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“QUALE FUTURO PER FIAT? L’ITALIA A RISCHIO”

Chiesta chiarezza da sindaci e associazioni sui nuovi assetti dello stabilimento


C’era una volta la Fiat, orgoglio piemontese che ha segnato la storia produttiva italiana. Oggi quella storia rischia di sgretolarsi per mano francese poiché la fusione tra Fca Fiat Chrysler e Peugeot si è di fatto trasformata in vendita al colosso francese da cui nasce il nuovo marchio Stellantis. La multinazionale olandese che produce autoveicoli con 14 marchi e investe in 29 paesi, Italia compresa. L’automotive italiano è stato al centro di un incontro voluto dal Sen. Adolfo Urso a cui hanno partecipato tra gli altri anche i sindacati lucani con Tortorelli e Summa, Confindustria e Camera di commercio Basilicata e gli appartenenti politici al gruppo fratelli d’Italia.

Quella che doveva dunque essere una fusione paritetica è invece una vendita, uno sgretolamento del sistema automotive italiano, con cessione di quote azionarie, mancanza di presenza sindacale e soprattutto mancanza di presenza dello Stato italiano in quello che è il consiglio di amministrazione del nuovo sistema industriale. Un rapporto impari con l’Italia che ha un palese vulnus dettato dall’assenza dello Stato e che rappresenta un punto di non ritorno.

Preoccupazione per i nuovi assetti industriali soprattutto a Melfi: lo stabilimento lucano rischia una involuzione pericolosa facendo presagire non un aumento a tre linee produttive come si era immaginato fino allo scorso mese, ma addirittura una riduzione ad una sola linea che porterebbe a dimezzare l’impatto produttivo.

È vero che l’industria auto sta cambiando profondamente con l’immissione di auto elettriche, ma il settore italiano potrebbe salvarsi con una nuova visione europea che guardi ad una concreta politica industriale fatta di ricerca, innovazione e ipotesi di produttività anche di quelli che sono i motori del futuro, quelli ibridi con utilizzo di idrogeno e risorse energetiche presenti in Basilicata e che potrebbero rilanciare l’intero settore.

L’Italia è settima potenziale mondiale economica ma oggi è in forte svendita totale. Ruolo strategico deve essere giocato dallo Stato italiano che deve imparare il mestiere azionista stabile usando un soggetto giuridico come cassa depositi e prestiti che persegue un profitto pubblicistico e che potrebbe consentire all’Italia di contare di più nell’assett societario, oggi diviso invece solo tra Francia, America e Germania.

Dall’associazione industriale europea dell’automotive un monito che lascia però poche certezze: il settore deve diventare strategico e innovativo sui brevetti tanto che per resistere l’italia (che produce solo il 10% di auto) deve cambiare strategia di approccio e di proposte industriali. Uno dei gap dell’industria italiana è ad esempio la mancata produzione dei pacchi batteria che rappresentano l’investimento futuro. Un’idea di sopravvivenza del settore italiano potrebbe invece essere dato da una serie di incentivi per svecchiare il parco auto circolante indirizzando verso produzioni endotermiche euro 6 e non solo verso l’elettrico che non è in grado di esser sostenuto dall’Italia.

Viene alla mente ciò che rispose Gianni Agnelli alla richiesta della Ford di acquisire Fiat: Siamo un esercito nazionale, non possiamo diventare legione straniera. Che lo Stato italiano ricordi queste parole e si impegni per salvaguardare uno dei settori più importanti del panorama economico nazionale.

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