Un’auto si ferma. Un artista ne esce di fretta, esita per qualche metro e arriva ad un muro dove un numero considerevole di manifesti sono stati messi una sopra l’altro, costituendo uno strato compatto sul muro. Velocemente li stacca, li guarda per un secondo, li arrotola, li mette nel bagagliaio della macchina e se ne va. Questo piccolo, quasi irrilevante evento non deve essere interpretato come un’azione o una performance dell’artista Santiago Aldabalde. È, comunque, una storia di un incontro con del materiale indubbiamente prezioso che sarà la base principale del suo lavoro artistico; è, infine, una fondamentale scoperta per la genesi di questa nuova serie di opere, genericamente chiamate Via Pubblica.
L’uso dei poster presi dalla strada e presentati con o senza modifiche come un’opera d’arte procedura genericamente chiamata decollage era una pratica comune dalla metà degli anni 50, ma sono stati registrati antecedenti, dalla fine degli anni ’40, di un gruppo di artisti europei residenti a Parigi, tra cui, tra gli altri, Jacques Villeglé, Raymond Hains, François Dufrene, Mimmo Rotella e Wolf Vostells. Queste pratiche e opere sono lontane dagli interessi e dalle forme così gestite da Aldabalde negli ultimi mesi. Forse si potrebbe fare un qualche accostamento con l’artista Jean Charles Blais, a lui temporalmente più vicino; entrambi utilizzano po-ster strappati e li dipingono su uno dei lati, ma la grande differenza tra i due sta nel fatto che le opere prodotte da questo artista francese negli anni ’80 e parte degli anni ’90 erano opere figurative caratterizzate da una narrazione ermetica ed erudita. Due sono le fonti fondamentali per individuare alcuni antecedenti che permettano di stabilire un riferimento o un’affinità importante per l’artista al momento della genesi di queste opere. Il primo è l’interesse e la seduzione che Aldabalde prova per il lavoro degli artisti informali che hanno delineato il panorama artistico uruguaiano tra la fine degli anni Cinquanta e la metà del decennio successivo, come Hilda López, JorgePáezVi-laró, Juan Ventayol, Raúl Pavlotzky e Heber Rolandi, tra tanti altri.
L’altro elemento importante è che Aldabalde è stato allievo di Nelson Ramos , artista fondamentale per il tessuto culturale uruguaiano , egli ha usato per circa due decenni quasi esclusivamente due materiali principali: la carta e il legno. Possiamo intendere il lavoro di Aldebalde come una evoluzione di quell’eredità; egli interviene sulla superficie dell’opera come in uno spazio o nella geografia di tutte le possibili esperienze creative, e allo stesso tempo tende al significato simbolico e contestuale sia dei materiali che del dell’immagine prodotta. In questo senso, l’interesse dell’artista per questo materiale il manifesto strappato alla pubblica via è legato alla possibilità di lavorare con un elemento estremamente ricco di consistenze e, allo stesso tempo, ambiguo rispetto alla propria matericità. Per evidenziare questo aspetto l’artista non usa il lato stampato dei manifesti, ma quello posteriore che era incollato al muro. Come sappiamo, gli artisti informali erano particolarmente interessati alle texture di materiali diversi, specialmente del legno.
Egli vuole comunque evidenziare in questo elemento il fatto che si tratta di un poster che serve a veicolare informazioni pubblicitarie in un contesto urbano, così nella ricca texture a metà tra carta e legno della superficie dell’opera, l’artista articola un gioco permanente di tensioni tra elementi tratti dai manifesti stessi: parole, elementi da lui stesso dipinti come figure, forme geometriche e campi di colore lavorati a smalto.
La superficie ruvida e voluttuosa di questi lavori , cattura la nostra attenzione e ci costringe a viaggiare, a scrutare più e più volte questa ricca geografia di colori e trame. Ciò che l’artista articola nelle sue composizioni, in cui il rapporto dialettico tra l’effimero e il concreto, tra figure geometriche e spazio, tra una trama e un simbolo sono in tensione permanente, è la costruzione di una corteccia di realtà urbana. Insomma, la rappresentazione delle complesse trame che circondano la nostra realtà urbana impersonale e sensuale, brutale ed effimera. Santiago Aldabalde è nato a Montevideo, Uruguay il 29 novembre 1973. I suoi inizi come pittore autodidatta gli hanno permesso di generare opere, libere dagli effetti della formazione accademica, nonché dalle convenzioni formali dell’arte, sviluppando una tecnica molto personale e un linguaggio astratto pieno di forza gestuale ed espressività. Frequenta la bottega del maestro Nelson Ramos dove trova l’ambiente ideale per lo sviluppo di nuove tecniche che vengono incorporate nel suo lavoro, avviando un’attività di ricerca sistematica all’interno dell’arte astratta informale. Ha tenuto mostre personali e collettive in Uruguay e all’estero. Il suo lavoro è in collezioni in Uruguay, Argentina, Stati Uniti, Canada, Francia, Cina e in mostre permanenti in gallerie in Uruguay e Argentina.