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UILM BASILICATA: “DOVE E’ ANDATO A FINIRE IL PROGETTO DI DIGITALIZZAZIONE”

I cittadini che hanno stipulato contratti di “banda ultralarga” non possono usufruire del servizio poiché manca il collaudo della rete

Nel Settembre del 2017 veniva completata la realizzazione della rete di nuova generazione in fibra ottica, per fornire la banda ultralarga ad un gran numero di abitanti e ad edifici pubblici della Regione Basilicata – oltre 170 mila le unità immobiliari abilitate alla fornitura di servizi digitali innovativi con connessioni fino a 200 Mbps al secondo per un bacino di circa 330 mila abitanti e fino a 1000 Mbps per circa 600 edifici pubblici -.

La società TIM, aggiudicataria del bando indetto da Infratel, ha realizzato gli interventi infrastrutturali nei comuni coinvolti, investendo nel progetto 15 milioni di euro, che si aggiungono agli oltre 21 milioni di euro di fondi pubblici europei e ai 28,7 milioni di euro, stanziati il 25 luglio 2016, dalla Giunta regionale della Basilicata. Infatti il 27 luglio 2016 veniva sottoscritto l’Accordo di Programma tra la Regione Basilicata ed il Ministero dello Sviluppo Economico e veniva individuato, mediante gara, il concessionario Open Fiber Spa, società compartecipata da Enel e Cassa depositi e prestiti, da parte di Infratel Italia Spa, società in house del Mise.

Nel novembre 2020, a Matera durante un convegno promosso da  Unioncamere, il direttore relazioni esterne di Open Fiber, Andrea Falessi, ha dichiarato che “la Basilicata è la seconda regione d’Italia in fase più avanzata (dopo l’Umbria) per l’attuazione del Piano Bul finalizzato alla copertura di aree sprovviste di collegamenti a banda ultralarga”. 

L’obiettivo di questa importante opera, sarebbe stato quello di rendere la Basilicata una tra le regioni d’Italia più avanzate e innovative.

La realtà è invece un’altra. 

Le società di vendita sono state autorizzate da Open Fiber, ad oggi irrintracciabile per poter ottenere delle informazioni utili, a sottoscrivere i contratti ma non possono garantire il servizio poiché manca il collaudo della rete. 

I cittadini che hanno stipulato questi contratti, (per i quali è importante sottolineare che non vengono addebitati costi o consumi), non possono usufruire di un servizio così utile, soprattutto in questo momento storico, che ci ha costretti a velocizzare i tempi di digitalizzazione (PA, DAD, Smart working ed e-commerce). 

Proprio in relazione al processo di digitalizzazione, risulta alquanto inattuabile “puntare a rafforzare la competitività del sistema produttivo diffuso attraverso il sostegno ad investimenti innovativi in grado di promuoverne lo sviluppo tecnologico attraverso aiuti per investimenti in macchinari, impianti e beni intangibili, e accompagnamento dei processi di riorganizzazione e ristrutturazione aziendale”, come dichiarato dall’assessore alle Attività Produttive nel settembre del 2020,  visti gli evidenti disagi causati dall’incompletezza del progetto.

Il comune di Bella, in provincia di Potenza, ne è esempio lampante, in quanto i suoi cittadini,  nonostante il paese risulti completamente cablato, paradossalmente, non potranno servirsi della BUL, per la quale si ribadisce, pur stipulati i contratti manca il collaudo della rete. 

Arrivati a questo punto è doveroso, da parte della Regione Basilicata, fornire risposte chiare ed esaustive sulla situazione attuale, perché sono molti i lucani che ne hanno necessità e probabilmente ne avranno nel prossimo futuro. 

Inoltre in un contesto socio economico così incerto, fa ancora più rabbia sapere che, società che incentivano lo smart working hanno preso incentivi pubblici, da chi dovrebbe essere a conoscenza di queste criticità.

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