso, le opposizioni consiliari a via Verrastro, dopo aver tanto gridato “a lupo, a lupo”, potranno sviscerare e meglio contestare.
Parrebbe, inoltre, che Di Ginosa non abbia partecipato al primo Bando poi revocato.
Ad ogni modo per un’Agenzia tecnica, una nomina messa sul tavolo dello spoils system politico e frutto di procedure ambigue.
Sotto questo profilo, come aveva anticipato Cronache, la poltrona era stata spostata sotto il dominio di Fratelli d’Italia, area materana.
Da quanto riportano ambienti regionali, a scegliere Di Ginosa, il consiglire regionale Vizziello. Vizziello, dopo il no di Cosimo Latronico, non ha avuto molte alternative. Quello dell’Arlab, sembrava un “ristoro istituzionale” quasi appositamente ideato per Latronico che nel 2019 si candidò alle regionali lucane nelle liste di di Fratelli d’Italia.
A Nova Siri, tra l’altro, FdI risultò il partito più votato, ma le complessive mille e 685 preferenze raccolte, portarono Latronico soltanto al secondo posto, in provincia di Matera, proprio dietro all’attuale consigliere regionale Giovanni Vizziello: Latronico non eletto. Nel frattempo, decorsi ormai 2 anni e mezzo, da parte suo, Latronico ha già trovato sistemazione: alla Cascina Costruzioni. Co-me, inoltre, facile immaginare e agevolmente desumibile anche dalle note stampa come amministratore dell’impresa, con il bonus 110% attualmente guadagna di più che se n-minato al vertice dell’Arlab.
Quindi, tolto un Latronico, avanti un Di Ginosa. Il tutto reso più semplice dal fatto che, nonostante il primo Avviso pubblico ,quello del 2019, fosse concluso a livello di istruttoria, mancava solo la nomina, prima il cambio dei requisiti, con maglie che invece che, a limite, diventare più stringenti, so-o state di molto allargate, e poi il rinnovo dell’Avviso pubblico stesso. L’apice, la “Pieni Poteri”. Bardi ha proceduto direttamente alla nomina senza che, da quanto traspare dalla documentazione, sia stato stilato, per dirne una, l’elenco degli idonei e dei non idonei.
Per di più, senza neppure ottemperare all’onere motivazionale. Onere motivazionale, come il centrodestra lucano dovrebbe ormai aver imparato, che non è da intendere come un elemento lesivo della discrezionalità della politica, ma come un argine alla irragionevolezza e all’arbitrarietà delle scelte amministrative.
Si presuppone che, nel caso dell’Arlab, non possa essere solo spoils system la motivazione del conferimento dell’incarico. Di sicuro, data la pluralità di concorrenti qualificati, impossibile più che improbabile, escludere un esame analitico delle esperienze e competenze curriculari dei candidati, oltre che la corrispondenza del profilo agli obiettivi da raggiungere, questi fissati o da fissare proprio dal centrodestra. Il tutto, di conseguenza, per quanto intuì il personale, non può risolversi in una motivazione di stile, ovvero stereotipata, come quella, per l’appunto, utilizzata da Bardi: «La particolare esperienza professionale, le competenze, i titoli di studio, come evincibili dal curriculum vitae et studiorum e dalla documentazione prodotta unitamente alla proposta di candidatura dal signor Francesco Paolo Di Ginosa».
In linea generale, con la “Pieni Poteri”, il presidente Bardi e il centrodestra lucano, anche se poi non sono loro a pagare le conseguenze, rimangono prigionieri all’interno di un circolo vizioso per cui le misure eccezionali giustificate per la difesa del «cambiamento», sono le stesse che conducono alla sua rovina.

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