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IL RISCATTO DEI PAESANI GRAZIE A FRANCO ARMINIO

Lettere lucane

Sono contento che la prima presentazione pubblica del nuovo libro di Franco Arminio, “Lettera a chi non c’era” (Bompiani), sia avvenuta in Basilicata, ad Avigliano. Come molti sapranno, Arminio è anche un po’ lucano, perché da molti anni racconta i nostri paesi e perché ha ideato il fortunato festival “La luna e i calanchi” di Aliano. Sinceramente non ho mai capito un certo astio nei suoi confronti, sopratutto da parte degli altri scrittori, perché Arminio ha portato un punto di vista fraterno e caloroso su realtà minime che erano state marginalizzate dalla frenesia di modernizzare e di accelerare l’urbanizzazione dell’Italia. Grazie a Franco i paesi sono diventati luoghi intensi e sacri, anche quando sono evidentemente desolati e sfiniti. Sarà che non ho mai amato il successo e l’eccessiva attenzione intorno alla mia persona – lo vivrei come un incubo, solitario e burbero come sono – ma io sono felice che migliaia di lettori lo seguano con ammirazione. È un bel segnale, sopratutto per noi paesani delle “aree interne”. Conosco Franco da quasi vent’anni, e ho letto con ammirazione i suoi libri quando a seguirlo erano in pochi, sopratutto gli addetti ai lavori, che ora lo accusano di essersi innamorato troppo del successo. Ricordo che una volta rimasi a dormire a Bisaccia, il suo paese. Dormii in una sua seconda casa ricostruita dopo il terremoto. A un certo punto mi disse: “In queste scatole ci sono mie poesie inedite. Leggile se vuoi”. Quando rimasi solo le aprii, e vidi che contenevano migliaia di poesie. Pensai con commozione alla solitudine di quell’uomo, e alle nottate che aveva passato a scrivere disperatamente, senza che quasi nessuno si accorgesse delle sue parole. Oggi che Franco è abbracciato da migliaia di persone in tutta Italia io sorrido felice, perché so quanta solitudine e quanto silenzio ha patito quando non era ancora conosciuto.

diconsoli@lecronache.info

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