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SE LA SCUOLA DIVENTA UNA ROGNA

La riflessione

Premessa: chi scrive ha figli liceali completamente autonomi, uno dei quali, quando gli ho detto “quindi tornate a fare lezione il 27marzo”, mi ha corretto: “veramente facciamo lezione tutti i giorni”. Dunque onore e merito a tutti gli insegnanti, uno dei pochi punti saldi di questo anno orribile. Ma la gestione della vita con i figli piccoli non è un problemaanagrafico, per cui, passata l’età del bisogno, è un affare che non ti appartiene più. E’ questione fondante dell’organizzazione civile di una società e condizione imprescindibile di una vera parità di genere. Ha scritto Paolo Giordano su Repubblica: «Perché chi, in maggioranza, rinuncerà di nuovo alle proprie ore di lavoro, all’uso del proprio computer, alla sua sacrosanta attività motoria all’aperto? Non serve un’indagine dell’Istat per rispondere ». Per quante attenuanti si possano concedere al governo di una regione, la Basilicata, alle prese come tutte le altre regioni, con le mille sfumature di rosso, l’approssimazione con la quale è stato liquidato il problema Dad, al passaggio nella fascia arancione, è indicativo di un atteggiamento mentale, culturale, e quindi politico a tutti gli effetti. Il problema non è stato affrontato, semplicemente rinviato, così, con una decisione all’ingrosso, tanto al chilo, senza alcun criterio scientifico (se c’è nessuno ce lo ha spiegato), un fastidio in meno, una rogna in meno. Se ne parla il 27 marzo, ha deciso la giunta del generale, con la grottesca casualità che è un sabato, tra l’altro, e siamo a due giorni prima dell’interruzione pasquale. Serve ricordare che gli asili nido e le elementari nei piccoli paesi lucani non comportano il problema trasporti? Serve ricordare che tutti gli indicatori statistici ci hanno fatto sapere che il virus ha fatto strage del lavoro femminile? Le difficoltà organizzative e la priorità sanitaria non si discutono. Ma qui si ha l’impressione che la bolla del grande caos sia l’alibi giustificativo per arginare la fatica e il coraggio necessari a scelte di responsabilità. Considerare la questione scuola e quindi del tempo delle famiglie e delle donne residuale rispetto alle altre priorità è un fatto culturale gravissimo. E mi sia consentito rivolgermi a molte amiche, più che sul linguaggio di genere, è su questioni come queste che bisogna andare alla guerra. Ora, non dopo Pasqua.

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