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RICORDO DEL “MALE OSCURO” DI GIOVANNINO RUSSO

Lettere lucane

Per me pranzare a casa di Giovannino Russo – probabilmente il giornalista lucano più importante del ‘900 – era sempre un onore. Non appena ci sedevamo a tavola la cosa che pensavo era sempre la stessa: che fortuna poter pranzare con l’autore di “Baroni e contadini”. Quel libro fondamentale, pubblicato da Laterza nel 1955, aveva raccontato straordinariamente lo strapotere e lo sgretolamento postbellico delle rendite secolari delle grandi famiglie agrarie. La casa di Giovannino era piena di libri, di quadri, di giornali; la tavola dove pranzavamo, invece, era lussuosa, ma di un lussuoso decaduto – diciamo da borghesia degli anni ‘40. Di Giovannino potrei raccontare tante cose – di quella volta che presentammo “Israele in bianco e nero” con Andreotti; dei suoi aneddoti raccontati con mondana civetteria al Ninfeo di Valle Giulia, dov’era uno dei sacerdoti del premio Strega; di quella volta che mi portò in giro per il centro di Roma nella sua Fiat 500, facendomi pentire, per come guidava distrattamente, di aver accettato. Da dove iniziare? Era stato amico dei giganti del secondo Novecento, Giovannino: da Pannunzio a Spadolini, da Flaiano a Levi; e aveva firmato migliaia tra corrispondenze, interviste, recensioni, reportage, inchieste ed editoriali. Era ambizioso ma anche indifeso, un po’ elitista ma profondamente umano e sensibile, mondano ma sempre fedele alle origini lucane. Di cui conservava il tratto principale, ovvero una malinconia tendente alla depressione. Del “male oscuro” parlavamo spesso – ne soffrivamo entrambi. Una volta mi fece questa confidenza, che rivelo per la prima volta: “Mi chiamarono dalla direzione della Rai e mi offrirono la direzione del Gr2. Era un periodo nero, stavo male, riuscivo a malapena ad alzarmi dal letto. Rifiutai. Fu un clamoroso errore, lo so. Ma la depressione mi aveva ridotto come uno straccio”.

diconsoli@lecronache.info

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