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ALTRO CHE GENERALI, VOGLIAMO I COLONNELLI

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C’è da credere che ogni volta che Vito Bardi prova a far qualcosa, magari come sbrogliare gli intricati gomitoli amministrativi dei tanti dossier aperti, non gli ritorna che in mente la nostalgia per la facilità con cui da generale, in medagliere massimo, impartiva ordini a gogò, peraltro subito evasi nell’unica risposta da caserma: “signorsì”. Ora non bisogna essere di certo esperti di fisiognomica istituzionale per considerare tutto lo smarrimento metafisico che il suo sconsolato volto di settantenne esibisce quando annuncia 3.000 tamponi al giorno e se ne vedono in giro non più di 500, con punte al ribasso perfino di 40 oppure quando delibera l’agognata nomina del nuovo dg delle infrastrutture ed invece rimane al suo posto l’eterno dimissionario Caivano o ancora quando assessori e capetti di partito gli appioppano l’esclamazione napoletana: nun se fa’! Eppure di fronte a tanta lapidaria insubordinazione non rimane che ben poca scelta: la minaccia delle dimissioni per smuovere l’indolenza della volontà, farsi leader di minoranza come suggerisce il suo Capo di Gabinetto, trasformare tutti in colonnelli. Dal film, manco a dirlo “Vogliamo i colonnelli” di Mario Monicelli: “Qui ci vuole ordine, obbedienza, disciplina”

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