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PETROLGATE, RIFIUTI E COSTA MOLINA 2: CONDANNATA L’ENI E I SUOI DIRIGENTI

Per la Regione, ci va “di mezzo” solo Lambiase: Tecnoparco e gli altri, tutti assolti. Per il Cane a 6 zampe: maxi multa e confisca da 44milioni di euro

Non sono gli oltre 114 anni di reclusione come da richiesta del pm Laura Triassi che insieme al pm Francesco Basentini e all’ex Procuratore capo Luigi Gay istruì il procedimento penale, ma nell’ambito del processo Petrolgate sul traffico illecito di rifiuti petroliferi prodotti dall’Eni a Viggiano in concomitanza con l’attività industriale estrattiva del Cova, le condanne ci sono state.

LE CONDANNE

Il Tribunale di Potenza, riunito in collegio presieduto dal presidente Baglioni, ha condannato a 2 anni di reclusione Ruggero Gheller (responsabile del Distretto Meridionale Eni dall’ottobre 2011 al settembre 2014), Nicola Allegro (Responsabile operativo del Cova di Viggiano nell’unità Operations Distretto Meridionale (Opme) dal luglio 2013) e Luca Bagatti ( Responsabile della produzione del Distretto meridionale Eni dall’ottobre 2013). Mentre ad 1 anno e 4 mesi di reclusione, sono stati condannati Enrico Trovato (responsabile del Distretto Meridionale Eni dal settembre 2014), Roberta Angelini (Responsabile Sime (Sicurezza, Salute, Ambiente & Permitting) di Viggiano dal luglio 2012) e Vincenzo Lisandrelli (Coordinatore Ambiente del Sime dall’ottobre 2012 al dicembre 2014). Salvatore Lambiase, imputato quale direttore dell’Ufficio compatibilità delle Acque presso la Regione Basilicata, è colui, tra l’altro, che nel 2013 autorizzò lo scarico in profondità dei reflui qualificando il provvedimento come modifica non sostanziale, è stato, invece, condannato alla pena di 1 anno e 6 mesi di reclusione. Il Tribunale, per le condanne citate, ha disposto la «pena sospesa a termini e condizioni di legge».

L’ACCUSA

Del management Eni, che per l’accusa qualificava i rifiuti petroliferi «in maniera del tutto arbitraria ed illecita», in quanto con il codice Cer «non pericoloso», assolti, per «intervenuta prescrizione», Antonio Cirelli e Flavio Salvatore Gentile. Per l’accusa, i responsabili Eni così come qualificati hanno dat «vita ad un’attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti che, servendosi di una complessa organizzazione imprenditoriale, costituita da mezzi e capitali, poneva in essere una pluralità di operazioni condotte ininterrottamente che permetteva all’azienda petrolifera di incamerare un profitto ingiusto».

Ingiusto profitto milionario, raggiunto per l’accusa anche tramite l’illegittima reiniezione di reflui nel pozzo Costa Molina 2, quantificato, per esempio e in riferimento al solo periodo temporale compreso tra il settembre 2013 e lo stesso mese dell’anno succesivo, in un valore compreso ricompreso tra i 34 e i 76milioni e 800mila euro. Il pozzo di reiniezione di Costa Molina 2 è destinato esclusivamente alla reiniezione in profondità delle cosidette acque di strato, cioè di quelle acque estratte,associate all’olio e al gas, che vengono reimmesse nel giacimento di origine. Ma così per l’accusa non è stato come da verifica predisposta sulla presenza di altre acque di scarico o altre sostanze pericolose diverse, per qualità e quantità, da quelle derivanti dalla separazione degli idrocarburi. Ad ogni modo Gheller, Trovato, Angelini, Lisandrelli, Allegro, Bagatti e Lambiase sono stati, inoltre, interdetti dai pubblici uffici, dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, «nonché incapaci di contrattare con la Pubblica amministrazione per la durata di anni 1».

ENI: MULTA DA 700MILA EURO E CONFISCA DA 44MILIONI DI EURO

Non è tutto, perchè il Tribunale di Potenza ha dichiarato l’Eni SpA responsabile degli illeciti amministrativi e determinato l’importo della singola quota in mille euro, applicato l’aumento, ha condannato il Cane a 6 zampe al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria di 700 quote, ovverosia per l’importo complessivo di 700mila euro. Disposta, infine, a carico di Eni, «la confisca per equivalente quale profitto del reato», della somma di 44milioni e 248mila euro. Da questa cifra sarà da detrarre l’ammontare dei costi sostenuti per l’adeguamento dell’impianto a seguito dell’inchiesta della Procura di Potenza che portò al sequestro, con contestuale fermo, del Cova.

Per Gheller, Trovato, Angelini, Lisandrelli, Allegro, Bagatti, Labiase e l’Eni, in qualità di responsabile civile, c’è anche la condanna, in solido tra loro, al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, da liquidarsi in separata sede, in favore di circa 200 parti civili, tra cui il Ministero dell’Ambiente, la Regione Basilicata, i Comuni di Montemurro, Pisticci, Grumento Nova e Viggiano. Sempre in solido tra loro, l’Eni e i condannati citati dovranno anche pagare le spese di costituzione e di rappresentanza sostenute dalle parti civili: 3mila euro per i Comuni, 3mila euro per la Regione e le associazioni, e complessivi 20mila euro per le persone fisiche, i cittadini di Pisticci, assistite dall’avvocato Di Pisa.

RAFFICA DI ASSOLUZIONI: EN PLEIN DELLO STUDIO CIMADOMO

Con le formule «perchè il fatto non costituisce reato», «il fatto non è previsto dalla legge come reato», «il fatto non sussiste», «per non aver commesso il fatto», e soprattutto per chè il reato «estinto per intervenuta prescrizione», pioggia di assoluzione per tutti gli altri imputati, tra cui gli ex direttori generali dell’Arpab, Raffaele Vita e Aldo Schiassi, i due dipendenti dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente, Bruno Bove e Vito Masotti, e il dirigente dell’ufficio Ambiente della Provincia di Potenza, Domenico Santoro. Esclusa, infine, la responsabilità delle società, trasporto rifiuti e impianto di smaltimento, Tecnoparco Valbasento, Ecosistem, Criscuolo Ecopetrol Service Srl, De Cristofaro Srl, Iam SpA, Consuleco Srl, Solvic Srl e Uniproject Srl. Per tutte, sancita la «mancanza di prova dell’illecito amministrativo» contestato dall’accusa. Con riferimento alle assoluzioni, caso nel caso, il vero e proprio en plein dello studio Cimadomo che con plurimi avvocati ha difeso plurimi imputati. Per Donato Savino (difeso dal Prof. Cimadomo e da Amato), Domenico Scarcelli (difeso dal Prof. Cimadomo e Tristini), Domenico Santoro (difeso dal Prof. Cimadomo), e Tecnoparco (sul fronte della responsabilità penale assistito dall’avvocato Lorusso mentre per la responsabilità civile dall’avvocato Santagata) neanche una condanna. Per i dirigenti Trovato, Gheller e Andrea Palma, da ricordare, che c’è anche, sempre al Tribunale di Potenza, Petolgate 2, ma questa è un’altra storia, o meglio sarà un altro processo.

Così come altra storia, sarà quella dell’Appello da parte di Eni contro la sentenza di primo grado e poi, su un binario separato, ma parallelo, quella della prescrizione di quei reati a ieri ancora non estinti.

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