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QUEL SILENZIO SULLA DIA FA MALE ALLA BASILICATA

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Sarà stato per via di quel titolo “I luoghi del Silenzio. Itinerari del monachesimo italo-greco” così perdutamente invitante e pieno d’acedia monacale se il governatore Vito Bardi, accorso a Francavilla in Sinni per omaggiare Luciana Lamorgese, si è ben guardato da chiederle conto sull’istituzione della DIA in Basilicata. Ora lasciamo stare che per l’occasione culturale abbia trovato tempo e voglia di partecipare perfino un ministro dell’Interno che con gli sbarchi decuplicati ha rimesso d’amore e d’accordo Salvini e Meloni che ormai ne chiedono apertamente la testa e che qui dalla periferia dell’Impero avrebbe dovuto almeno far battere un colpetto di tosse politica e d’indignazione agli affiliati leghisti, forse ammassati sotto l’ombrellone agostano, ma è davvero surreale che il governatore Bardi non abbia sfruttato la venuta lucana della Lamorgese per incalzarla fino allo sfinimento istituzionale sulla necessità della DIA, peraltro richiesta in maniera pressoché bipartisan e si sia, invece, ripiegato in un cerimoniale pigro e del tutto inconcludente per le sorti di legalità e di giustizia della Basilicata. Ha scritto Dionigi il vecchio: “Fai in modo che il tuo discorso sia migliore del tuo silenzio”.

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