EMANUELE FIANO in Potenza capoluogo di regione più alto d’Italia 

“Per costruire una nuova coscienza civile, serve, in questa epoca complessa, ricordare e testimoniare.
Con questo intento il 10 luglio alle ore 11 nello spazio #Godesksocial di Potenza, presenteremo con Vito De Filippo il libro di Emanuele Fiano” 
@MauraLocantore

Emanuele Fiano detto “Lele”

LELE : Sono nato a Milano nel 1963.
Nel 1988 mi sono laureato in Architettura al Politecnico di Milano; nel 2002 Dottore di Ricerca in Progettazione Architettonica Urbana. Nel 1996 sono stato candidato alla Camera dei deputati, collegio Giambellino/San Siro di Milano e nel 1997 sono stato eletto per la prima volta Consigliere Comunale nei D.S. a Milano.
Sono stato rieletto in Consiglio Comunale nel 2001 e fino al 2006 ho svolto la funzione di Capogruppo dei D.S.

Nel 1989 mi sono sposato con Tamara Rabà, psicologa, anch’essa milanese; con lei ho vissuto per un anno in Israele, in un Kibbutz al confine con il Libano, e dal nostro matrimonio sono nati due bellissimi bambini di nome Davide e Michael, rispettivamente di 14 e 11 anni. Dal 1988 al 2001 sono stato Consigliere della Comunità Ebraica Milanese, e dal 1998 al 2001 come Presidente della stessa Comunità. Dal 2005 sono stato nominato segretario nazionale di Sinistra per Israele, associazione politica prima solo milanese, che insieme a Piero Fassino e Furio Colombo, che la presiede, abbiamo rilanciato a livello nazionale.
Sono stato eletto alla Camera dei Deputati nella circoscrizione III (Lombardia 1) nella lista dell’Ulivo all’elezioni dell’aprile 2006 e rieletto nell’aprile 2008.Sono iscritto al gruppo parlamentare del PD. Nella XV Legislatura ho ricoperto il ruolo di Segretario del Comitato Parlamentare per i Servizi di Informazione e Sicurezza e per il Segreto di Stato dall’11 luglio 2006 al 2008 e sono stato Componente della VI Commissione (Finanze) e della IX Commissione (Trasporti , Poste e Telecomunicazioni) dal 6 giugno 2006 al 2008

Nel 1949 Nedo Fiano ha sposato Rina Lattes. I due si erano conosciuti alla scuola ebraica di Firenze poi la guerra li aveva separati.
Al ritorno da Auschwitz, nel 1945, si rincontrarono a una festa religiosa ebraica, al Teatro della Pergola di Firenze e il 30 ottobre 1949 si sposarono: “Il matrimonio mi ha rimesso al mondo. Lei mi ha consentito di realizzare le mie scelte, mi ha seguito e appoggiato”, ha detto lo scrittore 

Nedo Fiano: il figlio Emanuele racconta la sua storia

Nedo Fiano e la moglie Rina Lattes hanno avuto tre figli: il primogenito Enzo, nato nel 1950, Andrea (nel 1955) ed Emanuele (nel 1963).
“Non mi sentii più uno qualunque, una bandierina al vento. Per me sono stati come ancore e nuove radici”, ha confidato a Repubblica parlando dei figli. Nedo Fiano è scomparso all’età di 95 anni il 19 dicembre 2020 a Milano.

Il figlio Emanuele Fiano, deputato del Pd, ha da poco pubblicato il libro “Il profumo di mio padre. L’eredità di un figlio della Shoah” in cui racchiude l’ereditò del padre: “Noi figli dei sopravvissuti alle camere a gas di Birkenau non siamo normali… Noi non abbiamo ascoltato solo parole dolci e tenere dai nostri padri, non solo favole ci è capitato di ascoltare, ma il silenzio impastato di lacrime e urla”, ha scritto nel libro LELE

INTERVISTA a LELE

https://www.facebook.com/100067043280909/posts/137654355146007/?d=n 

Essere un figlio di un testimone

Noi figli della Shoah non siamo figli normali – ha ribadito l’autore -, l’ho capito quando papà ha iniziato a raccontare. La libreria di cui parlo nel libro conteneva volumi scritti in francese, in tedesco, in inglese, ma con delle foto terribili, immagini indicibili e traumatizzanti per un bambino al quale non veniva spiegato perché c’erano una tale resistenza e una tale delicatezza da parte di mio padre nei confronti del figlio piccolo. Crescere con lui ha significato portarsi dentro dei tabù”.

“Sentivo che a mio padre veniva chiesto di svolgere il ruolo del testimone – ha proseguito-. Ma quando nell’hagadà non riusciva a leggere il brano ‘fummo schiavi del faraone’, che lui collegava ad Auschwitz, soffrivo contemporaneamente da bambino e da figlio. L’uomo sopravvissuto, che poi ho saputo essere l’unico sopravvissuto della sua famiglia, l’uomo che era come un eroe per me, improvvisamente piangeva ed era fragile e non più forte. Ho vissuto altresì un conflitto fra il volere un padre per me e un padre che era un personaggio pubblico”

“In politica ho anche provato il disagio di non essere compreso”, nonché una sorta di disagio nell’essere un ebreo di sinistra.

Nel corso di tanti anni dedicati alla testimonianza, sono stati tanti gli episodi riferiti in vari modi dal padre al figlio.
Fra questi, l’immagine della banchina ferroviaria ad Auschwitz, quando i deportati venivano “vomitati dai vagoni, che poi venivano ripuliti”.

“È il racconto più crudo che abbia mai letto, scritto da lui che a noi figli non aveva mai raccontato le scene più terribili”. Ma, “come diceva Molinari – ha proseguito Emanuele Fiano -, quando raccontiamo la hagadà formuliamo anche delle domande sulla natura dell’essere umano, che io ho pensato facciano parte del lascito delle cose non dette. E dobbiamo continuare a interrogarci sulla natura dell’essere umano”

“Il libro consegna frammenti di storia della persecuzione degli ebrei che in Italia che deve entrare nella memoria collettiva – ha poi evidenziato Molinari -. La maggior parte dei sopravvissuti si era resa conto di essere spesso l’unico sopravvissuto della sua famiglia.
Tasselli di vite che ci aiutano a capire chi erano le vittime e chi erano i carnefici.
E ci sono dei fatti che mi hanno colpito molto, come il bacio di Nedo alla terra, appena atterrato in Israele”

E anche la storia della partecipazione degli ebrei italiani in politica, a partire dal Risorgimento, andrebbe valorizzata e riproposta.

Sempre a proposito di storiografia, “nei primi anni dopo la guerra prevalevano il mutismo e il silenzio, persino in Israele, il non voler raccontare quanto era accaduto nella Shoah – ha poi detto Battista -. Negli anni Cinquanta il silenzio totale è stato rotto solo da Anna Frank. Un’altra svolta è stato il processo Eichmann a Gerusalemme, con il reportage Hanna Arendt, e poi dei libri editi da Einaudi in Italia. In seguito è ripiombato il silenzio, che ha coinciso con l’ostilità verso lo Stato di Israele. Negli anni Novanta è venuta fuori grandezza di Israele, quando non ha risposto a Saddam Hussein, e le cose sono cambiate di nuovo. Molto è determinato dalla politica, anche la dialettica fra il ricordare e il mettere da parte. Questo libro di Emanuele è carico di questi significati storiografici”.

“Penso che la storia si spieghi meglio quando passa anche attraverso le emozioni – ha concluso Emanuele Fiano -. Dopo questi tanti anni in politica, ho sentito comunque cambiamenti e comprensione, legati anche al Giorno della memoria. Ma non fatene un giorno di retorica. Il raccontare per capire e anche per immaginare come possa essere il futuro rispetto al passato è un grande insegnamento”.

“Papà diceva che nella notte più buia di Birkenau, nelle baracche, quanto più tutto era nero, tanto più capiva che si avvicinava l’alba. È importante che alla fine questa sia la lezione”

Liliana Segre: “Io e Nedo parlavamo del futuro”

“È difficile parlare di Nedo, tanto quanto è stato sempre difficile parlare fra noi due del futuro e mai del passato – ha detto in video la senatrice Liliana Segre -. Non c’era bisogno di spiegare il perché. Avevamo visto le stesse cose, con occhi diversi, avevamo sofferto, eravamo stati i cosiddetti ‘salvati’ e non i ‘sommersi’. Ma dentro eravamo sempre quelli. Non c’era bisogno di condividere il passato fra di noi, ma di condividerlo con gli altri, con quelli che non avevano visto, che non avevano guardato, o che addirittura negavano. Fra di noi era invece importante parlare del futuro, della gioia di essere diventati genitori e nonni, di aver fatto progetti, di aver incontrato l’amore. Questo ci aveva uniti tantissimo. Poi ho avuto l’incontro particolare con il libro di Emanuele Fiano, che già nel titolo Il profumo di mio padre fa un omaggio straordinario, non solo da figlio, ma anche da ammiratore a quel padre eccezionale, che dopo quell’esperienza si era fatto da sé. Un libro doloroso, un bel libro scritto con una prosa eccezionale, ma che ho faticato a portare avanti nella lettura perché, da madre, rivedevo nella scrittura di Emanuele Fiano quello che i miei figli potrebbero avere o che forse un giorno avranno: il desiderio di scrivere di me, sperando che anche loro possano dire ‘il profumo di mia madre’”

Ledor vador, di generazione in generazione

Il profumo di mio padre è altresì un libro che attraverso il rapporto fra genitore e figlio parla della trasmissione di memoria fra generazioni, alla ricerca di un possibile passaggio del testimone, un prezioso scrigno di studio sul male e sul bene del mondo, sulla schiavitù e sulla libertà dell’essere umano. “Ho ascoltato Nedo Fiano durante la lettura del racconto dall’uscita dall’Egitto nel corso di una Pasqua ebraica di anni fa – ha ricordato Pierluigi Battista -: una cerimonia che mi colpì moltissimo, come anche questo libro mi ha profondamente travolto”. “Diffido del concetto di memoria collettiva condivisa, perché le memorie sono separate – ha approfondito-. È invece importante avere una storia comune che unisca le memorie. Il libro di Emanuele mi fa allora pensare che la storia non sia qualcosa di astratto e la memoria invece qualcosa di emotivo. Nei primi trenta o quaranta anni dopo la Liberazione è stato difficile fare memoria. Penso all’episodio del numero sul braccio di Nedo Fiano, descritto come numero di telefono”. In quegli anni “le case editrici rifiutavano anche il libro di Primo Levi. Forse il primo libro ‘accettato’ è stato il Diario di Anna Frank, che non a caso è stato poi attaccato dai negazionisti – ha evidenziato-. I legami esistenziali danno una forza potente, più delle pagine di storia”. E “la battaglia furibonda di Nedo Fiano è stata fra il voler vivere senza quel bagaglio, seppur senza dimenticare, e la necessità di comunicarlo, anni dopo”

Dedicata al padre Nedo Fiano, recentemente scomparso, l’opera di Fiano racchiude la difficile, complessa e irrinunciabile ‘eredità di un figlio della Shoah’

“Noi figli dei sopravvissuti alle camere a gas di Birkenau non siamo normali – scrive l’autore -. Lo sa bene la mia amata moglie e lo sanno i miei figli, e forse le mogli di tutti i figli della Shoah e i loro amati figli. Come prima le nostre madri o padri. Noi non abbiamo ascoltato solo parole dolci e tenere dai nostri padri, non solo favole ci è capitato di ascoltare, ma il silenzio impastato di lacrime e urla”.

Quei silenzi e quelle urla che hanno scavato nel profondo un’infanzia, un’anima, una vita inesorabilmente forgiate da quel detto e da quel non detto, da quel dolore espresso e da quello indicibile, che hanno profondamente intriso la relazione e l’amore complesso fra padre e figlio.

Molti dei pensieri di questi ultimi anni, molto dell’affetto che è rimasto nell’aria perché la malattia ci divideva, molto dello scavo dentro di me fatto mentre papà non mi raccontava più e non ricordava più, l’ho messo sulla carta di questo libro”, ha sottolineato l’autore.

“Mio padre è stato per quasi novant’anni un coltivatore della memoria, ma la vita ha voluto che la prima facoltà che ha perso sia stata proprio la memoria. E la pandemia ha contribuito a tenerci divisi e interrompere quel flusso della memoria.
~Stavo proprio parlando di te con Dio~ mi ha detto un giorno in un momento di lucidità”, ha ricordato Emanuele Fiano

Se memoria non si trasmette un modo semplice, ancora più difficile è proseguire l’opera instancabile di testimonianza di un padre sopravvissuto alla Shoah. Ma “la memoria non è solo il 27 gennaio: da mio padre ho ricevuto il dono di utilizzarla come ragionamento”. Il ‘come fare memoria’ è uno dei “temi più più affrontati da Elie Wiesel – ha a proposito spiegato Maurizio Molinari -; la sua risposta era sempre la stessa: la memoria si trasmette come nella hagadà che si legge al Seder di Pesach quando si ricorda l’uscita dall’Egitto, quando ogni ebreo si deve sentire come se lui stesso fosse uscito dall’Egitto, raccontandola come se fosse la sua storia”. “La chiave è quindi lo studio, la conoscenza, la responsabilità collettiva

“Il grande pregio del libro di Emanuele Fiano è di avvicinare e di introdurre il lettore a un altro tema gigantesco – ha aggiunto Molinari -: quello dei figli della Shoah, cresciuti in un mondo famigliare creato dalla memoria della Shoah, che spiega perché il male fatto da Hitler continui fino a oggi. Fatti quotidiani che spiegano quanta violenza ha portato Hitler dentro l’umanità e quanta ne porta ancora”.

“Che regalo grande ho ricevuto dai miei genitori di avere sempre voglia di scavare e raccontare, perché la vita e il racconto anche dopo i dolori più grandi non si fermano mai”. Lo scrive il deputato Emanuele Fiano annunciando la presentazione del suo libro Il profumo di mio padre, edito da Edizioni Piemme, svoltasi in diretta su Facebook lunedì 18 gennaio 2021

L’evento è stato promosso dall’Associazione Figli della Shoah in collaborazione con il Memoriale della Shoah, con il patrocinio dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Insieme all’autore hanno partecipato i giornalisti Maurizio Molinari, direttore del quotidiano la Repubblica, e Pierluigi Battista, editorialista del Corriere della Sera, seguiti da un video inviato da Liliana Segre. La diretta è stata introdotta e coordinata da Susy Barki dell’Associazione Figli della Shoah.

Emanuele Fiano e la storia di suo padre Nedo

Lo scrittore Nedo Fiano, nato a Firenze il 22 aprile 1925, è stato un superstite dell’Olocausto.
Deportato ad Auschwitz il 16 maggio del 1944 assieme alla sua famiglia (11 persone in tutto), fu l’unico superstite. Fu liberato a Buchenwald, dove le SS in fuga lo avevano trasferito alla fine della guerra.
“Ciò che ha connotato tutta la mia vita è stata la mia deportazione nei campi di sterminio nazisti. Con me ad Auschwitz finì tutta la mia famiglia, vennero sterminati tutti.
A diciotto anni sono rimasto orfano e quest’esperienza così devastante ha fatto di me un uomo diverso, un testimone per tutta la vita”, ha raccontato in una testimonianza all’Atis.

Nedo Fiano, papà di Emanuele Fiano/ “Auschwitz? Ho la responsabilità del ricordo…”

Pubblicazione: 20.01.2021 Ultimo aggiornamento: 15:25 – Elisa Porcelluzzi
Lo scrittore Nedo Fiano è stato un superstite dell’Olocausto. Il figlio Emanuele Fiano, deputato del PD, ha scritto un libro sul padre.

Emanuele Fiano, ospite di Serena Bortone a Oggi è un altro giorno, racconta di suo padre Nedo, di Auschwitz e delle conseguenze di un percorso drammatico come quello che suo padre, così come milioni di persone, hanno vissuto. Come ha affrontato Emanuele tutto questo? In diretta su Rai 1 racconta: “Mi ha aiutato la psicanalisi a capire che non dovevo vivere la frustrazione di restituirgli la madre e il padre morto sul campo. Invece io ho capito che avevo la responsabilità del ricordo che non è la retorica della memoria ma la necessità di scavare…” È proprio per questa necessità che ha deciso di scrivere un libro in cui ricorda sì cosa ha significato per il mondo l’Olocausto, ma in primis cos’ha significato per suo padre. (Aggiornamento di Anna Montesano)
Emanuele Fiano ospite a Oggi è un altro giorno

Emanuele Fiano racconta non senza difficoltà e qualche lacrima di suo padre Nedo e dell’orrore visto ad Auschwitz. “Mio nonno era fascista, era stato militare durante la Guerra Mondiale, era stato prigioniero nelle trincee e tornando aveva abbracciato il fascismo. Mia nonna, invece, era fortemente anti-fascista con simpatie socialiste. Quindi mio padre è cresciuto tra le urla di due fazioni totalmente contrapposte.” ha esordito lo scrittore, per poi ricordare il momento in cui suo padre ha affrontato con lui per la prima volta l’argomento: “Ero bambino quando ha iniziato a raccontarmi di quanto ha vissuto, ma prima di ascoltare lui io avevo visto. Mio padre aveva foderato le pareti con immagini di cose spaventose, indicibili…”


Emanuele Fiano: “Vi racconto mio padre”

17 GENNAIO 2021
Il parlamentare del Pd parla del papà Nedo, sopravvissuto ad Auschwitz e scomparso un mese fa. E spiega come si metabolizza un’eredità unica

“Noi figli dei sopravvissuti alle camere a gas di Birkenau non siamo normali. E non lo saremo mai. Noi dai nostri padri non abbiamo ascoltato solo parole tenere, ma il silenzio impastato di lacrime e urla”. Di cosa sia questa “non normalità”, del lento e doloroso processo di metabolizzazione di un’eredità unica, offre una bellissima testimonianza Emanuele Fiano, architetto, parlamentare del Pd e figlio di Nedo, scomparso un mese fa a 95 anni.

Morta Rina Lattes, madre di Emanuele Fiano

09 febbraio 2021 | 10.46
Meno di un mese fa l’addio al padre Nedo, uno degli ultimi testimoni della Shoah. Il post del deputato su Facebook

“La mamma non c’è più. Ha smesso di soffrire su questa terra”. Così l’onorevole Emanuele Fiano, deputato del Pd, annuncia su Facebook la scomparsa della madre Rina Lattes. Meno di un mese fa l’addio al padre Nedo, uno degli ultimi testimoni della Shoah.

“Ha lottato con le sue piccole forze contro il Covid per giorni. Ha resistito, combattente qual’era, e poi ha raggiunto il suo amore di una vita, papà. Proprio ieri – scrive Fiano su Facebook – un gentile giornalista della Rai mi ha fatto vedere delle immagini gioiose di loro due in una intervista televisiva. Papà canuto e sorridente con quel sorriso aperto con occhi screziati da una freccia di amarezza per il racconto che aveva appena fatto, e la mamma orgogliosa e che emanava gioia di vivere ricordando quando si era innamorata di papà, quel lontanissimo Settembre del 1945, vedendolo magro e solo, ma bellissimo diceva. Una vita insieme, una morte quasi insieme. Non poteva essere più giusto”, sottolinea.

“Ora soli, non più figli, ma mariti e padri. Ora soli ad interrogarci per sempre sulla vita, il suo messaggio continuo, la forza dell’attaccamento alla vita che ci avete trasmesso, l’etica di una vita retta che ci avete tramandato, la scelta di dare battaglia sempre. Mai indifferenti, proni o schiavi. Ma liberi. Nella mente, nel cuore, adesso anche nel corpo. Libera come sei stata tu mamma, fiera sempre di avere un’opinione, comunque”, scrive ancora il deputato.

“Così adesso finisce per me quel ‘900, mamma, che mi avete raccontato e che avete attraversato. Di dolore e di gioia. E di forza. Accipicchia, avresti detto, sorridendo felice. Possa sempre essere il tuo ricordo di benedizione, abbraccia papà con la gioia del vostro amore”, l’addio.

Nedo Fiano (Firenze, 22 aprile 1925 – Milano, 19 dicembre 2020) è stato un imprenditore, attivista e scrittore italiano di religione ebraica, superstite dell’Olocausto, sopravvissuto nel campo di concentramento di Auschwitz. Fu uno dei più attivi testimoni contemporanei dell’esperienza dell’Olocausto in Italia.
Morto a Milano Nedo Fiano, fu uno degli ultimi sopravvissuti ad Auschwitz
Era padre del deputato Emanuele

morto nelle scorse a Milano Nedo Fiano, papà del deputato Emanuele e uno degli ultimi sopravvissuti di Auschwitz. Aveva 95 anni. “Mi piange il cuore – commenta la presidente della comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello -. Ha avuto la forza di raccontare l’orrore a intere generazioni. Un esempio di vita per tutti noi. Un abbraccio a Emanuele Fiano e alla famiglia dalla comunità ebraica di Roma”

Imprenditore, scrittore e divulgatore, Fiano fu anche consulente di Roberto Benigni per “La Vita è bella”. Il 6 febbraio 1944, all’età di 18 anni, la polizia fascista lo arrestò mentre passeggiava in via Cavour a Firenze e lo rinchiuse nel carcere della città per il suo essere ebreo. Successivamente venne trasferito al campo di transito di Fossoli, insieme con altri undici membri della sua famiglia. «Ciò che ha connotato tutta la mia vita è stata la mia deportazione nei campi di sterminio nazisti. Con me ad Auschwitz finì tutta la mia famiglia, vennero sterminati tutti. A diciotto anni sono rimasto orfano e quest’esperienza così devastante ha fatto di me un uomo diverso, un testimone per tutta la vita», disse.

Il 16 maggio 1944 fu deportato, insieme con tutti i suoi familiari arrestati, presso il campo di concentramento di Auschwitz.

Il viaggio durò sette giorni e sette notti all’interno di un vagone usato per il trasporto di bestiame, senza sapere cosa stesse succedendo e il perché. Alle sei del mattino dell’ottavo giorno il treno si fermò e le persone all’interno del vagone caddero una sopra l’altra. All’entrata del campo, Fiano intravide, immerse nel buio, solo quattro ciminiere riconducibili alla presenza di un complesso industriale.

Ad Auschwitz arrivò il 23 maggio. La sua matricola di prigioniero era A5405.

L’11 aprile 1945 fu liberato dalle forze alleate nel campo di concentramento di Buchenwald, dove era stato trasferito dai nazisti in fuga, unico superstite della sua famiglia.

La mattina seguente al suo rientro a Firenze, decise di ritornare nella sua vecchia casa per vedere cosa era rimasto dopo la sua deportazione, ritrovando però solo macerie. In condizioni di grave indigenza, fu aiutato dai cugini, unici familiari rimasti in vita perché non deportati. In seguito, riprese gli studi con l’obiettivo di diventare perito tessile per avere un diploma che gli permettesse un accesso al mondo del lavoro.

Le reazioni

“Da oggi il mondo è più povero”, il commento del presidente della Regione Lazio e segretario del Pd, Nicola Zingaretti.

“Non avrò mai io la forza che ebbe lui e che lo fece risalire dall’abisso, ma da lui ho imparato che per le battaglie di vita e contro ogni odio bisogna combattere sempre. Questo ci ha insegnato la memoria che lui ha contribuito a diffondere. Sia lieve a papà la terra che lo accoglie e sempre su di noi la sua mano ci protegga”, ricorda il figlio Emanuele.

“Per due anni – assieme alla Comunità Ebraica di Firenze – organizzammo i voli della memoria. Una delle più toccanti esperienze della mia vita politica. La sua voce in albergo la sera prima della visita ai lager, la sua emozione nei luoghi della prigionia, la sua forza d’animo nell’incitare alla fine i ragazzi a vivere la propria vita da protagonisti: non dimenticherò mai i tanti istanti che adesso mi tornano in testa. Quanta bellezza in quell’uomo che trasmetteva alle nuove generazioni il testimone della memoria”, commenta il leader di Italia Viva Matteo Renzi.


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