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L’AVERLA, UN VOLATILE INTELLIGENTE

Lisandro: “Può infilzare piccole prede tra rovi, a cui ricorrerà nei momenti di carenza di cibo, giornate fredde o piovose”

Questa volta il documentarista lucano, Carmine Lisandro, ci descrive un passeraceo migratore della famiglia dei Lanidi, l’Averla piccola (Lanius collurio), che giunge dall’Africa all’inizio della primavera per poi farvi ritorno tra la fine di agosto ed i primi di settembre. Un uccello predatore che frequenta zone di pianura e di montagna in cui sono presenti spazi aperti con siepi e cespugli spinosi, dove trovare insetti e altre prede che gli permettono di nidificare e di allevare la prole con tranquillità.

Luoghi che risultano idonei anche per la cugina Averla capirossa (Lanius senator) e tanti altri passeriformi come la Sterpazzolina, il Saltimpalo, lo Scricciolo o il merlo.

Il Lanius collurio è un uccello dalle dimensioni più o meno di un passero, lungo circa 18 cm, con un’apertura alare di 28 cm ed un peso di circa 40 grammi che in questo periodo, possiamo osservare posato su cespugli, rami di alberi, pali telefonici o rocce, comunque luoghi da cui può avere una buona visuale dell’area, pronto a lanciarsi in picchiata per ghermire la preda.

Le caratteristiche somatiche tra i due sessi, a parte gli occhi, le zampe ed il becco che sono scuri in entrambi, sono molto evidenti, infatti il maschio ha un piumaggio bruno-castano sul dorso, le parti inferiori sono bianche con sfumature rosa, la coda è nera con i lati bianchi mentre il capo ha una colorazione grigiastra ed il nero becco è leggermente uncinato, anche se quello che lo rende inconfondibile, rispetto alla femmina, è la fascia nera che avvolge gli occhi dal becco alle orecchie.

Al contrario la femmina, come i giovani, ha una  livrea mimetica grigio-bruno più sbiadita, senza sopracciglio nero, mentre le parti inferiori hanno delle fasce scure.

Verso i primi di maggio, il maschio dopo aver difeso il suo territorio da altri pretendenti inizia a corteggiare con insistenza la femmina offrendole del cibo e, dopo diversi tentativi infruttuosi, riesce a fare colpo sulla femmina per poi accoppiarsi preferibilmente tra i cespugli.

Sarà la femmina a  scegliere il luogo dove fare il nido, quasi sempre costruito in rovi  di prugnolo con materiale portato dal maschio  dove, una volta l’anno, deporrà fino a 6 uova covate solo da lei. Dopo circa due settimane si schiuderanno con i nidiacei che saranno allevati dalla coppia per quindici giorni e nutriti con cavallette, grilli, ragni, bombi e vespe, un comportamento che la coppia continuerà ad avere, per un certo periodo, anche dopo l’allontanamento dal nido da parte delle giovani Averle.

Può capitare che nell’area frequentata da questo uccello si possano trovare infilzati su spine di arbusti come la Rosa selvatica, il Biancospino o il Prugnolo oltre che artropodi anche piccole lucertole o ranocchie catturate dall’Averla: un atteggiamento utilizzato quando vi è abbondanza di prede a cui ricorrerà nei momenti di carenza di cibo, in caso di giornate fredde o piovose.

Purtroppo, a causa delle modifiche ambientali e dell’uso dei pesticidi in agricoltura, questa specie è numericamente  in diminuzione, seppure tutelata dalla Legge n. 157/92, dalla Direttiva degli Uccelli 2009/147/CE ed è rigorosamente protetta dalla Convenzione di Berna, allegato II.

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