LA SPERANZA DELLA RESURREZIONE DEI CORPI
lettere lucane
In questi giorni di pasqua il mio pensiero vai ai tanti morti familiari che vorrei tornassero in vita. Ovviamente sarebbe bellissimo se tutti i morti del mondo resuscitassero – coi corpi, su questa terra, in questo tempo –, ma non tutti i morti sono uguali per noi umani: più feroce è il dolore per chi ci è stato a fianco, per chi abbiamo conosciuto, abbracciato, ascoltato, visto con gli occhi vivi, e poi è svanito. Ogni volta che torno a Rotonda vado a fare visita ai morti al cimitero. Ci sono parenti, amici, persone che ho conosciuto. E provo sempre una grande nostalgia, anche per persone con le quali parlavo poco, che salutavo appena, ma che c’erano, erano lì davanti a me, se gli stringevi la mano era calda di sangue. Ho letto decine di libri di filosofia e sempre sono rimasto freddo di fronte ad argomenti come l’eternità dell’anima. Sono limitato, è evidente – non saprei che farmene dell’anima dei tanti che vorrei tornassero in vita. Al contrario, vorrei vederli seduti ai tavolini di un bar, a lavorare i campi o alla guida di un camion. Io credo che la resurrezione dei morti sia la più grande speranza partorita dal genere umano. E questa speranza testimonia anche il fatto che se si spera così tanto nella resurrezione dei corpi – in un tempo preciso, tra la concretezza delle cose del mondo, in questo misero congegno di carne – questo significa che la vita è bellissima, e che nulla è più prezioso di essere vivi, di mangiare, amare, camminare, dormire su questa terra. In questi giorni di pasqua io penso a tutti noi che viviamo in questo struggimento di non poter più rivedere gli amati morti. Non so se abbracceremo mai più chi è andato via nel più estremo dei silenzi; ma so che se chiudiamo gli occhi e lo vogliamo per davvero i morti tornano in vita dentro di noi, e ne sentiamo la voce, le mani calde, la gioia di riabbracciarci piangendo nell’aldilà del nostro petto.