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LE DUE DIVERSE TIPOLOGIE DI EMIGRATI LUCANI

Lettere lucane

Da oggi il lucano Benedetto Vigna è ufficialmente amministratore delegato della Ferrari. La cosa che più mi ha colpito quando questo talento manageriale di Pietrapertosa è stato designato alla guida del Cavallino, è che anche i più attenti osservatori della realtà lucana non avevano mai sentito pronunciare il suo nome. Quel giorno ebbi la netta sensazione di una profonda divaricazione all’interno della comunità degli emigrati lucani: da un lato, infatti, ci sono i lucani che, pur essendo andati via, parlano continuamente, e finanche ossessivamente, della Lucania; dall’altro ci sono i lucani che, pur essendo legati negli affetti e nelle memorie al paese e alla famiglia di origine, sono completamente assorbiti dalle nuove realtà nelle quali hanno deciso di vivere. È come se in alcuni l’emigrazione riuscisse, mentre in altri no. È un meccanismo molto interessante, a studiarlo attentamente. Da ciò che leggo dalle cronache, Vigna è legato alla sua famiglia e al suo paese, eppure il suo profilo è quello di chi, pur essendo nato in Lucania, poi è diventato cittadino del mondo, sviluppando un’idea dinamica e progressiva dell’identità. Tutto l’opposto, che so, di personaggi come Leonardo Sinisgalli, che pur avendo lavorato ai vertici di colossi come Eni e Finmeccanica , non hanno fatto altro che parlare della Lucania. Come mai alcuni emigrati riescono ad avere un’idea pacificata delle “origini” mentre altri, pur riuscendo perfettamente altrove, pensano e ripensano continuamente alla propria terra, spesso sognando il giorno del ritorno alla stessa maniera di come gli ebrei sognano di ritornare a Gerusalemme? I grandi lucani che ho conosciuto nella mia vita qui a Roma – Giovannino Russo, Vito Riviello, ecc. – non facevano altro che parlarmi della Lucania, benché fossero affermati a livello nazionale. Perché loro sì e altri no? È solo nostalgia o c’è qualcosa di più profondo?

diconsoli@lecronache.info

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