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UNA SOCIETÀ OSSESSIONATA DAL DISCORSO SANITARIO

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La diffusione del coronavirus Covid-19 ha portato all’esasperazione una tendenza culturale che era già forte – vale per la Basilicata, per l’Italia, per l’Occidente e per un pezzo di mondo avanzato. È la tendenza delle persone a parlare costantemente e con sempre maggiori attese e pretese di salute. Tutti gli altri discorsi – dal lavoro all’amore, dalla cultura alla religione – sono ormai ancillari rispetto al discorso sanitario. Dico sempre che le chiese sono state sostituite dagli ospedali, mentre i sacerdoti sono stati soppiantati dai medici. Ogni giorno leggo i giornali della Basilicata, e ogni giorno registro la centralità del discorso sanitario nella società lucana. Aggiungo che non solo le risorse finanziarie per la Sanità sono aumentate moltissimo negli ultimi vent’anni, ma ormai assorbono quasi l’80% dell’intero budget regionale. Tant’è vero che questo regionalismo può essere definito senza problemi regionalismo sanitario. I politici ovviamente sentono il dovere di rassicurare sempre di più i cittadini sul dramma della malattia, che Susan Sontag definì “il lato notturno della vita”, e tuttavia c’è un problema, perché se la salute diventa un’ossessione di massa, la vita, paradossalmente, si spegne, e perde di senso – è vero sì che tante malattie si possono curare e guarire, ma la verità è che l’essenza del corpo è nel rischio e nella caducità. Avere risposte cliniche sempre più rassicuranti è soltanto un’illusione; eppure quest’illusione, alimentata da politiche sempre più pervasive da un punto di vista sanitario, rischia di creare una sorta di dittatura sanitaria. Questo è un grande pericolo per la nostra vita, perché a furia di pensare alla manutenzione del corpo si smette di vivere ma, soprattutto, si permette alla politica di affogare il pensiero critico e la forza primordiale della vita in una vile ed egoistica ipocondria di massa.

diconsoli@lecronache.info

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