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LA LEGA ED IL MACININO DA PEPE

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Ora che Matteo Salvini ha fatto le sue scelte sulla truppa di sottosegretari del governo Draghi possiamo finalmente inquadrare il livello di considerazione nazionale di cui gode Pasquale Pepe, senatore di Tolve e dintorni. C’è da dire subito che la questione non riguarda tanto l’ermeneutica giornalistica quanto l’analisi di potere e delle sue scene di guerra che scuotono di trappole e dispetti quello che rimane della truppa leghista alla Regione, al netto dell’esodo di Tommaso Coviello teleguidato da Bardi in FdI. Eppure lo storytelling, soprattutto quello di periferia, non ha certo risparmiato lodi e like all’animosità manichea con cui Pasquale Pepe ha annunciato il cambiamento dal centrosinistra e che invece l’anziano governatore Vito Bardi ed il suo sonnolento vicepresidente leghista, Francesco Fanelli, hanno riportato di moda con proroghe di dirigenti e nomine di manager d’imbarazzante continuità istituzionale. Così in rigor mortis al povero Pepe non rimane che la seggiola di segretario regionale a cui si è già candidato, con molte possibilità, il più bravo Mario Guarente, sindaco di Potenza. Ha scritto Charles Bukowski: “Un macinino da pepe nella mia caverna”.

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