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L’EX PROCURATORE CAPO CAPRISTO RISPONDE AL GIP E NEGA IL «SISTEMA»

Nell’interrogatorio di garanzia fornisce la sua versione sul tenore degli incontri con l’avvocato Amara sull’Ilva

L’Interrogatorio in Tribunale a Potenza per Carlo Maria Capristo, accompagnato dai suoi legali Filiberto Palumbo e Angela Pignatari dei Fori di Bari e Potenza.

Un interrogatorio durato poco meno di un’ora in cui l’ex Procuratore di Trani e Taranto avrebbe spiegato, anche mediante spontanee dichiarazioni, le sue motivazioni relativamente ad alcuni dei reati contestati. Capristo è finito in un’inchiesta della Procura di Potenza sull’ex Ilva di Taranto e sull’ipotesi di processi aggiustati sia in quel Tribunale che a Trani.

Nei confronti dell’ex magistrato che ha lasciato il servizio dopo l’indagine dello scorso anno in cui venne arrestato e che non gode di ottima salute è stato emesso un ordine di dimora a Bari con accuse di tentata concussione, falso in atto pubblico e truffa aggravata. Nell’intreccio di quello che potrebbe esser considerato il “Sistema”, Capristo avrebbe con la complicità  di un altro magistrato, aggiustato processi attraverso false testimonianze, calunnie, falsi ideologici e corruzione. Nella deposizione, così come riferito alla stampa dai suoi legali, Capristo avrebbe reso dichiarazioni sui punti ritenuti fondamentali, escludendo di aver mai commesso nulla dei reati oggetto di contestazione. In ogni caso non sarebbe entrato nel merito e per questo non ha reso l’interrogatorio, anche perchè ad oggi alla difesa non sono ancora noti gli atti, ampiamente specifici nel merito.

L’indagato ha fornito chiarimenti fondamentali che escludono come possa esserci alla radice un’ipotesi contestativa soprattutto in riferimento alle nomine a Procuratore.

Pochi dunque gli elementi su cui avrebbe reso dichiarazioni, ma molto chiari ed utili ai fini giuridici e che serviranno a dare luce a questa indagine. Per gli avvocati Pignatari e Palumbo, sono ancora molti gli interrogativi e i fatti su cui lo stesso indagato dovrebbe ancora rispondere, cosa che verrà fatta dopo un’accurata riesamina degli atti oggetto di indagine.

Il cosiddetto “Sistema Capristo”, fatto di aggiustamenti di processi e di nomine indirizzate, sarebbe per la difesa solo un castello di sabbia: Capristo avrebbe incentrato la sua vita di giudice, di Procuratore e Pm sempre nel rispetto delle regole, raggiungendo solo per merito i risultati carrieristici. Inoltre ci tengono a specificarlo gli avvocati al loro assistito vengono contestati legami con l’Ilva, il mostro tarantino che avrebbe mietuto vittime a causa dell’inquinamento derivante da scarti di lavorazione e fumi tossici. In tal caso, Capristo, qualora abbia commesso degli errori, lo avrebbe fatto solo nell’interesse della città di Taranto: ha tentato di fare un patteggiamento utile per la città che sarebbe servito per risolvere i problemi ambientali di Taranto.

Nel patteggiamento, infatti, c’era il rientro di grandi capitali che i precedenti proprietari, i Riva, aveva spostato in un paradiso fiscale. Tali soldi sarebbero dovuti rientrare e sarebbero stati utilizzati per il risanamento ambientale. Secondo i magistrati potentini invece, Capristo diventato nel frattempo Procuratore a Taranto, avrebbe avuto un atteggiamento di apertura nei confronti dell’Ilva e delle esigenze dell’acciaieria. Quanto ai rapporti con la “gola profonda” Piero Amara, l’ex Procuratore avrebbe negato ogni coinvolgimento ed ogni trama deviata ma avrebbe specificato che lo avrebbe incontrato solo in un paio di occasioni sempre per questioni relative all’Ilva. L’uomo Capristo appare umanamente turbato: si è recato in tribunale, abito blu e occhiali da sole, sostenuto dalla stampella e con l’immancabile sigaretta in bocca.

Ma, se riesce a smontare le accuse, ha tutte le carte in regola per andare avanti. Con lui nell’inchiesta, anche l’avvocato di Trani Giacomo Ragno e Nicola Nicoletti socio della PWC e consulente esterno della struttura commissariale dell’Ilva che sono finiti agli arresti domiciliari. Il colpo grosso invece i magistrati lo avrebbero fatto arrestando il poliziotto Filippo Paradiso e l’avvocato ragusano Piero Amara che era anche consulente dell’Eni e dell’ex Ilva.

Nel corso dell’indagine è stato sequestrato denaro all’Avvocato Ragno per un valore pari a 278mila euro che a detta della difesa sarebbero proventi delle parcelle pagate dall’Ilva al professionista, pur già in amministrazione straordinaria.

Per gli inquirenti, invece, sarebbero frutto e prova dei vari episodi contestati di corruzione in atti giudiziari e di concussione.

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