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L’INCHIESTA DELLA PROCURA CONFERMA LO SCOOP DI CRONACHE SULLA RADIOTERAPIA AL SAN CARLO

Il Procuratore capo Curcio chiude il cerchio sul macchinario venduto per 2mln d’euro dalla Foralì: del 2008 e già installato in Svezia

Al termine di oltre 2 anni di indagini, per la Procura di Potenza le prove raccolte confermano le ipotesi di reato quali truffa aggravata, frode in pubbliche forniture e falsità ideologica, commessi dalla Foralì in danno dell’Azienda Ospedaliera Regionale Ospedale “San Carlo” di Potenza.

Nell’ottobre del 2018, lo scoop di Cronache Lucane, “Ecco qual è il filone potentino di Sanitopoli: sott’inchiesta la Radioterapia del San Carlo”.

Il Procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Potenza, Francesco Curcio, da parte sua è riuscito a chiudere il cerchio: a livello di gravità indiziaria, le investigazioni svolte, così come delegate al Nas dei Carabinieri del capoluogo, «consentivano di accertare i reati» citati.

IL SEQUESTRO PREVENTIVO PER 539MILA EURO

Il Gip del Tribunale di Potenza, ha infatti disposto il sequestro preventivo concernente la confisca diretta di 529mila e 400 euro  euro nei confronti della Foralì Srl Unipersonale che ha sede legale a Parma, del suo legale rappresentante Carlo Quinto Degano, nonchè del suo già legale rappresentante, il catanesi Stefano Alì, e dell’impresa “Ignazio Alì”, con sede a Gravina di Catania, e del suo legale rappresentante Ignazio Alì, già, anche lui, legale rappresentante della Foralì Srl Unipersonale.

CURE ONCOLOGICHE: L’ACCELERATORE VECCHIO E GIÀ INSTALLATO IN SVEZIA, MA SPACCIATO PER NUOVO IN BASILICATA

Per quanto documentalmente copiosa, un perimetro generale da cornice alla vicenda della Radioterapia al San Carlo, lo si può comunque tracciare. Come premessa, da ricordare che nell’ambito della relativa organizzazione sanitaria lucana del 2015, l’Irccs Crob di Rionero in Vulture, in tema di cure oncologiche, individuato come Hub regionale, men-tre i siti di Potenza e Matera come spoke. Ad ogni modo la storia del bunker per la radioterapia all’ospedale San Carlo di Potenza inizia nel lontano 2009 con la pubblicazione del bando per la «fornitura in service di un sistema completo di radioterapia, previa costruzione di un bunker e per il servizio di erogazione di prestazioni di radioterapia»

Per le strutture spoke, stabilita la necessità di dotazione tecnologica di ultima generazione,  comprensiva di acceleratore lineare in grado di fornire trattamenti conformazionali di alta precisione. Nel 2016, approvata la scheda d’acquisto dell’ acceleratore Lineare per la Radioterapia del San Carlo con possibilità di richiedere, al Dipartimento regionale Sanità, il relativo finanziamento pari ad 2milioni e 231mila euro. L’anno successivo, nel 2017, il collaudo, la presa d’atto del collaudo e la predisposizione dei documenti per la liquidazione fattura alla ditta Foralì Srl Unipersonale: 2milioni e 231mila euro. L’anno successivo nel 2017 , il collaudo, la presa d’atto del collaudo e la predisposizione dei documenti per la liquidazione fattura alla ditta Forlì srl Unipersonale :2 milioni e 231 mila d’euro.

Il meglio disponibile sul mercato. Da Parma, nel settembre del 2017, con comunicazione inviata tra gli altri destinatari anche all’allora responsabile del procedimento (lavori) Giuseppe Spera oggi attuale Direttore generale dell’Aor San Carlo, la conferma che per l’attivazione del servizio e “al fine di dotarlo della miglior re tecnologia oggi disponibile», era stato fatte le opportune modifiche alla tipologia degli strumenti. Per la Procura di Potenza, non è stato così.

«Oggetto dei delitti – ha spiegato il Procuratore capo Francesco Curcio – era la fornitura di un sistema per radioterapia, nella fattispecie l’acceleratore “Clinca IX 4082” (produ-zione 2008) consegnato alla citata struttura sanitaria potentina nell’agosto del 2016, che all’esito degli accertamenti svolti è risultato di “seconda mano”, cioè già installato in altra clinica in Svezia, invece di essere, come da contratto e capitolato di gara, apparecchiatura nuova di fabbrica e con caratteristiche tecniche di ultima generazione, e stabilito alla stipula del contratto».

Come confermato dagli inquirenti, il 5 dicembre del 2017, l’Azienda ospedaliera «liquidava la fornitura con un versamento complessivo di 2milioni, 231 mila e 868 euro». Il decreto di sequestro preventivo delle somme di danaro, pari ad un valore di 529mila e 400 euro, è riferito, pertanto, alla differenza tra la somma pagata dalla “Foralì’” per l’acquisto del sistema usato e quanto liquidato dall’Azienda Ospedaliera. «Il provvedimento del Gip, dunque – ha concluso il Procuratore distrettuale Francesco Curcio -, attraverso il sequestro consente allo Stato di recuperare il profitto del reato, sottraendolo a chi lo ha commesso

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