Sono un padre separato, e so quanto la separazione sia dolore e rinascita. Separarsi è sempre problematico, ma a volte è l’unico modo che si ha per tornare a vivere. Ho notato che nei nostri paesi separarsi è ancora difficile. Forse perché ci si conosce tutti, e forte è la paura di essere giudicati male, anzitutto dai famigliari, per i quali è più importate apparire felici che esserlo. Quando una coppia con figli entra nel purgatorio della crisi – crisi senza più amore e senza più desiderio – l’idea della separazione mette angoscia, magari perché si ha paura della solitudine, oppure perché si hanno difficoltà economiche. Dico sempre che bisogna fare di tutto per non arrivare a quel punto di rottura ma, se avviene, bisogna sapere che non è la fine del mondo, e che con pazienza e intelligenza le cose possono andare ancora meglio, perché la separazione è perdita ma anche guadagno, dolore ma anche rinascita e scoperta. Inutile fare finta di niente: sono sempre di meno le coppie moderne che reggono di fronte alle stanchezze e alle privazioni a cui espone il mettere su famiglia. Spesso ci si sente ingabbiati e intrappolati. Ecco perché si decide di chiudere, e di andare nella terra incognita della separazione. Tanto la gente parla, giudica e condanna a prescindere; ma la gente, guarda caso, non c’è mai quando non hai soldi, quando piangi di notte, quando vai in depressione. Un giorno a Rotonda un signore anziano ha risposto così a un mio amico che parlava della separazione della figlia: “Non lo sapevo, che brutta disgrazia”. Lo avrei presi a calci in culo. E gli avrei detto la verità: che la buonanima della moglie lo odiava, e che i figli, per quanto è gretto, non lo vanno a trovare mai. E allora salviamole finché è possibile, queste precarie famiglie moderne; ma se non è più possibile, affrontiamo il cambiamento senza paura e senza inutili psicodrammi e falsi moralismi.