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Nominato da MARIO DRAGHI è FABRIZIO CURCIO il nuovo Capo della Protezione Civile

È del 2018 l’incarico conferito a Curcio da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri di coordinatore della Cabina di regia in attuazione del “Protocollo d’intesa per un’azione urgente nella Terra dei fuochi”

complimenti congratulazioni auguri buon lavoro a FABRIZIO CURCIO CAPO del Dipartimento Protezione Civile #sapevatelo2021
Ingegnere FABRIZIO CURCIO

Nota della Presidenza del Consiglio

26 Febbraio 2021

Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha nominato Fabrizio Curcio Capo Dipartimento della Protezione civile. Ad Angelo Borrelli i ringraziamenti per l’impegno profuso e il lavoro svolto in questi anni.

Curriculum Fabrizio Curcio

Fabrizio Curcio, Capo del Dipartimento Casa Italia dal 5 ottobre 2019 ha alle spalle una lunga carriera di funzionario dello stato con ruoli via via di sempre più grande responsabilità e di pronta operatività.

Laureato in ingegneria alla Sapienza di Roma, con un Master in Sicurezza e Protezione, Curcio approda presto nel Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco in cui si trova subito a svolgere incarichi importanti e di responsabilità.
Nel 1997 è al Comando Provinciale di Venezia con la qualifica di Ispettore antincendi rivestendo una serie di incarichi tecnici ed operativi in ambito provinciale; sempre nel 1997 è responsabile della sezione operativa della colonna mobile dei Vigili del Fuoco del  Veneto per il terremoto in Umbria e nelle Marche del settembre di quell’anno.

In occasione del Giubileo del 2000 è coordinatore dei Vigili del Fuoco impegnati nell’organizzazione e nella realizzazione delle misure di sicurezza dell’evento.

Nel 2002, per il vertice tra la NATO e la Russia tenutosi a Pratica di mare in provincia di Roma è responsabile dei servi dei Vigili del Fuoco, incarico maturato grazie alla partecipazione a diversi corsi e esercitazioni operative anche in campo internazionale.

Risale al 2007 la chiamata al Dipartimento della Protezione civile della Presidenza del consiglio dei Ministri dove per un anno presta servizio come Responsabile della segreteria dell’allora Capo del Dipartimento Guido Bertolaso.

Nel 2008 Curcio passa alla guida dell’Ufficio Gestione delle emergenze, organo chiave del Dipartimento in prima linea nella gestione e nell’organizzazione della risposta alle emergenze che colpiscono il paese.

Dal 2008 al 2015 partecipa, con ruoli operativi via via più importanti, alle crisi emergenziali di quegli anni: dal terremoto del 6 aprile 2009 a L’Aquila, al terremoto che colpi invece l’Emilia Romagna nel 2012, fino al naufragio della nave Costa Concordia dove è incaricato della gestione dell’emergenza e delle fasi di recupero e allontanamento della nave dall’allora Capo del Dipartimento Franco Gabrielli.

Nel 2015 su decisione del Presidente del consiglio dei ministri Consiglio dei Ministri, Fabrizio Curcio è nominato Capo del Dipartimento della Protezione civile.

A pochi mesi dall’incarico il 24 agosto del 2016 un sisma di magnitudo 6 colpisce la zona di Amatrice. Scosse di intensità anche maggiore si verificheranno il 30 ottobre di quell’anno e il 18 gennaio del 2017 colpendo quattro regioni: Umbria, Marche, Abruzzo e Lazio. Le forti scosse sismiche del gennaio 2017 si verificarono in territori colpiti contemporaneamente da fitte nevicate eccezionali che rendevano le operazioni di risposta all’emergenza estremamente complicate.

È del 2018 l’incarico conferito a Curcio da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri di coordinatore della Cabina di regia in attuazione del “Protocollo d’intesa per un’azione urgente nella Terra dei fuochi”

Un piano d’azione sottoscritto dalla presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri dell’Ambiente, dell’Interno, dello Sviluppo economico, della Difesa, della salute, della giustizia, dall’autorità politica per la Coesione-ministro per il sud, e dalla Regione Campania.

A gennaio 2020 il Presidente del Consiglio Conte ha incaricato Curcio a rappresentarlo nell’unità di coordinamento creata in seguito alla firma del protocollo d’intesa per dare attuazione al “Piano d’azione per il miglioramento della qualità dell’aria”

Curcio oltre al Dipartimento Casa Italia è ora anche a capo della Struttura di missione della Presidenza del Consiglio sulla ricostruzione del territorio colpito dal sisma del 6 aprile 2009.  

https://fb.watch/3UPfOD2Tgr/

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Intervista a Fabrizio Curcio: ricostruzione e prevenzione strutturale, ecco cosa farà Casa Italia ?? 
23 aprile 2020

di Massimo Frontera

La struttura nata nel 2016, e “congelata” nel 2018, sta completando la sua riorganizzazione in funzione di una rinnovata mission. Ecco quale

Una struttura della presidenza del Consiglio dedicata alle ricostruzioni post-catastrofi e alla “prevenzione strutturale”. È questo il percorso evolutivo tracciato per Casa Italia, il dipartimento nato per iniziativa del governo Renzi nel 2016 in risposta al sisma del Centro Italia, con l’idea di creare un pilastro nazionale dedicato alla prevenzione da affiancare a quello dedicato all’intervento emergenziale svolto dalla Protezione civile. Tramontato il governo Renzi, il dipartimento è entrato in stand by, ma si è salvato. Altre strutture specifiche – Italia Sicura e la struttura dedicata all’edilizia scolastica – sono invece state chiuse. Il cambio di marcia c’è stato nell’ottobre 2019, con la nomina dell’ex capo della Protezione civile Fabrizio Curcio alla guida di Casa Italia, al termine del mandato di Roberto Marino.

A dicembre, ricorda Curcio, è arrivato il primo tassello normativo che attribuisce a Casa Italia «funzioni di indirizzo e coordinamento dell’operato dei soggetti istituzionali competenti per le attività di ripristino e di ricostruzione di territori colpiti da eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo, successive agli interventi di protezione civile». Ruolo e funzioni sono state attuate con il Dpcm del 4 marzo 2020, che prevede anche la riorganizzazione del dipartimento per attuare la rinnovata mission. Il dipartimento, come spiega Fabrizio Curcio – che da ottobre 2019 ha l’interim anche della guida della struttura di missione per la ricostruzione dell’Aquila 2009 – è «sottile»: 20 persone, incluso il coordinatore, tre direttori generali e 4 dirigenti (che però arriveranno entro il mese, dopo essere state selezionate con un concorso un anno e mezzo fa). E poi ci sono 300 milioni di fondi assegnati per svolgere iniziative specifiche (vulnerabilità sismica, cantieri pilota).

Ingegner Curcio, Casa Italia doveva diventare un dipartimento per la prevenzione. Cosa diventerà?
Quando sono entrato mi sono domandato che tipo di utilità potesse avere questo dipartimento. Da dove possiamo ripartire, fermo restando quello che è stato fatto. Mi sono concentrato su due aspetti.

Quali?
Il primo aspetto è quello della ricostruzione. Mi sono chiesto: come mai siamo in grado di pianificare bene le attività emergenziali e quando passiamo alle ricostruzioni le affrontiamo in maniera diversa? Nella mia testa ho pensato a un dipartimento delle ricostruzioni che tiene insieme tutte le attività legate alla ricostruzione, le pianifica e le programma. Un primo tassello normativo c’è già. Perché nel decreto legge 123 del 2019, approvato a dicembre, c’è scritto che la presidenza del Consiglio si occupa di coordinare e indirizzare gli enti a valle di un evento di protezione civile (articolo 9 undecies, ndr). Questa cosa, passata inosservata, è rivoluzionaria. Non era mai stato scritto da nessuna parte che la presidenza del Consiglio si occupa di coordinare i vari enti, sia ordinari che straordinari, inclusi i commissari che si occupano di ricostruzione.

Ma ogni ricostruzione è diversa, come ogni terremoto è diverso
Sì, ma attenzione: ogni terremoto è diverso e anche ogni intervento di emergenza è diverso. Non per questo non significa che non possiamo tirare fuori una linea comune di ragionamento sulla ricostruzione.

Cioé?
Faccio un esempio: le procedure per la valutazione degli aggregati costruttivi. Che si facciano per la ricostruzione dell’Aquila, del Centro Italia o dell’Emilia Romagna è la stessa cosa. La formazione dei professionisti sulle pratiche per la ricostruzione è necessaria indipendentemente dal contributo che lo Stato ha deciso di dare nei diversi eventi. Ci sono molte cose che sono uguali nelle diverse ricostruzioni. Ma la verità è che noi, ogni volta che abbiamo una ricostruzione, impostiamo un modello diverso. Altro esempio. Stiamo lavorando con Giovanni Legnini e Raffaello Fico (rispettivamente commissario alla ricostruzione del Centro Italia e capo dell’ufficio speciale per la ricostruzione dei comuni del cratere aquilano, ndr). In Abruzzo abbiamo una zona di sovrapposizione tra ricostruzione post sisma 2009 e sisma 2016. Gli aspetti tecnici sono chiari, per esempio sulla valutazione del danno. Invece ci siamo fermati – anche se stiamo risolvendo – sui diversi tipi di sostegno pubblico stabiliti dai due eventi: da una parte si va con il contributo e dall’altra si va con il credito di imposta. Sono meccanismi diversi che non riesci a far dialogare tra di loro.

Altro esempio?
Le piattaforme. Tra Centro Italia e l’Aquila abbiamo due software e due organizzazioni diverse. Non è meglio scegliere un solo strumento sul quale fare la formazione di professionisti, sindaci e tecnici comunali e applicare anche nelle successive ricostruzioni?

E allora?
Allora: fermo restando che tutte le ricostruzioni sono diverse – e non parlo solo di quella fisica ma anche di quella dell’intero territorio e della sua economia – credo che potremmo fare un grande sforzo su un “codice della ricostruzione”, cioè su un insieme di strumenti che in parte si attiveranno sicuramente, perché è successo in tutti i terremoti. Parlo per esempio del posticipo delle tasse e del differimento delle scadenze e delle attività amministrative. Insomma: come abbiamo costruito un dipartimento della protezione civile a valle delle disposizioni emergenziali del passato, credo che oggi possiamo costruire un dipartimento che si occupa di ricostruzione a valle delle ricostruzioni che abbiamo fatto, andando a mettere insieme le migliori conoscenze e i migliori risultati, che ovviamente dovranno essere adattati alle singole situazioni, sempre diverse.

Questo però è l’identikit di un “ministero” delle ricostruzioni. Casa Italia aveva un’altra mission: doveva stimolare e accompagnare la maturazione di una cultura della prevenzione, proprio per evitare che accadessero eventi traumatici sui quali intervenire con misure di emergenza.
Attenzione, non è un ministero, è una struttura di coordinamento di altre amministrazioni in una data fase, definita, del percorso di rinascita di un territorio, mettendo a disposizione competenze e strumenti. È uno starter: avvia un processo e accompagna.

In che rapporto sarebbe il dipartimento con i commissari alla ricostruzione?
Il dipartimento non fa il lavoro del commissario. La norma dice che c’è un tavolo di coordinamento e che i commissari di governo delle varie strutture – Aquila, Emilia Romagna, Centro Italia, Ischia, Catania eccetera – insieme al capo del dipartimento delle ricostruzioni si siedono attorno a un tavolo unico per procedere in modo omogeneo, sia pure nelle diversità di situazioni e caratteristiche. Per il futuro immagino che a seguito di un evento drammatico prima interviene la protezione civile ma dopo un tempo “x” entra in campo il dipartimento delle ricostruzioni con il compito di impostare il lavoro per poi accompagnare il territorio in un processo già noto. Un altro esempio per spiegare: gli uffici per la ricostruzione. Sono uffici che hanno una competenza specifica decennale – parlo di dell’Aquila e dei comuni del cratere in Abruzzo – e si è creata una conoscenza che consente di risolvere il 90% dei problemi che possono presentarsi, e per l’altro 10% ha la capacità e gli strumenti normativi per risolverli. In altre parole, quando arriva l’evento di grande scala, prima arriva la protezione civile e dopo un po’ arriva il dipartimento che si occupa di ricostruzione con strumenti specifici e professionalità esperte e formate, per accompagnare un territorio che riparte da zero.

Ha parlato di due aspetti. Qual è il secondo?
Questa logica di ricostruzione che ho descritto non può prescindere dalla prevenzione che chiamiamo strutturale, cioè diversa dalla prevenzione non strutturale, che include piani di emergenza, comunicazione, formazione e cultura. Queste cose già le fa la Protezione civile. Diversa è invece la prevenzione strutturale, che era all’origine dell’idea di Casa Italia, e che riguarda il coordinamento delle attività “hard” che fanno i ministeri. Quando si parla di infrastrutture, dighe, argini eccetera, dov’è il tavolo di coordinamento centrale, nazionale? Il dipartimento delle ricostruzioni sarà proprio quello che dovrebbe realizzare l’originale mission di Casa Italia, che non è stata supportata normativamente quanto si immaginava. Il famoso piano dei dieci cantieri pilota, per esempio, che peraltro non è stato realizzato, si fermava lì. Non stava scritto da nessuna parte che si doveva fare il coordinamento delle attività di prevenzione strutturale. Questa attività di ricostruzione intesa come prevenzione strutturale, ha ancora progetti spot, ma senza un disegno complessivo. Vorrei creare un percorso più strutturato. Per questo immagino il dipartimento delle ricostruzioni e della prevenzione strutturale. E nella prevenzione strutturale io ci vedo il coordinamento di tutte le azioni che già stiamo facendo con alcune amministrazioni, come il Miur e il Mit. Credo che questo potemmo farlo bene. Altro esempio: il coordinamento dell’ecobonus e del sismabonus, che sono diverse ma si applicano allo stesso edificio. Stiamo lavorando, attraverso un progetto finanziato dalla Comunità europea, a un portale che unisca queste due misure, mettendo insieme tutti, per consentire a tutti di utilizzare il doppio bonus, ma anche di restituire la caratteristiche dell’edificio, sia in termini di efficienza sia in termini statici.

Lei guida la struttura per la ricostruzione dell’Aquila. A che punto era arrivata la ricostruzione prima del blocco imposto dalla pandemia?
In termini di risorse spese, alla data del 5 aprile scorso, su 16,4 miliardi assegnati complessivamente – su 17,7 miliardi stanziati – sono stati effettivamente spesi 12,7 miliardi, di cui 6,6 nella ricostruzione privata, 1,6 miliardi nella ricostruzione pubblica e 4,4 miliardi per spese tecniche, spese obbligatorie e interventi per superare l’emergenza.

E gli interventi di ricostruzione?
All’Aquila la ricostruzione privata è arrivata al 70% delle pratiche presentate, mentre fuori dell’Aquila siamo più indietro. E siamo ancora più indietro nella ricostruzione pubblica, con una differenza tra la città dell’Aquila, dove la ricostruzione pubblica è al 30% mentre fuori della città siamo arrivati al 50%. Ci tengo però a dire che si è fermata l’attività di cantiere ma non quella tecnica e amministrativa degli uffici speciale, che riguarda le autorizzazione.

Perché questa differenza nelle opere pubbliche da ricostruire dentro e fuori dell’Aquila?
Perché gli interventi fuori dell’Aquila sono di minore importo e hanno procedure di attivazione più semplici.

E allora?
Bisogna chiedersi: il problema è di “ricostruzione” oppure, più semplicemente, di “costruzione”? Guardando anche ai normali tempi di realizzazione delle opere pubbliche credo che la risposta giusta sia la seconda. Abbiamo necessità di velocizzare le ricostruzioni, ma anche l’ordinario.

Il Dpcm del 4 marzo 2020

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