BasilicataCronaca

POTENZA, BADANTI MOLDAVE RIDOTTE IN SCHIAVITÙ

Inchiesta dell’Antimafia del capoluogo su traffico di esseri umani: 6 fermi

Reclutate anche tramite i social network, donne moldave vulnerabili ed in condizioni sociali, familiari ed economiche precarie, una 90ina le vittime, venivano condotte in Basilicata per essere sfruttate come badanti da un’organizzazione criminale con a capo una donna e con base logistica proprio a Potenza. Questa, in sintesi, l’inchiesta dell’Antimafia del capoluogo che grazie alla collaborazione con gli inquirenti moldavi ritiene di aver raccolto prove schiaccianti. Anche le famiglie utilizzatrici delle vittime rischiano se non il favoreggiamento, quanto meno le contestazioni sul lavoro nero. Mentre per gli aguzzini delle moldave, le condanne potrebbero arrivare anche sino a 20 anni di reclusione. Le donne arrivavano in Italia già gravate dal debito contratto per il viaggio, 500 euro, e anche quando dovevano rientrare in Moldavia erano costrette a utilizzare lo stesso canale allo stesso prezzo. A Potenza il loro primo alloggio era in una piccola abitazione del centro storico dove arrivano a coabitare anche in 20 contemporaneamente. In più dovevano pure pagare il fitto. Oltre al sequestro del passaporto, le vittime vivevano sotto stretta sorveglianza degli aguzzini che ricorrendo a violenze e minacce, in un caso di morte, ma usualmente di avviarle alla prostituzione, le costringevano a orari di lavoro massacranti e continui, senza neanche un giorno di riposo e con paghe miserevoli stabilite dall’organizzazione con le famiglie. Per di più, il gruppo criminale, intascava la tangente: da ogni badante sfruttata, 100 euro al mese su circa 700 euro di stipendio. Piccoli sconti in caso di pagamenti semestrali o annuali, come mille e 100 euro invece che mille e 200 euro per 12 mesi. L’organizzazione criminale stava espandendo il proprio business illecito tanto che soltanto tra gennaio e maggio di quest’anno, nonostante le restrizioni Covid, sono stati effettuati ben sedici viaggi tra l’Italia e la Moldavia. Oltre alle intercettazioni e ai video delle telecamere nascoste, gli inquirenti sono riusciti a recuperare i passaporti e soprattutto a mettere le mani sul cosiddetto libro mastro dell’associazione a delinquere.
Il provvedimento di fermo emesso dall’Antimafia di Potenza ha riguardato Duca Valentina, Axenti Mircea, Axenti Lilia, Para Laura, Ugo Caivano, il tassista dell’organizzazione, e Cristea Mariana, quest’ultima rintracciata e arrestata a Padova.
Si è trattato, come ha spiegato il procuratore capo di Potenza, Francesco Curcio, nel fornire dettagli sulle indagini svolte dai Carabinieri, della prima e storica sperimentazione, da parte della Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza, dello strumento della Squadra Investigativa Comune che, nel contesto dell’operazione ha permesso di intessere una proficua sinergia operativa con l’Autorità Giudiziaria di un altro paese europeo, mediante lo scambio di informazioni ed elementi d’indagine raccolti da ciascuno degli Uffici anche attraverso il raccordo garantito da Eurojust e dalle forze di polizia italiane e moldave, in ciò abilmente supportate da Europol che ha consentito alle diverse Procure di operare anche in territorio estero, fianco a fianco con gli inquirenti di altro paese.

IL MODUS OPERANDI DELL’ORGANIZZAZIONE CRIMINALE Il sodalizio, capeggiato da Valentina Duca, per come ricostruito nel corso delle indagini sulla base degli elementi raccolti: si occupava dell’organizzazione dei viaggi tra la Moldavia e l’Italia eseguiti nella maggior parte dei casi da Mircea Axenti, in ciò agevolato dalla moglie Lilia Axenti che sovraintendeva alla fase organizzativa mediante la raccolta delle prenotazioni e l’acquisizione dei passaporti biometrici da cui venivano ricavati i dati delle donne utili alla predisposizione dei documenti contraffatti (certificati sanitari anticovid, contratti di lavoro, strumentali a garantire il passaggio della frontiera, etc).
Le donne così giungevano in Italia già gravate dal debito di viaggio a cui si aggiungeva l’ulteriore debito per l’alloggio messo a disposizione dal sodalizio in attesa del collocamento lavorativo, ubicato in pieno centro storico a Potenza, e la tangente, pari a 100 euro mensili, applicata sulla retribuzione a titolo di compenso per il procacciamento del lavoro. A garanzia del debito le stesse, su disposizione del capo, Valentina Duca, in ciò agevolata, dalle due fiduciarie Mariana Cristea e Laura Para, privava del passaporto le vittime a cui veniva restituito solo al saldo di quanto dovuto.
Le indagini hanno evidenziato che le badanti erano sottoposte a una perdurante intimidazione, esercitata anche per il tramite di Mircea Axenti, che le minacciava di aggredirle o di farle prostituire in caso di insolvenza o comunque di riluttanza alla rigida sorveglianza a cui erano sottoposte. Nei casi più gravi, -spiega ancora il procuratore capo di Potenza- si è avuto modo di rilevare come tale intimidazione sia sfociata in vere e proprie forme di costrizione fisica, come quella in danno di una donna che, su disposizione di Valentina Duca, veniva segregata nella stanza dell’alloggio del centro storico nella disponibilità dell’associazioni, e di aggressione, come quella in danno di una badante presa a pugni.
Lo stringente controllo che il sodalizio esercitava sulle donne — per come emerso da intercettazioni e dichiarazioni raccolte – durava per tutta la durata della permanenza in Italia, in quanto, veniva loro imposto di rientrare in Moldavia attraverso i viaggi organizzati ed effettuati dallo stesso Mircea Axenti
Le indagini hanno inoltre permesso di far luce sulle condizioni di degrado in cui le vittime erano costrette a vivere, sia durante la permanenza nell’abitazione nella disponibilità del sodalizio, sia in taluni casi nelle abitazioni delle famiglie in cui venivano impiegate, in quanto, costrette a dormire sul pavimento, a condividere lo stesso letto in più persone, talvolta anche con lo stesso soggetto assistito.
Il quadro indiziario relativo allo sfruttamento lavorativo è stato acquisito anche attraverso una attenta osservazione dell’orario di impiego delle donne risultato, di fatto, gravemente difforme rispetto alle vigenti disposizioni del Contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria, in quanto in molti casi le stesse venivano impiegate h/24 con rinuncia al riposo giornaliero ed al riposo settimanale.
Le condizioni di lavoro — per come emerso dalle investigazioni – venivano imposte da Valentina Duca che si occupava del collocamento delle badanti presso le famiglie, concordando durata e modalità di impiego presso i soggetti collocatari, secondo un tariffario prestabilito unilateralmente dalla donna rispetto a cui le badanti non avevano alcun potere di autodeterminazione contrattuale.
Infine sono stati acquisiti elementi indiziari considerati gravi dagli inquirenti che evidenziano la capacità organizzativa del sodalizio, che nel solo periodo compreso tra gennaio e maggio di quest’anno, ha effettuato ben sedici viaggi tra l’Italia e la Moldavia, malgrado le restrizioni alla circolazione delle persone imposte dall’emergenza sanitaria in atto. Tale capacità organizzativa si è espressa anche attraverso la meticolosa cura della logistica, essendo emersa la costante disponibilità di una sorta di taxista, Ugo Caivano, impegnato nel garantire gli spostamenti delle badanti secondo le disposizioni impartitegli da Valentina Duca. Durante le indagini è stato possibile quantificare un numero complessivo di ottantasette vittime.

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