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Da Gerusalemme il grido di padre Faltas: la Terra Santa brucia

Ma se si risolve la questione di Gerusalemme, si risolvono tutte le altre, compresa quella delle condizioni di vita dei palestinesi

PAPA FRANCESCO: NON SI VUOLE COSTRUIRE IL FUTURO MA DISTRUGGERLO 

Da Gerusalemme il grido di padre Faltas: la Terra Santa brucia
Lanci ininterrotti di razzi, su Gaza come su Israele, e un bilancio di decine di morti, tra i quali molti bambini. È la cronaca del sesto giorno di attacchi israeliani sulla Striscia, mentre in Israele è arrivato l’inviato degli Stati Uniti.
Fermate questo inferno, è l’accorato grido di padre Ibrahim Faltas

Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano

Il premier israeliano Netanyahu lo aveva promesso quattro giorni fa: gli attacchi su Gaza andranno avanti e verranno intensificati.

A sei giorni dall’inizio dei raid, il bilancio delle vittime tra i  palestinesi, secondo le cifre di Hamas, è di  139 morti, tra cui 39 bambini, e oltre mille feriti.
A fornire numeri anche la parte israeliana, che parla del lancio di oltre 2.300 razzi palestinesi, mille dei quali intercettati.


Ad essere stato colpito dall’artiglieria palestinese, nella mattinata di oggi, è stato un edificio a Ramat Gan, sobborgo di Tel Aviv, dove si è registrato un morto, poco dopo, a Gaza, veniva attaccato il grattacielo di al-Jala, sede di Al-Jazeera e di altri media internazionali, tra cui Associated Press.


Nella notte i raid israeliani si sono invece concentrati su di un appartamento situato nel campo profughi di Al-Shaty, nel nord della Striscia, secondo l’aviazione israeliana per neutralizzare elementi di spicco di Hamas, mentre da parte palestinese si è riferito di almeno 10 civili uccisi, tutti della stessa famiglia, e tra loro otto bambini.


A Tel Aviv è intanto arrivato Hady Amr, l’inviato del presidente Usa John Biden, mentre domani si terrà il Consiglio di sicurezza dell’Onu.


“Vi prego fermate questo inferno”, è l’appello che lancia da Gerusalemme, padre Ibrahim Faltas, Discreto della Custodia di Terra Santa:

Ascolta l’intervista con padre Ibrahim Faltas

R. – Io ho vissuto tutta la seconda intifada a Betlemme, tutto il mondo vide come fu dura, ma fu niente rispetto a quello che stiamo vedendo adesso, a quello che sta vivendo la Terra Santa, e stiamo parlando di tutta la Terra Santa, stiamo parlando di Israele e della Palestina. Non parliamo solo di Betlemme o di Gaza o di Ramallah, ma di tutta la Terra Santa, stiamo parlando anche di Nazareth, di Haifa, di Ramle, di Cana di Galilea, in questo momento non c’è una città tranquilla e calma in tutta la Terra Santa, ci sono scontri dappertutto, c’è una violenza cieca, una violenza piena di rabbia tra le persone, una violenza mai vista. E non c’è un interlocutore. Il problema è molto grave e non penso che si riesca davvero a capire cosa sta succedendo veramente qua. È scoppiata una violenza cieca, una guerra civile: auto bruciate, incendi alle abitazioni, alle sinagoghe, ai luoghi di culto, lancio di sassi sulle auto, su tutto quello che passa, tantissimi morti e feriti gravi, una guerra tra coloni ebrei e arabi israeliani delle città israeliane e lo stesso avviene nelle zone occupate della Cisgiordania, la strada è diventata un teatro di una guerra a colpi di bastoni, di sassi, stiamo parlando di quasi 200 focolai di guerra. C’è guerra dappertutto.

Tutta questa violenza è rimasta sotto la cenere e covata per anni, è bastato un solo motivo per accenderla …

R. – È scoppiato tutto adesso, ma il problema c’è dal ‘67, è quello di non aver trovato una soluzione per Gerusalemme, che è il cuore del conflitto. Credetemi, se trovano una soluzione per Gerusalemme avremo la pace. Avete visto le manifestazioni in Libano, in Giordania, adesso anche in Egitto? Quando si tocca Gerusalemme si tocca un nervo scoperto, è nel cuore di tutti, è arrivato il momento di trovare una soluzione per Gerusalemme, altrimenti continueremo così ancora per cento anni! Il problema è che non stiamo parlando di una guerra tra Israele e Hamas, dove le parti possono decidere di cessare il fuoco e trovare un accordo, qui siamo di fronte ad una popolazione inferocita da entrambe le parti, che sta cercando di farsi giustizia da sola e dove non c’è alcun interlocutore. Ciò che sta accadendo, in questo momento, non era mai successo dal ’48, ed è quello che voglio fare capire al mondo.

Anche se si risolve la questione dello status di Gerusalemme, si deve comunque affrontare il problema delle condizioni di vita dei palestinesi …

R. – Ripeto, se non si risolve il problema di Gerusalemme, non si possono risolvere tutti gli altri.
A Camp David, Barak e Arafat (vertice di pace negli Usa, a  Camp David, nel luglio del 2000, tra il premier israeliano Ehud Barak e il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Yasser Arafat, sotto gli auspici del presidente statunitense Clinton ndr)  si sono messi d’accordo su tutti i problemi poi, quando hanno parlato di Gerusalemme, è scoppiata la seconda intifada!
Ed io ero presente.

Perché a Camp David hanno lasciato il problema di Gerusalemme alla fine.

Rimandano sempre questo problema.
Ma se si risolve la questione di Gerusalemme, si risolvono tutte le altre, compresa quella delle condizioni di vita dei palestinesi.  

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