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BASILICATA “ZONA ROSSA” , BARDI SMASCHERATO DAL TAR: IL GOV NON HA CHIESTO LA DIFFERENZIATA

Pubblicamente “gridava” la sua contrarietà e invece non ha attivato l’intesa col ministro Speranza per evitare le massime misure restrittive su tutto il territorio

I l Tribunale amministrativo regionale (Tar) ha respinto il ricorso contro la “zona rossa” totale in Basilicata dal 5 marzo al 15, così come decisa nell’ordinanza del Ministro della Salute del 27 febbraio scorso.

BARDI E CALENDA: ANNUNCI SMENTITI DAI FATTI

Più che il colore rosso della zona Covid, a colpire, dopo la sentenza del Tar, è il rosso dell’imbarazzo che devono aver provato il governatore Vito Bardi e il capo Ufficio stampa della Giunta regionale, Massimo Calenda, nell’assistere alla spiegazione dei giudici che hanno svelato ai lucani il “trucco” comunicativo della coppia italo-campana. Nei giorni successivi all’ordinanza del lucano ministro Speranza, il Generale prima si mostrava come caduto dalle nuvole, «un sacrificio inaspettato», circostanza smentita dai fatti in quanto di sua sponte il governatore ha inasprito le misure restrittive con la didattica a distanza “totale” per tutti, ma rilanciava anche gli appelli dei sindaci, e non solo, sulla “zona rossa” differenziata.

Oltre, «zona rossa ingiusta», a concordare col consigliere regionale di Italia viva, Mario Polese, Bardi faceva sue «le giuste sollecitazioni dei sindaci, che vanno esattamente nel solco di mie rimostranze già palesate» per «evidenziare le variabili geografiche e demografiche e per limitare o rafforzare le restrizioni in base ai dati localizzati».

In Basilicata, ma dicono che anche a Napoli sia così, le chiacchiere se le porta via il vento. Un bluff comunicativo come a poker, quello di Bardi e Calenda, ponderato sul calcolato rischio che i fatti non sarebbero mai emersi. Sennonchè, il ricorso al Tar della “class action” di cittadini e avvocati, tutti assistiti da Donatello Genovese. Da annotare anche la vittoria postuma della Lega che con Pepe e Barbuzzi, «se la Regione non ha condiviso l’Ordinanza, la impugni, buoni sì, ma fessi no!», il suo messaggio al governatore lo aveva lanciato in modo chiaro. La “class action” di cittadini e avvocati ha perso al Tar, ma ai punti. Il tempo ha giocato a sfavore, ma c’è un però importante. Il governatore Bardi a parole ha rilanciato l’appello dei sindaci contro la “zona rossa” su tutto il territorio regionale, ma poi al ministro Speranza ha come dato il tacito assenso.

Tecnicamente il ricorso è stato dichiarato in parte improcedibile e in parte infondato. Improcedibile con riguardo alla contestata estensione della didattica a distanza per il cento per cento delle attività scolastiche lucane. L’ordinanza di Bardi impugnata, è scaduta il 5 marzo. Di conseguenza, l’eventuale annullamento di un atto amministrativo scaduto sarebbe «improduttivo di effetti» e non si ritrarrebbe «alcuna concreta utilitas».

IL MINISTRO FA LA “ZONA ROSSA”, MA SENZA L’INTESA COL GOV, NON PUÒ “DIFFERENZIARE”

Diverso il versante, si è costituito in giudizio anche il Ministero della Salute, della “zona rossa” totale. Com’è noto, c’è la possibilità in relazione a specifiche parti del territorio regionale, dell’esenzione dell’applicazione delle misure più restrittive previste da uno scenario caratterizzato da massima gravità e da un livello di rischio alto.

A prevederlo è il Dpcm del 14 gennaio scorso: «In ragione dell’andamento del rischio epidemiologico certificato dalla Cabina di regia, può essere in ogni momento prevista, in relazione a specifiche parti del territorio regionale, l’esenzione dell’applicazione delle misure» più restrittive. In Italia, del resto, non è una novità: esempio lampante l’Abruzzo. Tuttavia, la diversificazione all’interno di una regione “zona rossa”, non può deciderla in autonomia il ministro della Salute. L’atto, connotato da discrezionalità, il ministro lo può assumere sì, ma «“d’intesa” con il Presidente della regione interessata». Si tratta di uno schema procedurale, di natura codecisoria, che è «radicalmente differente rispetto a quello che caratterizza, invece, l’assunzione dell’ordinanza istitutiva della “zona” ». Per cui stando ai dati epidemiologici, il Ministro della Salute «non poteva esimersi» dall’istituire una “zona rossa” per tutto il territorio regionale. Per la diversificazione interna, invece, è mancato l’esperimento, da parte del Presidente della Regione, di «un’apposita istruttoria funzionale al riscontro dei presupposti giustificanti la deroga a livello sub regionale».

Contestato, in pratica, «un potere non esercitato» dal governatore. Ci fosse stato un documento a fondamento di una presunta richiesta da parte di Bardi della “zona rossa” differenziata, in questa circostanza la Regione stessa avrebbe potuto ricorrere alla Giustizia amministrativa, allora i giudici avrebbe avuto il materiale da vagliare decidendo, poi, se il diniego del Ministero fosse stato coerente o irregolare. Ma non essendoci nulla, non si può entrare, in questo caso, nel merito di «un processo non esercitato». Sarebbe, altrimenti, una sorta di processo alle intenzioni. Per il resto, quasi un consiglio dal Tar a chi intendesse impugnare una “zona rossa” totale.

Nel ricorso, è stato elencato un numero elevato e geograficamente disomogeneo di comuni per i quali non trovava giustificazione l’applicazione delle massime misure restrittive. Bisogna fare attenzione alla «“atomizzazione” territoriale», poichè colliderebbe con «la ratio tendenzialmente unitaria che deve ispirare l’azione di contrasto al fenomeno pandemico».

In ogni caso, anche qui, il fattore tempo è stato decisivo: considerato il «residuo orizzonte temporale di vigenza dell’ordinanza impugnata», fino al 15 marzo, per il Tar di Basilicata ogni eventuale questione di costituzionalità della presupposta norma, in riferimento alle presunte violazioni della Costituzione dei principi, tra gli altri, di proporzionalità e ragionevolezza, sarebbe comunque privata nel frattempo del requisito di rilevanza: l’iter si concluderebbe a ordinanza scaduta.

Ferdinando Moliterni

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