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IL “PASSAPORTO VERDE” NON È UN CIMELIO CHE VA POSTATO SUI SOCIAL: L’IMPORTANZA DELLA PRIVACY

Pericolo diffusione del QR-Code sul web per dimostrare di essere liberi: tutelare i dati sensibili

Entrerà in vigore il prossimo venerdì 6 agosto e rappresenterà, sicuramente, l’incubo per molti cittadini che non ne sono ancora in possesso perché non ancora vaccinati, impossibilitati a farlo per patologie,o per chi ha deciso di non vaccinarsi.

Il “Green Pass” è stato introdotto dal Governo per “premiare” chi ha optato per la vaccinazione: con modalità differenti, avrà una sua validità e consentirà di accedere a numerosi luoghi pubblici, riprendendo la socializzazione negata per oltre un anno e mezzo.

Introdotto dal Decreto anti-Covid nell’aprile scorso e poi modificato con Decreto di maggio, la certificazione tenderà a dimostrare che abbiamo contratto la malattia e siamo guariti, che ci siamo vaccinati o che abbiamo semplicemente fatto un tampone molecolare o antigenico. Con il “passaporto vaccinale” sarà possibile partecipare ad eventi, concerti, matrimoni, accedere come visitatori alle strutture sanitarie residenziali per soggetti deboli e anziani, ed effettuare anche spostamenti a lunga percorrenza: sono molti i Paesi esteri che lo richiedono per garantire l’accesso al proprio territorio. Anche l’Italia, per chi proviene da altre nazioni.

E in tempo d’estate, con le vacanze a pieno regime, c’è chi proprio a quel passaporto non vuole rinunciare e si è sottoposto al vaccino pubblicando come guerriero sul campo di battaglia le foto delle proprie gesta. Spopolano sui social le ‘conferme’ dell’inoculazione avvenuta, con tanto di foto a mezzo busto, ago nel braccio e dita in segno di vittoria. Ma da un po’ iniziano a spopolare sui social anche i Green Pass ottenuti au-tomaticamente dopo il vaccino o dopo la guarigione: le certificazioni verdi per alcuni segno di libertà personale rappresentano oramai veri e propri cimeli, medaglie da mostrare per darsi un contegno o per sentirsi migliori degli altri. La pubblicazione del QR-code personale sul web si lega alle ben più importanti re-gole in materia di tutela della privacy e quindi, è consigliato non dare in pasto ai social i nostri dati.

IL “GREEN PASS” DEVE RIMANERE STRETTAMENTE PRIVATO

Partendo dal presupposto che non sia un cimelio di guerra da mostrare trionfanti, il Green Pass deve rimanere privato e quindi, pubblicarlo in rete, altro non è che una pessima idea.

Ad occhio nudo il nostro QR-code altro non è che un insieme indefinito di macchie scure poste a casaccio, ma in realtà rappresenta una vera e propria miniera d’oro che contiene dati personali chiaramente leggibili da chiunque sia in possesso degli strumenti adeguati per farlo. Una volta captata la nostra ‘reliquia’, un soggetto terzo saprà chi siamo, se e quando ci siamo vaccinati, quante dosi abbiamo fatto, quale vaccino ci è stato somministrato, se e quando abbiamo avuto il Covid, oppure se ci siamo sottoposti a tampone, quando lo abbiamo fatto e quale ne è stato l’esito. In molti casi può succedere che chi non si sottopone a vaccino per scelta personale sia costretto ad effettuare periodicamente un test per ac-cedere a determinate strutture ed eventi. In tal caso, gli ‘usurpatori’ del nostro passaporto, sapranno che non abbiamo acconsentito alla vaccinazione e quindi si potrebbe palesare uno scenario complesso: immaginiamo cosa accadrebbe se il dato finisse nelle mani di un ipotetico datore di lavoro che decidesse, a quel punto, di non assumere più il lavoratore. Si tratta quindi di una palese violazione della Privacy e di quelli che sono i “dati sensibili” di un individuo del quale non possono essere rese note a terzi informazioni personali relativamente allo stato di salute che rappresenta proprio il caso di specie.

Sul web restano tracce di ogni nostro passaggio e quindi questa tipologia di dati personali e sanitari potrebbe innescare dei meccanismi deviati che potrebbero essere utilizzati per finalità malevole o che potrebbero compro mettere la vita lavorativa e sociale del soggetto alla merce del web. Per non parlare del giro che si innescherebbe con le cosiddette “truffe mirate” o per profilazione commerciale.

A CHI VA MOSTRATO IL “GREEN PASS”E QUALI LE REGOLE IN U.E.

Il Green Pass con il nostro bel QR-code va mostrato, su richiesta, solo ed esclusivamente alle forze dell’ordine e a chi è autorizzato dalla legge a richiederlo nel pieno esercizio delle proprie attività. In questa categoria rientrano i gestori dei locali pubblici o dei luoghi in cui si svolgono determinate manifestazioni. Per intenderci, il certificato verde va esibito al ristoratore se dobbiamo sederci all’interno, ma non se ci accomodiamo all’esterno. Dobbiamo esibirlo all’ingresso di un parco a tema o di un museo ma non dobbiamo mostrarlo al panettiere, al barista, a nessun tipo di negoziante e né tantomeno in hotel.

A stabilirlo, il Dpcm firmato dal Presidente del Consiglio Mario Draghi a giugno scorso. Il codice QR viene letto esclusiva-mente tramite l’utilizzo di un’App, “VerificaC19”, ideata dal Governo italiano che consente al ‘verificatore’ di accertare solo se abbiamo o non abbiamo il Green Pass. In fase di verifica, dunque, non vengono esibite attraverso l’app tutte le altre informazioni e nessuno (né forze dell’ordine, né esercenti) resta in possesso dei nostri dati.

Il primo luglio è entrato in vigore il Regolamento comune europeo sul Certificato Covid digitale. Il Green Pass è uguale in tutti i Paesi dell’Unione Europea, è rilasciato dagli Enti autorizzati (autorità sanitaria o struttura ospedaliera) e deve contenere un codice QR con una firma digitale. Tutte le chiavi digitali sono conserva-te in una banca protetta di ogni Stato membro. Il certificato agevola la libertà di circolazione, ma non sostituisce il principio fondamentale di libertà personale sancito dalle Costituzioni. I dati contenuti nei QR-code sono uguali per tutti i Paesi e nessuno Stato può conservarli o memorizzarli dopo la verifica.

PERICOLO DI FALSIFICAZIONE DEL “PASSAPORTO VACCINALE”

La pubblicazione fiera del nostro Green Pass potrebbe dare adito anche a falsificazioni. E siccome siamo in Italia e storicamente “Napoli docet”, si sono già verificati casi di certificazioni falsificate e vendute a chi ha ben creduto di aggirare l’ostacolo del vaccino.

Il QR-code è un sistema vulnerabile e, pure se non è semplicissimo da taroccare, è comunque possibile. In primis perché non ha molte garanzie di sicurezza e poi perché nascosto in qualche cyber-meandro c’è sempre un hacker pronto a colpire. Su Telegram qualcuno dichiara di vendere Green Pass uguali agli originali: potrebbe trattarsi di una truffa bella e buona, ma anche di gruppi ben organizzati che dispongono di sistemi di decodifica.

Il QR-code rende in forma grafica le info che noi forniamo e che comprendono generalità personali, vaccinazione o tampone effettuato, eventuale data di guarigione, nome del farmaco somministrato e firma digitale  Resistiamo, dunque, alla tentazione di esibire soddisfatti il nostro Green Pass che, se non è costituzionalmente sinonimo di libertà agognata, è senz’altro sinonimo di guai, discriminazioni e falsificazioni.

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