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Caso BUONINCONTI ~ CESTE, Criminologa Ursula Franco : consulenza criminologica del 23 maggio 2015

Il caso Buoninconti Ceste è un semplice caso di allontanamento volontario che si è concluso con una morte accidentale per assideramento ma che purtroppo è stato scambiato dagli inquirenti per un omicidio

UN CASO ALLA VOLTA FINO ALLA FINE 

Ad oltre 6 anni dall’arresto di Michele Buoninconti la criminologa URSULA FRANCO ricostruisce tutte le tappe della vicenda giudiziaria riportando la sua consulenza criminologica del 23 maggio 2015 

URSULA FRANCO: Il 31 gennaio di 6 anni fa Michele Buoninconti è stato arrestato. Dopo aver letto l’ordinanza ho avuto la certezza che la procura di Asti aveva preso lucciole per lanterne.
Ho scritto al povero Buoninconti e ai suoi avvocati dell’epoca. Il 14 febbraio ho ricevuto l’incarico di consulente della difesa.

Nelle peggiori condizioni possibili ho redatto una consulenza con la soluzione del caso, consulenza che è stata depositata dall’avvocato Tortoroglio e che è stata utilizzata in appello ed in cassazione dall’avvocato Marazzita.

Il processo mediatico foraggiato dalla procura di Asti e la volontà di screditare il mio lavoro da parte di tanti incompetenti hanno condotto ad una condanna a 30 anni per un omicidio mai avvenuto.

Alla base della mia consulenza ci sono le risultanze investigative, risultanze che sono state misinterpretate dai consulenti della procura. Peraltro, uno dei consulenti della procura ha dichiarato il falso sui suoi titoli di studio sia al giudice di primo grado Roberto Amerio che nella sua consulenza.
Non esistono soluzioni alternative a quella da me fornita alla difesa di Michele Buoninconti 6 anni fa: Elena Ceste era psicotica ed è morta per assideramento dopo essersi nascosta nel Rio Mersa per sfuggire ai suoi immaginari persecutori.

I fatti accaduti sono immarcescibili e, in questo caso, sono cristallizzati negli atti.

Caso Buoninconti Ceste: la mia consulenza criminologica del 23 maggio 2015 

“Ogni verità passa attraverso tre fasi: prima viene ridicolizzata; poi è violentemente contestata; infine viene accettata come ovvia”.
Arthur Schopenhauer

Introduzione

Il caso Buoninconti Ceste è un semplice caso di allontanamento volontario che si è concluso con una morte accidentale per assideramento ma che purtroppo è stato scambiato dagli inquirenti per un omicidio. 
Ad Asti, i carabinieri e la procura hanno ritenuto, a causa della loro cecità investigativa, che fosse stato commesso un omicidio nonostante non esista nulla che conforti questa ipotesi. Non esiste, perché un omicidio non c’è stato. I medici legali non sono stati in grado di giungere a determinare con certezza scientifica la causa di morte della Ceste e hanno escluso la maggior parte delle cause di morte violenta; le celle telefoniche escludono che Michele si trovasse al Rio Mersa alle 9.00 quando ve lo colloca l’accusa, una testimone lo vide proprio a quell’ora di fronte a casa Rava, poco distante da casa sua; le celle lo collocano al Rio Mersa alle 9.02.50 e solo in in transito; nessun cadavere è stato trasportato sulle auto di Buoninconti.

Nonostante tutto, il marito di Elena Ceste è stato condannato a 30 anni di carcere. Buoninconti è innocente e le scienze criminologiche escludono un suo possibile coinvolgimento nella morte della moglie.

Ciò che ha tratto in inganno gli inquirenti è stato il fatto che il corpo della Ceste fosse nudo e che si trovasse semi occultato. Il denudamento è un sintomo della psicosi, malattia che aveva colpito la Ceste e il fatto che il corpo fosse semi occultato si spiega facilmente con la Hide and Die Syndrome o con il delirio persecutorio. Elena semplicemente si nascose.

Michele Buoninconti

Michele Buoninconti

Consulenza 

In data 14/02/2015 ho accettato l’incarico di consulente della difesa di Michele Buoninconti al fine di procedere, letta l’ordinanza di applicazione di misura coercitiva- art. 292 c.p.p., a redigere osservazioni in merito alla condotta dell’indagato successivamente alla scomparsa della moglie.
Pubblico la consulenza criminologia da me fornita in data 23 maggio 2015 e depositata dalla allora difesa di Michele Buoninconti, avv. Massimo Tortoroglio del foro di Alba.

Ricostruzione dei movimenti di Michele Buoninconti la mattina del 24 gennaio 2014:

La mattina del 24 gennaio 2014, il signor Michele Buoninconti è uscito con l’auto della moglie, intorno alle ore 8.10, con i propri figli. Dopo aver accompagnato i bambini a scuola si è recato al Comune di Costigliole d’Asti per chiedere informazioni sulla rata dell’IMU ed infine, dopo essere stato inquadrato dalla telecamera della farmacia comunale alle ore 8.37, si è fermato all’ambulatorio del medico di famiglia per controllare gli orari di ricevimento e subito dopo si è diretto verso casa passando per il castello, guidando con prudenza, per abitudine e per la nebbia. Egli è probabilmente giunto a casa tra le ore 8.45 e le 8.47. Dopo aver aperto il cancello ed essere entrato in cortile con l’auto, Buoninconti ha trovato il maglione che Elena indossava quella mattina, in terra, sul tombino di fronte al portone, e sotto lo stesso le ciabatte della moglie. Preoccupato per tale rinvenimento l’uomo ha cominciato a cercare la moglie all’esterno della casa. Avendo trovato i suoi indumenti all’esterno, egli ha pensato logicamente che Elena fosse in cortile. Dopo quelle prime infruttuose ricerche, Buoninconti è entrato nell’abitazione e lì ha continuato a cercare la consorte. In quell’occasione ha localizzato il telefonino della moglie sulla credenza della camera da pranzo dove era ancora verso le ore 10.00 quando Michele lo mostrò a Marilena Ceste (pag. 13 ordinanza di riesame). Buoninconti quella mattina non chiamò mai Elena al cellulare in quanto lo trovò subito dopo averla cercata in cortile, tra l’altro, essendo abitudine dei due coniugi lasciare i loro telefonini sulla credenza della camera da pranzo, quando si trovavano a casa, egli non pensò che la moglie l’avesse con sé (pag. 4, verbale assunzione informazioni di Michele Buoninconti del 4 aprile 2014). Il fatto che i due coniugi lasciassero i telefonini sulla credenza lo ha confermato Salvatore Buoninconti, fratello dell’indagato, ai carabinieri (pag. 1, verbale assunzione informazioni di Salvatore Buoninconti del 3 maggio 2014). Michele attivò inavvertitamente quella mattina 5 telefonate dirette al telefonino della moglie che era rimasto a casa, e che prese con sé probabilmente solo intorno alle ore 10.00, dopo averlo mostrato a Marilena Ceste.

Torniamo ai movimenti di Michele di quella mattina, dopo aver cercato Elena in cortile ed in casa, non trovandola, Buoninconti chiamò i vicini per chiedere se la donna fosse da loro o l’avessero vista. Michele chiamò prima la vicina Marilena Ceste chiedendole se avesse visto la moglie, ad una risposta negativa della stessa l’uomo non replicò a causa della vergogna per ciò che gli stava capitando. La telefonata alla Ceste è quella delle ore 8.55.04. Durante tale telefonata, della durata di 29 secondi, il telefonino di Buoninconti agganciò la cella 2416 di pertinenza dell’area in cui si trova la sua casa. Dopo la telefonata all’utenza di Marilena, l’indagato, sempre da casa sua, alle 8.57.28, chiamò i Rava, agganciando ancora la cella 2416, non avendo ricevuto risposta, si recò da loro e gli citofonò, uscendo dal cancello trovò il resto degli abiti della moglie. Aldo Rava non fece in tempo a rispondere né alla telefonata, né al citofono, quindi Michele risalì in auto e fece un primo giro esplorativo di pochi minuti tra Motta ed Isola d’Asti. Appare logico pensare che così come aveva chiamato Marilena, chiamò i Rava e si diresse da loro solo dopo la telefonata perché non gli risposero. Prima di cercare Elena lontano da casa Buoninconti volle logicamente accertarsi che non fosse dai vicini.

– La testimonianze di Aldo Rava che ricorda di aver ricevuto una telefonata sul telefono fisso alla quale non fece in tempo a rispondere e di aver udito il campanello,

– la testimonianza della figlia di Aldo Rava, Fiorenza Rava che ha riferito di aver saputo dalla propria madre che Michele aveva citofonato ai suoi genitori poco prima delle 9.00,

– e quella di Marilena Ceste che afferma di essersi preparata un caffè, di aver ricevuto la telefonata di Michele (9.55.04) e circa 5 minuti dopo, mentre aveva ancora il caffè in mano, di aver visto dalla finestra Michele e la sua auto di fronte alla casa di Aldo Rava,

ci confermano tutte che Michele dopo le 8.57.28 si trovava ancora nei pressi di casa sua, precisamente di fronte alla casa dei Rava (pag. 10 ordinanza di riesame) e solo successivamente si diresse a cercare la moglie.

Ma veniamo alle testimonianze che lo provano:

Michele nel verbale di assunzione di informazioni del 4 aprile 2014 a pag. 5, dopo aver riferito di aver chiamato Marilena Ceste (telefonata delle 8.55.04) dice: ‘Prendo la macchina la Peugeot 106, nel frattempo chiamo gli altri vicini, il primo dei vicini ulteriori non mi ha risposto…’, quindi Michele è ancora a casa a quell’ora e subito dopo si dirige dai Rava, pag. 6: ‘Sono andato dai vicini di cognome Rava, ho anche citofonato, non hanno risposto e io sono andato via…’.

La testimonianza dell’altra vicina, la prima contattata quella mattina dal Buoninconti, Marilena Ceste, ci conferma che Michele dopo le ore 8.57.28 si trovava ancora nei pressi di casa sua, ovvero di fronte al cancello dei Rava. Marilena Ceste ha riferito ai carabinieri: ‘Entro in casa, mi preparo un caffè, ho avviato le pulizie di casa, poco dopo ha suonato il telefono di casa era Michele…. torno alle faccende, ricordo che avevo la tazza del caffè in mano e dalla finestra ho visto Michele che parlava con i comuni vicini famiglia Rava…. rispetto alla telefonata saranno passati poco più di 5 minuti’ (pag. 3, verbale di assunzione di informazioni di Marilena Ceste del 20 marzo 2014). Non passarono molto più di 5 minuti, ce lo dice il caffè che la Ceste aveva in mano e che era già pronto prima delle 8.55.04.

Aldo Rava, sentito pochi giorni dopo i fatti, il 6 febbraio 2014, ha riferito agli inquirenti di aver sentito squillare il telefono fisso, di non averlo raggiunto in tempo utile per rispondere per problemi di deficit uditivo, di aver sentito suonare con insistenza il campanello della porta, di essersi affacciato alla finestra, di aver visto Michele con l’auto e che lo stesso gli aveva domandato se avesse visto Elena (pag. 12 dell’ordinanza di riesame).

La figlia di Aldo Rava, Fiorenza Rava, sentita dai Carabinieri cinque giorni dopo la scomparsa di Elena ha riferito di aver saputo dalla madre che Michele si era recato dai suoi genitori poco prima delle 9.00: ’A mia mamma lo aveva detto Michele che si era recato a cercarla a casa di mia mamma, ritengo poco prima delle 9.00’ (pag. 1, verbale di sommarie informazioni, Fiorenza Rava, 29 gennaio 2014).

Alcune delle testimonianze in esame sono viziate dal fatto che gli inquirenti interrogarono i testimoni senza essere ancora a conoscenza dei tabulati telefonici dell’utenza intestata a Buoninconti e sono pertanto per certi aspetti imprecise, ma in realtà la telefonata senza risposta ad Aldo Rava fatta da Buoninconti non può che essere quella delle 8.57.28 e quindi la scampanellata è collocabile temporalmente solo dopo quell’ora.

Le prime telefonate di Michele:

– telefonata a Marilena Ceste, ore 8.55.04, durata 29 secondi, cella 2416
– telefonata ai Rava, ore 8.57.28, senza risposta, cella 2416
– telefonata ad Elena, ore 9.01.48, durata 60 secondi, cella iniziale 2416, cella finale 2415 (alle ore 9.02.50)
– telefonata ad Elena, ore 9.03.14, durata 60 secondi, cella iniziale 2415, cella finale 2416 (alle ore 9.04.16)

Le celle da lui agganciate:

– cella 2416: area casa Buoninconti-Ceste
– cella 2415: area Rio Mersa

I tempi di percorrenza:

– da casa Buoninconti-Ceste al luogo del ritrovamento: 2 minuti e 30 secondi
– dal luogo del ritrovamento a casa Buoninconti-Ceste passando per la discoteca: 1 minuto e 30 secondi

Il telefono di Michele Buoninconti durante le telefonate ai vicini, quella delle 8.55.04 a Marilena Ceste e quella delle 8.57.28 ai Rava agganciò la cella di casa sua, la 2416 ed agganciò ancora la stessa cella alle 9.01.48, durante la prima telefonata ad Elena che terminò alle 9.02.50 agganciando invece la cella 2415, quindi è intuibile che, durante la prima telefonata ad Elena, Michele fosse in movimento verso Isola d’Asti, ma è assolutamente arbitrario affermare che lo fosse durante le telefonate ai vicini e nulla prova che egli si trovasse nell’area del Rio Mersa, dove è stato ritrovato il corpo della moglie (cella 2415), prima delle 9.02.50. Non vi sono infatti basi scientifiche per affermare che Michele Buoninconti fosse in movimento verso il Rio Mersa prima della telefonata delle 8.57.28, telefonata che agganciò la cella di casa Buoninconti- Ceste, la 2416. Le celle provano soltanto che egli si mosse necessariamente 2 minuti e 30 secondi prima delle 9.02.50 ovvero intorno alle 9.00.20 per poter agganciare alla fine della prima telefonata ad Elena, ovvero alle 9.02.50, la cella di Isola d’Asti, la 2415 e che transitò soltanto in quella zona poiché agganciò la cella di casa, la 2416, 1 minuto e 26 secondi dopo, alle 9.04.16, egli non poté quindi trattenersi nell’area del Rio Mersa.
Quindi evidentemente quel suo primo giro perlustrativo che iniziò intorno alle 9.00 e durò circa 4 minuti, risulta tecnicamente compatibile con il racconto dell’uomo agli inquirenti, ovvero di ‘un giro veloce’. Michele nel verbale di assunzione di informazioni del 4 aprile 2014 a pag. 6: ‘..e vado a Motta, ritorno poi verso isola d’Asti, ho fatto un giro veloce, avevo fretta di trovarla’.

Nel caso si ipotizzi, senza alcun sostegno testimoniale e senza alcuna base scientifica (nessuna cella telefonica collocò Buoninconti nell’area del Rio Mersa prima delle 9.02.50) che Michele già alle 8.57.28 avesse suonato ai Rava e si stesse dirigendo nell’area della cella 2415, egli comunque agganciò ancora la cella 2416 alle 9.01.48, solo 4 minuti e 20 secondi dopo, poco più dei 4 minuti necessari ad andare sul luogo del ritrovamento e tornare, va da sé che in 20 secondi gli sarebbe stato impossibile anche solo occultare un corpo. La situazione estrema, anch’essa insostenibile da un punto di vista testimoniale e scientifico in quanto come nel caso di sopra nessun testimone, né lo studio delle celle telefoniche collocarono Buoninconti nell’area del Rio Mersa prima delle 9.02.50, è quella che prevede che Buoninconti possa aver lasciato la sua casa con il cadavere in auto già intorno alle 8.55.04, abbia raggiunto l’inizio dell’area coperta dalla cella 2415 solo dopo le 8.57.28 (prima non avrebbe potuto perché alle 8.57.28 il suo telefonino agganciò ancora la cella di casa, la 2416), abbia dovuto percorrere ancora il tratto di strada che dal cambio di cella porta al luogo dell’occultamento e sia ripartito alle 9.00.18, per essere, 1 minuto e 30 secondi dopo, alle 9.01.48, in grado di agganciare la cella di casa sua, la 2416, trattenendosi quindi circa 2 minuti.

Appare evidente che in tutti i casi la tempistica è assolutamente incompatibile con i tempi del presunto denudamento ed occultamento della vittima ipotizzati dall’accusa, tempi che prevedono un percorso da casa di Buoninconti al luogo dell’occultamento percorribile in 2 minuti e 30 secondi e per il ritorno, passando dalla discoteca, un percorso percorribile in circa 1 minuto e 30 secondi ai quali andrebbero aggiunti i minuti necessari a denudare ed occultare un corpo con le modalità note, di sicuro di gran lunga superiori a quelli a disposizione a Michele in tutti i casi di sopra analizzati.

Dopo le 9.04.16 Michele fece un altro giro in casa, vi tornò dopo aver pensato: ‘non ho guardato bene’. Quindi tornò dai Rava e subito dopo, alle 9.06.59, chiamò Oreste Ceste, il suo telefonino agganciò ancora la cella di casa, la 2416.

Si evince quindi, dagli orari delle telefonate, dalle corrispondenti celle telefoniche, che localizzarono la posizione del Buoninconti e dalle testimonianze dei vicini, che Michele quella mattina non ebbe il tempo di occultare un cadavere, tantomeno di denudarlo ed occultarlo e che egli, inoltre, come ha sempre sostenuto, non raggiunse mai il luogo del ritrovamento ma si avvicinò soltanto a quell’area per una rapida supervisione, per vedere se non ci fossero impronte umane, convinto, purtroppo, che sua moglie non si sarebbe inoltrata nelle strade di campagna.

Naturalmente, il fatto che Michele non abbia denudato ed occultato il corpo della moglie, esclude di conseguenza che egli abbia commesso un omicidio e ci spiega le telefonate ai vicini, telefonate mosse da una sincera volontà di ritrovare la Ceste e che altrimenti sarebbero state ingiustificabili. Tra l’altro, quelle telefonate fatte ai vicini sui soli telefoni fissi hanno una spiegazione logica, egli si accertò come avrebbe fatto chiunque altro, in primis, che la moglie non fosse a casa loro e Michele è credibile quando sostiene di non aver chiamato i vicini sui cellulari per non perdere tempo in inutili spiegazioni nel caso i suoi interlocutori non fossero stati a casa, egli infatti era agitatissimo ed iperattivo, focalizzato nella disperata ricerca di sua moglie e non intendeva perdere tempo in chiacchiere.

Da un punto di vista criminologico appare d’altronde alquanto illogico che un soggetto, subito dopo aver commesso un faticoso omicidio per asfissia, dopo aver messo il corpo della vittima in auto con notevole sforzo fisico (il tutto in pochissimi minuti) e soprattutto prima di averlo occultato, perda tempo al telefono con i vicini di casa o si diriga da loro con il cadavere in auto, dirottando la loro attenzione su di sé ed aumentando il rischio di essere visto durante l’occultamento, dopo peraltro aver deciso di occultare il corpo in una zona così vicina alla sua abitazione.

Michele, intorno alle 9.30, dopo essere stato a casa di Marilena Ceste ed averle chiesto di cercare Elena a Motta si diresse a Govone, sulla strada verso il paese, mentre si trovava all’altezza del ponte sul Tanaro, chiamò, alle 9.33.39, il padre di Elena. Buoninconti, dopo i primi minuti di ricerche disperate, crollò psicologicamente al telefono con il suocero, pianse. E’ facilmente intuibile il motivo per cui non lo avesse chiamato fino a quel momento, Michele sperava di essere in grado da solo di ritrovare la moglie e di non dover avvisare i genitori di lei della sua scomparsa, vissuta tra l’altro da lui, marito, come un fallimento.

Buoninconti andò a Govone in quanto non aveva punti di riferimento, non sapeva dove cercare. Michele, convinto che Elena fosse sulle strade percorribili dalle auto, escluse che si fosse diretta verso Costigliole in quanto non l’aveva incrociata tornando a casa, escluse dopo un rapido controllo che si fosse diretta nel senso opposto e quindi scelse Govone, a mio avviso non sbagliando, in quanto quella casa poteva essere un punto di riferimento per la moglie anche in uno stato psichico alterato. Buoninconti dopo aver acceso la caldaia, non perse tempo con lo zio, che al telefono gli era apparso confuso e continuò a cercare la moglie.

Alle 9.37.59, Michele chiamò la sorella di Elena, Daniela Ceste, alle 9.45 ed alle 9.48.15 chiamò il cognato Danilo Pacelli. Intorno alle 10.00, Michele si recò dal parroco, incontrò Marilena e Rita in strada ed infine cercò ancora Elena in casa, questa volta con l’aiuto di Marilena.
Michele, in quell’occasione, come riferito dalla testimone, cercò pure nel cofano della sua auto. Egli, avendo capito dai racconti delle ore precedenti che Elena non era in sé, pensò che avrebbe potuto essersi nascosta ovunque. Michele fece cose illogiche, in quanto cercava di pensare con la testa disturbata della moglie. In ultimo, contattò il 118 e si recò dai carabinieri intorno alle 10.30.

Michele da un punto di vista comportamentale ha mostrato, in occasione della scomparsa della moglie, atteggiamenti costruttivi e finalizzati a ricerche concrete che non si riscontrano mai nei rei di omicidio. L’immediatezza nella richiesta di aiuto è un segnale di attivazione immediata spiegabile solo con la volontà di ritrovare un proprio caro che nessun colpevole, in specie se costui può prender tempo prima di denunciare una scomparsa, mette in atto, tantomeno prima di essersi disfatto del cadavere.

Buoninconti cercò la moglie prima a casa, poi chiamò i vicini per sapere se fosse a casa loro o se l’avessero vista. Egli coinvolse in modo logico prima i vicini, poi i parenti, poi si rivolse al 118 e su suggerimento dell’operatore del 118 si diresse dai carabinieri per fare una denuncia, utile per poter richiedere informazioni ai pronto soccorso, il tutto in circa un’ora e 45 minuti di tempo, mostrandosi consapevole, che, essendo con tutta probabilità Elena nuda, si doveva far presto, e desideroso di ritrovare la madre dei propri figli, prodigandosi nel fornire a tutti più informazioni possibili, indicandola come una donna in stato confusionale, senza vestiti e senza occhiali.

Ricostruzione dei movimenti e stato psichico di Elena Ceste la mattina del 24 gennaio 2014:

La Ceste la mattina del 24 gennaio 2014 si allontanò da casa, poco dopo le 8.15, in preda ad una crisi psicotica caratterizzata da allucinazioni uditive e da un delirio persecutorio. La donna dopo aver accompagnato i bambini ed il marito all’auto rientrò in casa, si tolse la giacca, che Michele le aveva messo sulle spalle, e premette il pulsante di apertura del cancello automatico, uscì di nuovo, si tolse gli abiti in due tempi, prima le ciabatte ed il maglione, che lasciò sul tombino di fronte alla porta di casa, quindi si avvicinò al cancello per impedire che si chiudesse, finì di denudarsi per poi allontanarsi e trovare la morte nel letto del Rio Mersa per assideramento. Elena era in preda ad un delirio persecutorio e si nascose ai suoi ‘persecutori’ proprio dove sono stati ritrovati i suoi resti. Il ritrovamento del cadavere ad una distanza ridotta dall’abitazione avvalora la tesi dell’allontanamento volontario, la Ceste percorse infatti quel tragitto in pochi minuti e la sfortuna volle che nessuno la vedesse.
L’indagato ha raccontato nel dettaglio a familiari, inquirenti e giornalisti i sintomi che la moglie aveva cominciato a manifestare già dal pomeriggio del giorno precedente la sua scomparsa e che si erano esacerbati durante la notte, quei sintomi, ovvero un delirio persecutorio lucido, senza alterazioni dello stato di coscienza, presente già dal pomeriggio del 23 gennaio, le allucinazioni uditive, il battersi sulla fronte per scacciarle, associati al denudamento che seguì e che precedette l’allontanamento della donna da casa, ci permettono di ricostruire un quadro psicotico certo, che il signor Buoninconti non può essersi inventato.
Una severa alterazione dell’equilibrio psichico di Elena si manifestò dal pomeriggio del 23 gennaio fino al momento della sua scomparsa, cui seguì a breve la morte. Quel pomeriggio, Michele, invitato a rientrare in casa dall’orto da sua figlia Anna di 5 anni perché la mamma non stava bene, trovò la moglie seduta in terra che piangeva e si lamentava di alcune persone che non la ‘lasciavano stare’ inviandole messaggi sul telefonino. Quelle lamentele di Elena furono il primo segnale di un delirio persecutorio. La Ceste non si era mai aperta con il marito fino a quel pomeriggio, quando, ormai in preda al delirio, gli fece leggere i messaggi del comune amico Damiano Silipo che Michele interpretò come innocui. A questi messaggi Buoninconti non diede peso in quanto comprese che il racconto della moglie non era logico, anzi cercò di incoraggiarla e di farla ridere con il solletico (verbale di sommarie informazioni di Michele Buoninconti del 4 aprile 2014, pag. 10). A quella prima manifestazione pomeridiana psicotica del 23 gennaio, seguì un periodo di apparente tranquillità, finché il quadro sintomatologico si arricchì durante la notte delle allucinazioni uditive, voci che dicevano ad Elena che non era una buona madre e che lei tentava di scacciare picchiandosi sulla fronte, inoltre il delirio persecutorio si fece più importante, non solo ‘non la lasciavano stare’ ma i suoi persecutori erano, a suo dire, decisi a portarla via da casa, ad allontanarla dai suoi figli, il motivo ce lo spiegano le sue allucinazioni uditive che le ripetevano che ‘non era una buona madre’. La Ceste allo scopo di allontanare le allucinazioni uditive si era picchiata ripetutamente sulla testa, tanto da arrossarsi la fronte, anche questa reazione alle allucinazioni uditive è di comune osservazione nei soggetti affetti da questo tipo di sintomi ed avvalora il racconto del marito. Durante la notte quindi, si compose un quadro classico di psicosi con totale disgregamento della personalità.
Dopo quella notte ‘difficile’ la Ceste, nonostante apparisse serena, non accompagnò i figli a scuola, anche se era compito suo, perché non se la sentiva e questo fatto inusuale ed improvviso, come confermato dai bambini, è la riprova che qualcosa non andava. Quella mattina, i figli non notarono nulla di anomalo nel comportamento della madre, ella infatti non aveva manifestato evidenti segnali di ‘squilibrio’ ma pochi minuti prima che lasciassero l’abitazione, Elena, mentre i bambini si trovavano in auto, invitò il marito a non portare i figli a scuola, tornando a manifestare un delirio persecutorio, questa volta arricchitosi da idee di controllo sui figli da parte di soggetti estranei alla famiglia.
Se è vero che Elena manifestò solo dal pomeriggio del 23 gennaio 2014 veri e propri sintomi psicotici, ella stava ‘covando’ una crisi psicotica già dal mese di ottobre, nonostante all’epoca la donna fosse ancora socialmente competente. Proprio in quel periodo, Elena confidò all’amica Fiorenza Rava, all’amico Giandomenico Altamura ed al parroco di Motta alcune sue paure, originate da suoi comportamenti ‘sbagliati’, ovvero dall’aver tradito il marito. Elena era convinta di essere stata ‘tradita da una vecchia conoscenza’ e di ‘essere sulla bocca di tutti’. Si inferisce dai racconti dei suoi confidenti che nella psiche della Ceste, in autunno, si erano affacciati alcuni pensieri ossessivi persecutori che sono a posteriori riconoscibili come il germe del suo delirio persecutorio manifestatosi alla fine di gennaio. I ‘confidenti’ della Ceste, a ragione, ebbero l’impressione ascoltandola che nei suoi racconti ci fosse qualcosa di anomalo, che non fossero aderenti alla realtà (lo vedremo in seguito più in dettaglio analizzando le loro testimonianze).
Buoninconti era all’oscuro sia dei tradimenti che di quelle confidenze che nessuno gli aveva riferito, egli dice la verità quando afferma di non essersi accorto, prima del pomeriggio del 23 gennaio, del disagio della moglie. A Michele, Elena nascose i tradimenti ed anche le angosce che le avevano provocato, fino a poche ore prima della scomparsa.
Le psicosi sono una patologia psichiatrica molto comune, ad eziologia multifattoriale, a modalità di esordio variabile, che si differenzia da soggetto a soggetto per sintomatologia, gravità e prognosi. L’età d’insorgenza è variabile e colpisce dall’1 al 2% della popolazione, senza distinzione tra i sessi. La crisi psicotica è evidentemente un disturbo psichico molto comune, spesso definito volgarmente ‘esaurimento nervoso’. Un soggetto affetto da psicosi necessita di una terapia specialistica, nel caso una crisi si risolva spontaneamente, facilmente recidiva se il soggetto non viene sottoposto a terapia farmacologica. Soggetti diversi sviluppano crisi psicotiche caratterizzate da un diverso ‘set’ di sintomi. I sintomi delle psicosi possono essere grossolanamente suddivisi in due categorie, sintomi ‘positivi’ e ‘negativi’ e non è necessario, per giungere ad una diagnosi, che si manifestino tutti nel solito soggetto. Tra i sintomi ‘positivi’ si riscontrano: disturbi della forma del pensiero (alterazioni del flusso ideativo, incoerenza, alterazioni dei nessi associativi, eloquio disorganizzato), disturbi del contenuto del pensiero (deliri), disturbi della senso percezione (dispercezioni ed allucinazioni uditive, visive, olfattive, tattili, cenestetiche, gustative) e disturbi comportamentali di tipo disorganizzato (movimenti bizzarri e denudamento). Tra i sintomi ‘negativi’ possono comparire sintomi autistici, catatonia o isolamento. Come appena accennato le modalità d’esordio della psicosi sono variabili da soggetto a soggetto, prima della vera e propria crisi psicotica possono manifestarsi i cosiddetti prodromi o precursori, come: cambiamenti di umore, ritiro sociale, pensieri ossessivi e ritualità comportamentali, segnali difficilmente riconoscibili come clinicamente rilevanti all’occhio inesperto di un familiare e spesso perfino a quello più esperto di un medico di base, ma indici comunque di un esordio subacuto della crisi.
Elena come abbiamo visto in precedenza manifestò, alcuni mesi prima della crisi psicotica vera e propria, i cosiddetti prodromi, ovvero un profondo disagio emotivo e pensieri ossessivi specifici con neppur troppo sfumate idee di riferimento.
Lo stato psicotico è una condizione che provoca la perdita del contatto con la realtà e proprio per questo conduce frequentemente a comportamenti anomali ed a causa dell’assenza di critica dovuta alla compromissione intellettiva, a volte pericolosi. I soggetti in preda al delirio ed alle allucinazioni possono mettere in atto comportamenti imprevedibili di tipo grossolanamente disorganizzato, ovvero condotte strane, con carattere d’impulso, immotivate, irrazionali, inutili, insensate, assurde, tra queste si riscontrano smorfie, stereotipie, automatismi verbali, fughe senza meta, denudamento, suicidio e delitti senza scopo (Ugo Cerletti, psichiatra, Scritti sull’elettroshock, Roberta Passione, Franco Angeli Editore). Il denudamento di Elena che precedette la sua fuga da casa, rientra semplicemente tra le anomalie del comportamento che possono manifestarsi nei soggetti psicotici.
Ogni crisi psicotica, seppur imprevedibile, ha un motivo scatenante, un cosiddetto ‘trigger’ o innesco. La Ceste aveva tradito il marito, per questo motivo si sentiva in colpa e temeva delle ripercussioni. Elena viveva da qualche mese un conflitto manifesto causato dal contrapporsi di esigenze interne contrastanti, un conflitto tra i suoi desideri e le sue esigenze morali, da questo conflitto hanno avuto origine i suoi sintomi. I contenuti sia del suo delirio che delle sue allucinazioni uditive ci mostrano i motivi scatenanti della sua crisi psicotica, le ‘voci’ che le dicevano che non era una ‘brava madre’, il delirio persecutorio per cui temeva di essere allontanata da casa e che le portassero via i figli, furono evidentemente prodotti del suo senso di colpa. Su questo sensibile terreno il vero motivo scatenante, il trigger, ciò che più specificamente scatenò la crisi della Ceste, furono i numerosi messaggi ricevuti da Damiano Silipo il giorno 20 gennaio, che la donna visse in modo persecutorio, attribuendo agli stessi un significato abnorme, e che mostrò al marito proprio nel pomeriggio del 23 gennaio dicendo lui: ‘Non mi lasciano stare’, contribuirono inoltre a scatenare la crisi anche il tentativo di contattare Elena fatto dal Silipo il giorno 21 gennaio, quando il telefono della donna era in mano a Buoninconti ed un ulteriore messaggio del giorno 23 gennaio.
Dai racconti di Michele fatti al giornalista di Chi l’ha visto ed andati in onda nella puntata del 26 febbraio 2014 si evince che la Ceste il pomeriggio del 23 gennaio era in preda ad un delirio persecutorio: ‘Che mia moglie avesse dei problemi non me ne sono mai accorto perché non mi ha mai dato dimostrazione e quel giovedì, il giovedì (23 gennaio 2014) prima che scomparisse, verso tardo pomeriggio salgo sopra e trovo mia moglie accovacciata lì tra la cucina e il soggiorno e c’era mia figlia piccola vicina e lei stava piangendo, mia moglie e chiedo: Cosa è successo? E lei mi dice: Non mi lasciano stare. Ho detto: Ma come, chi è che non ti lascia stare? Fammi capire! Non mi lasciano stare, non mi lasciano stare, non mi vogliono lasciar stare! E mi fa vedere il telefonino, mi ha fatto, mi ha messo lei la videata dei messaggi e c’era un elenco di messaggi fatti nell’arco della giornata dalla stessa persona, erano messaggi cheee mmm… all’inizio non ho, non ho pensato male perché erano come se un amico volesse consolare un’amica, c’era scritto: Ti voglio bene, perché non mi chia.. Perché non mi rispondi al telefono? E poi c’era addirittura una che diceva: Perché non rispondi, se mi hai cercato tu? E’ perché ti senti sola ed hai bisogno di parlare. E poi un altro: Ci vediamo al solito posto. Vedendo…. è il papà del compagno di mio figlio… ho cominciato a pensare questo, infatti gli ho chiesto spiegazioni a mia moglie, ho detto ma guarda un po’ questi messaggi, tra questo messaggio e quest’altro ci manca un nesso, perché lui per farti il secondo messaggio, tu gli hai risposto al primo e ho detto: Fammi vedere anche i tuoi messaggi. Ha detto lei: Ma non ci sono, sono gli altri che li fanno al posto mio. Ho detto: Ma come gli altri li fanno al posto mio? Gli (le) ho chiesto: Gli altri chi? Perché poi la faccenda dei messaggi, ho visto che mia moglie non collaborava, ho lasciato perdere, ho detto, perché dopo lei si è rasserenata e abbiamo fatto cena tutto, io mi son visto Don Matteo, lei è venuta a stirare di qua…’.
Dai racconti di Michele al giornalista di Chi l’ha visto andati in onda nella puntate del 12 febbraio e del 19 febbraio 2014 si comprende invece che Elena la notte tra il 23 ed il 24 gennaio era in preda ad una crisi psicotica caratterizzata da un delirio persecutorio e da allucinazioni uditive: ‘Durante la notte lei si sveglia e mi sveglia anche a me. Io dico: Come mai non riesci a dormire? Perché lei era seduta lì sul letto e mi teneva scoperto, io avevo freddo, sono stato costretto a svegliarmi, gli chiedo: Cosa hai? E lei dice: Ho delle voci in testa che non, non mi lasciano stare. E ho detto: Quali voci hai? Eh, dicono di me che sono una cattiva mamma e mi fa proprio direttamente a me, dice: Sono io una cattiva mamma? Ed allora io più che rasserenare cosa posso fare? Dico: Ma come Elena, come puoi dire una cosa del genere? E poi chi lo pensa una cosa del genere? Perché tu mamma di 4 figli puoi mai essere una cattiva mamma?! Così riesco a rassicurala, me la tiro verso di me, me la faccio stare un po’ sul petto, l’accarezzo, la coccolo, finché lei riesce a rilassarsi e ci addormentiamo in due. E adesso che mi ricordo nella notte quando lei mi parlava di tante cose, lei ha specificato anche: Non permettere che mi portino via, dove vado? Dove posso mai andare io? E io gli ho detto: Ma chi ti fa andare via? Questa e’ la tua casa, nessuno ti caccia via….’.
Nei racconti di Michele al giornalista di Chi l’ha visto andati in onda nella puntata del 26 febbraio 2014 si evincono altri dettagli della crisi psicotica notturna di Elena: ‘… la notte avevo freddo verso le 2 di notte, 2 e mezzo potevano essere adesso con precisione non mi ricordo co… esattamente e sentivo freddo e mi sono tirato una volta le coperte addosso e di nuovo me le sono tirate un’altra volta, al che dopo un po’ ti svegli e ho visto mia moglie ed era lì seduta sul letto, ho detto: Cosa fai? perché mi scopri? E lei si batteva in fronte, addirittura gli avevo visto che qui s’era fatta rossa, ho detto: Ma cosa stai facendo? Ha detto: Le voci che mi tormentano. Ho delle voci che mi tormentano in testa’.

Il mattino del 24 gennaio, Michele credette che Elena avesse superato la crisi notturna, in realtà ella appariva serena ma non lo era, poco prima che Michele accompagnasse i bambini a scuola ella tornò a delirare, inserendo nel suo delirio un altro elemento persecutorio, il timore che le controllassero i figli. ’.. al mattino quando l’ho vista che mi è venuta a chiamare era be.. era già vestita tutta, l’ho guardata una faccia serena, ho detto: Ah, è stato un incubo, meno male mia moglie è serena, è stato solo un incubo. Poi dopo la colazione i bambini hanno iniziato a scendere giù uno per volta, hanno iniziato a mettersi in macchina e io nel frattempo scendevo anch’io per portarli a scuola e lei mi ha seguito ed ha iniziato di nuovo a dirmi: Lasciali a casa i bambini, non li portare a scuola. Lasciali a casa, non li portare a scuola. Ho detto: E perché non devo portarli a scuola? Non devi portarli a scuola perché ce li controllano, perché loro hanno messo cose brutte su di me e adesso vogliono condizionare i nostri bambini, ce li controllano, sì, perché i nostri bambini ce li vogliono controllare, vogliono portarli lontano da me’ (Chi l’ha visto, intervista a Michele Buoninconti in onda nella puntate del 12 febbraio e del 19 febbraio 2014).
Nel verbale di assunzione di informazioni del 4 aprile 2014, pag. 10, Michele ha riferito che, quella notte, Elena ‘continuava nel dire sono sulla bocca di tutti, mi meraviglio che tu non lo sappia, ne parla tutto il mondo…. Parlava del fatto che le fosse stata clonata l’identità del computer’, il suo racconto è credibile, egli ha riportato agli inquirenti frasi della moglie che ella aveva già riferito ai suoi ‘confidenti’ nel mese di ottobre, i quali non si erano mai confrontati su quei temi con Michele. Evidentemente, come abbiamo già detto, quelle paure di ottobre non erano altro che pensieri ossessivi specifici, prodromi del suo delirio persecutorio di gennaio.
Probabilmente, ancora prima del pomeriggio del giorno precedente la sua scomparsa erano tornati a manifestarsi nella mente della Ceste quei pensieri ossessivi che l’avevano afflitta nel mese di ottobre, in quanto già il 22 gennaio l’amica Fiorenza si era accorta che qualcosa turbava Elena. La signora Fiorenza Rava ha riferito agli inquirenti alcune sue osservazioni sulle condizioni di Elena quel giorno, due giorni prima della sua scomparsa: ‘Ricordo molto bene e me lo porterò dietro per sempre, l’espressione di Elena quel mattino del 22 gennaio in cui essendomi recata a casa loro per l’acquisto delle uova, Michele mi aveva accolto a casa, era andato a recuperare le uova nel pollaio ed il tempo del confezionamento nei contenitori, ricordo che Elena si era affacciata dalle scale e mi era apparsa con una espressione magonata. Più timida e schiva, solo come se avesse bisogno di dirmi qualcosa e si sia trattenuta anche dal pianto: in effetti io dopo aver preso le uova ho salutato Michele che stava tornando in cortile alle ordinarie sue occupazioni e mi sono congedata da Elena che è salita nuovamente in casa, salutandomi sommessamente. Non la avevo mai vista così prima, tanto è vero che tornando a casa di mia madre ricordo di averglielo subito raccontato. Non so dire di più ma quella sua espressione di tristezza, mista a malinconia mi è rimasta nel cuore’ (pag. 1, verbale di sommarie informazioni di Fiorenza Rava del 15 dicembre 2014).
In un’intervista, andata in onda durante la trasmissione Chi l’ha visto del 9 aprile 2014, la signora Fiorenza Rava, riguardo a quel 22 gennaio, ha dichiarato: ‘Io ero andata su per prendere le uova, c’era Michele, me le ha date lui e nel frattempo Elena scende le scale e io ho avuto impressione che fosse magonata, che avesse voglia di piangere, che avesse voglia di dirmi qualcosa, io non ho osato non avevo.. non ho nessun diritto di chiederle sue cose private e ci siamo lasciate così, che adesso col senno di poi potevo chiedere, dovevo chiedere, invece non ho osato’.
Sempre nella stessa puntata di Chi l’ha visto, del 9 aprile 2014, è andata in onda un’intervista a Michele Buoninconti che riguardo a quell’episodio ha dichiarato: ‘Io non ho notato niente quel giorno lì, infatti le lo ho lasciate da sole e io sono, mi sono anche allontanato, quando quella persona lì, se quella persona lì aveva notato qualcosa visto che erano amiche, perché non si è soffermata un attimo? Perché adesso è facile dire: E io l’ho vista strana…’.
Nell’ordinanza di applicazione della misura coercitiva alle pagine 58 e 59 si legge: ‘Riguardo a quel giorno Fiorenza Rava notava Elena Ceste particolarmente scossa e bisognosa di conforto. La testimone conserva il ricordo di una donna pronta a commuoversi, sino al sopraggiungere di Michele Buoninconti che con il suo arrivo aveva bloccato ogni confidenza, riferendo di aver percepito nella persona offesa descritta come tesa e preoccupata, il senso di forte disagio’.
Elena in realtà appariva frenata dalla presenza del marito poiché a lui aveva nascosto ciò che in precedenza aveva confidato alla Rava, ed intendeva farlo ancora. La Ceste non aveva motivo di temere Michele, si bloccò solo perché non voleva che il marito venisse a conoscenza delle sue infedeltà. La signora Fiorenza Rava aveva ricevuto nel mese di ottobre delle confidenze da parte di Elena che non avevano di sicuro come soggetto Buoninconti e la Ceste mai si era lamentata con lei dei comportamenti del marito, né lo aveva fatto con l’amico Giandomenico Altamura, in quel periodo ella aveva riferito soltanto, sia a Fiorenza che a Giandomenico, di aver sbagliato, di essere stata tradita da una persona che credeva amica e di essere sulla bocca di tutti.
Quindi nonostante i sintomi durassero da ore, sebbene con periodi di interruzione, Michele sottovalutò le difficoltà di Elena nella speranza che non fosse altro che una crisi passeggera, un momento di stress che la faceva farneticare, ma che sarebbe passato, assumendo un atteggiamento tipico della maggior parte dei familiari che tendono a negare la malattia psichiatrica per paura e per la difficoltà a riconoscerne i sintomi.
Il perché Elena si allontanò non appena i suoi familiari lasciarono l’abitazione, lo abbiamo già accennato e si spiega facilmente, i comportamenti dei soggetti psicotici sono conseguenza delle loro idee deliranti o reazioni alle loro allucinazioni che, influenzandone il pensiero, indirizzano di conseguenza i loro atti, che proprio per questi motivi sono anomali. Il suo allontanamento non fu altro che una risposta comportamentale al suo convincimento delirante.
I deliri hanno contenuti strettamente legati all’esperienza soggettiva di chi li manifesta. Elena aveva tradito Michele e la sua paura di venir scoperta, il timore di alterare l’equilibrio familiare, il senso di colpa per aver commesso un atto reprensibile, il rimorso ed un senso diffuso di indegnità personale che l’affliggevano, si manifestarono inizialmente (ottobre-novembre) con pensieri ossessivi ed in seguito con un quadro psicotico completo caratterizzato da allucinazioni uditive, da un delirio persecutorio e da disturbi comportamentali quali il denudarsi e l’allontanarsi da casa per nascondersi. La Ceste, la notte precedente la scomparsa, riferì a Michele di temere che la portassero via, ella quella mattina prese delle misure preventive nei confronti di coloro che avrebbero voluto, a suo avviso, portarla via di casa, cercò di impedire ai suoi persecutori immaginari di compiere ciò che credeva le avrebbero fatto ed a tal scopo si nascose nel Rio Mersa. La sfortuna di Elena furono le basse temperature, se fosse stata primavera o estate, la donna con tutta probabilità sarebbe stata avvistata dai contadini nei campi nei giorni seguenti alla sua fuga, mentre purtroppo quel giorno ella si assopì a causa del freddo e della fatica che le indusse il delirio e poi morì per assideramento. A tal riguardo nelle conclusioni della sua consulenza tecnica la Dott.ssa Chantal Milani, antropologo forense, ribadisce che ‘l’assenza di lesioni di qualsivoglia natura non permette di stabilire con certezza una causa di morte e procedendo secondo la stessa linea ‘per esclusione’ tracciata dai consulenti del Pubblico Ministero, ha ritenuto la causa di morte per assideramento, più probabile rispetto a quella asfittica e concordante con tutti gli elementi emergenti, nudità, stagione invernale, assenza di segni lesivi di natura traumatica sulle ossa e sulle parti molli residue, luogo poco visibile e scarsa serenità emotiva’.
Ci conferma la bontà dell’ipotesi dell’allontanamento volontario un racconto fatto dal figlio Giovanni al padre, egli ha riferito che la madre, mentre lo vestiva la mattina della scomparsa, gli aveva detto: ‘Se mamma scappa voi dovete crescere da soli’, quindi, con tutta probabilità, Elena pensava già alla fuga, la Ceste infatti usò il verbo ‘scappare’. (pag 5, annotazioni d’indagine relative alla denuncia di scomparsa di Elena Ceste, 26 gennaio 2014)
Elena quella mattina si denudò e reagì al suo delirio persecutorio, prese un’iniziativa, nel timore di venir portata via da casa, scappò e si nascose ai suoi ‘fantomatici’ persecutori nel greto di quel fiumiciattolo, inconsapevole, a causa della sua condizione psichica, che le indusse un profondo distacco dalla realtà, che il freddo avrebbe avuto il sopravvento su di lei. La Ceste non desiderava morire, solo nascondersi. Proprio il ritrovamento del corpo nudo ad una distanza ridotta dall’abitazione e la sede stessa, avvalorano l’ipotesi dell’allontanamento volontario. Il luogo in cui sono stati ritrovati i resti della donna, sarebbe risultato infatti estremamente indaginoso da raggiungere ad un soggetto deciso ad occultare un cadavere, ma ben più semplice da raggiungere da un soggetto allo scopo di nascondersi deliberatamente.
Non stupisce il fatto che Elena abbia abbandonato oltre agli abiti anche gli occhiali, la donna era solo miope e non ebbe difficoltà a raggiungere il fosso senza correzioni. A tal riguardo, Buoninconti ha riferito al Pubblico Ministero durante l’interrogatorio del 2 febbraio 2014 che Elena ‘ci vedeva, a volte in casa stava senza occhiali’ (pag. 7).
Ad accreditare l’ipotesi che la Ceste soffrisse di psicosi, come abbiamo accennato in precedenza, non sono solo i racconti di Michele di quell’ultima notte passata insieme, ma anche quelli della signora Fiorenza Rava, conoscente di Elena, del parroco di Motta di Costigliole don Roberto e dell’amico della Ceste, Giandomenico Altamura, i quali hanno riferito ad inquirenti e giornalisti di alcuni contatti verbali che ebbero con la Ceste nei mesi che precedettero la sua scomparsa. I tre, nel mese di ottobre ricevettero delle confidenze da parte di Elena, la donna riferì a queste persone di essere preoccupata per le ripercussioni di un suo comportamento ‘sbagliato’. Giandomenico Altamura ha raccontato ai giornalisti i contenuti di un colloquio telefonico con la Ceste, in questi termini: ‘…qualcuno che la voleva infangare, che voleva screditarla, parlava di un amico di vecchia data, una mia vecchia conoscenza ripeteva Elena e aggiungeva che questa persona diceva di avere delle cose da dire, forse delle cose da poter fare come se potesse dire al marito di Elena chissà quali cose….Elena era convinta che il marito sapesse ma non ho mai capito cosa cavolo sapesse perché lei non me l’ha mai spiegato ma lei era certa che il marito sapesse, che tutti sapessero, una volta mi ha detto che quando inviava un messaggio col suo telefonino a me, contemporaneamente quel messaggio arrivava al marito, al cellulare del marito le ho detto forse c’è qualcosa che non va nella tua testa non so perché se è come dici tu basta che prendi il cellulare di tuo marito e vedi che messaggio c’è, ma lei glissava e continuava a ripetere: Mio marito sa, lui sa! E poi era certa che qualcuno era entrato nel suo account di Facebook e che qualcuno la seguisse, sono stata infangata continuava a ripetere. Ma da chi? Le avrò chiesto mille e cinquecento volte, me lo dici da chi? E su cosa ti infangano? Ma lei glissava, c’è gente cattiva, ripeteva, persone che conosco, un amico di vecchia data continuava a ripetere… era molto agitata’(puntata di Chi l’ha visto del 9 aprile 2014).
Elena confidò verso la fine di ottobre le sue preoccupazioni anche al parroco di Motta di Costigliole e lui le ha riferite il 12 marzo ad una giornalista di Chi l’ha visto in questi termini: ‘La cosa sorprendente è che tanto più sembra che lei dicesse a varie persone questa cosa, che era sulla bocca di tutti e quanto che le persone più vicine sembra non ne sapessero un granché. E quindi chi ci capisce, è difficile sapere quanto ci fosse di reale e quanto ci fosse di non so, se un senso di colpa o qualcosa del genere… nell’incontro che abbiamo avuto una volta si vedeva che era così, un po’ spaventata o che aveva qualche cosa così, però io era la prima volta che la vedevo, quindi non sapevo nulla di lei fino a quel giorno…è stata molto vaga e io non ho voluto, visto il clima, visto la sensazione che c’era, ho cercato di tranquillizzarla in una forma un po’ generica. Quando c’è una persona che è un po’ più spaventata di quello che di solito potrebbe essere, però senza indagare tanto sulle cose e anche perché immaginavo che successivamente avremmo avuto occasione magari di vedersi di nuovo…’.
Il parroco don Roberto comprese subito, nonostante fosse la prima volta che incontrava la Ceste, che le preoccupazioni della donna non avevano a che fare con la realtà ma forse erano causate da un profondo senso di colpa.

Ad ottobre, proprio nel periodo in cui si confidò con la signora Fiorenza Rava, il signor Giandomenico Altamura ed il parroco, Elena aveva bloccato il proprio profilo Facebook per evitare che altri vi scrivessero ed il 3 novembre si era rivolta ad un esperto per far controllare gli eventuali accessi di estranei al social network attraverso il suo profilo, timore che come abbiamo visto aveva riferito anche all’amico Altamura e del quale torneremo a parlare.

Le confidenze fatte ad ottobre dalla Ceste a Fiorenza Rava si trovano nel verbale di sommarie informazioni del 15 dicembre 2014 della signora Rava: ‘Era stata Elena quel giorno a portarmi le uova, siamo entrate in garage dai miei genitori, lei mi consegna le uova e scoppia a piangere, dicendomi: Sono sulla bocca di tutti. Aggiungeva che una persona che credeva amica l’aveva tradita su internet, Facebook e continuava a dire che era sulla bocca di tutti. Parlava di un amico che l’aveva tradita. Continuava a piangere, dicendo di aver sbagliato, di essersene resa conto. Era davvero scossa, io la vedevo anche magra, al punto che lei stessa mi aveva detto di faticare a mangiare, ma si era resa conto di aver sbagliato ma era pronta a rimediare, a farcela da sola, a recuperare ed ha accennato un leggero sorriso. Anche poi salutandoci aveva ripreso a piangere e ho cercato di rassicurarla’.

La signora Fiorenza Rava ha riferito agli inquirenti di non aver ricevuto nessun altra confidenza dalla Ceste dopo quel giorno di ottobre: ‘Questa è stata l’ultima volta in cui abbiamo parlato di lei e delle sue angosce… Da quel giorno l’ho vista in altre occasioni sempre per l’acquisto delle uova e mai più l’ho vista magonata. Mi pareva anzi tranquilla, forse solo un pochino più taciturna, ma era tornata la Elena di sempre’ (pag. 2, verbale di sommarie informazioni di Fiorenza Rava del 15 dicembre 2014). Nelle dichiarazioni della signora Rava si fa riferimento ad un cambiamento del comportamento di Elena, la Rava la descrive, dopo quel periodo, come ‘più taciturna’, non è un dettaglio da poco, ma piuttosto un segnale di un cambiamento dovuto al manifestarsi dei prodromi, un sintomo negativo residuale dei suoi pensieri ossessivi persecutori.

La signora Lucia Reggio, madre di Elena e la di lei sorella Daniela vennero a conoscenza dei pensieri ossessivi di Elena nel mese di novembre e come Fiorenza Rava, Giandomenico Altamura e Don Roberto, li sottovalutarono. A tal riguardo, la Reggio ha riferito agli inquirenti che la figlia il 3 novembre 2014 se l’era presa con Facebook dicendo che erano state scritte delle cose non da lei che la esponevano alle chiacchiere, ‘tutti sanno, tutti sapete, non ho scritto io’ (pag. 2, verbale di sommarie informazioni di Lucia Reggio dell’ 8 aprile 2014). Daniela Ceste invece ha dichiarato di essere stata al corrente di una situazione di disagio di Elena, ‘circa un qualcosa di sbagliato che avrebbe fatto, che ormai lo avrebbero saputo tutti ed anche i figli l’avrebbero vista come un mostro’ (pag 5, annotazioni di indagine relative alla denuncia di scomparsa di Elena Ceste, 26 gennaio 2014).

Il primo sopralluogo dei carabinieri in casa Buoninconti- Ceste:

I carabinieri hanno riportato nel loro verbale che durante il primo sopralluogo in casa Buoninconti-Ceste “Nessuna traccia visibile e riconducibile a reato veniva rilevata nell’abitazione.
L’unica stranezza risultava il letto matrimoniale da lui ricomposto” (pag. 4, annotazione di P.G. del 19 maggio 2014).
Non è rilevante il fatto che Michele abbia rifatto o meno il letto matrimoniale, quanto che, al suo ritorno dal paese, i letti dei bambini fossero ‘sfatti’ e le tazze della colazione da lavare.
Buoninconti lasciò la casa verso le 8.10 e, circa 35 minuti dopo, trovò la casa come l’aveva lasciata, nonostante Elena fosse rimasta per fare le faccende domestiche.
Il fatto che la casa, al ritorno di Michele, fosse ancora in disordine esclude l’omicidio ed avvalora invece l’ipotesi dell’allontanamento volontario della Ceste, di poco posteriore alla partenza del marito e dei figli, cui seguì la morte.
Infatti, se la Ceste fosse rimasta in casa, avrebbe rifatto i letti e sistemato la cucina, di sicuro non avrebbe perso tempo, sapendo che avrebbe dovuto fare le faccende, recarsi dal dottore e preparare il pranzo per sei persone.
Dell’attitudine di Elena alla cura attenta della casa ne parla la madre Lucia Reggio a pag.1 del verbale del 29 gennaio 2014: “si prodigava forse troppo alle pulizie della casa”.
Mentre Michele Buoninconti in una intervista a Chi l’ha Visto, andata in onda il 30 aprile 2014, ci spiega le dinamiche familiari, che evidentemente collidono con quelle della mattina del 24 gennaio e ci permettono di inferire quanto quel giorno Elena, a causa di un disturbo psichico, non fosse stata in grado di comportarsi come la mamma di sempre: “E’ talmente indaffarata, perché porta i bambini a scuola, poi prepara il pranzo, poi riparti di nuovo e poi arriva che i bambini hanno fame e lei fa già trovare tutto pronto, a volte la pasta la cuoce addirittura prima di partire perché purtroppo quando arrivano i bambini, all’una e venti sono affamati, prima che mangiano delle merendine che poi saltano il pranzo, lei, mia moglie gli prepara già quasi tutto pronto e poi a volte collaboriamo io e lei, quando io sono in casa, lei mi dice: Vedi che vado a prendere i bambini a scuola, butta tu la pasta, ti ho preparato tutto. E lei parte e all’una e venti so che escono, in 10 minuti arriva a casa ed io in dieci minuti cuocio la pasta e così quando arrivano trovano la pasta pronta perché il secondo lei lo prepara già al mattino’.

La mancata consegna ai carabinieri degli occhiali della moglie:

Michele non consegnò gli occhiali ritrovati in cortile ai carabinieri, ovvero quelli che Elena indossava solitamente. Questo episodio si spiega facilmente, Michele dopo aver consegnato gli abiti della moglie aveva creduto che i carabinieri non li avessero ben analizzati e gli stessi gli apparvero negligenti in quanto indicarono in un verbale di aver sequestrato una chiavetta mentre in realtà la lasciarono a casa Buoninconti- Ceste. La poca stima nei confronti dei componenti dell’Arma, forse a causa dei dissidi tra i colleghi delle diverse stazioni, quella di Govone e quella di Costigliole, gli fece pensare che sarebbe stato meglio far analizzare gli occhiali ad un perito di sua scelta per cercare eventuali impronte lasciate da estranei.

Il denudamento della Ceste:

Elena poco prima di allontanarsi da casa si spogliò volontariamente, il denudamento, come abbiamo già visto, rientra semplicemente tra le anomalie del comportamento messe in atto dai soggetti psicotici a causa della perdita del contatto con la realtà e della compromissione della capacità critica.

La testimonianza della vicina, la signora Renza Riccio, che ha riferito agli inquirenti di aver visto Elena in cortile priva di un abbigliamento adeguato al clima, senza giacca, vestita solo con un maglione, pochi minuti dopo l’uscita mattutina di Michele, intorno alle 8.15, avvalora la tesi di un denudamento ed allontanamento volontari (pag 4, annotazioni d’indagine relative alla denuncia di scomparsa di Elena Ceste, 26 gennaio 2014). La testimonianza della signora Riccio è affidabile, in quanto ella non si limitò a constatare la presenza di Elena in cortile, ma notò un particolare di rilievo, ovvero che la donna non era vestita adeguatamente per le temperature di quel mattino, quella peculiarità le indusse una riflessione e fissò il ricordo nella sua mente, tra l’altro, la sua osservazione si ascrive perfettamente negli sviluppi di quella mattina. La vicina vide Elena mentre si spogliava, in una fase iniziale del suo denudamento. Elena era appena rientrata in casa dove aveva lasciato la giacca che Michele le aveva messo addosso ed aveva azionato il pulsante di apertura automatica del cancello, poi era uscita di nuovo, davanti al portone si era tolta le ciabatte ed il maglione e poi, temendo che il cancello si chiudesse, si era avvicinata allo stesso per impedirlo ed aveva finito di spogliarsi proprio nei pressi del cancello. Il ritrovamento degli abiti in due zone diverse del cortile e lo stato in cui furono ritrovati, il maglione a collo alto rivoltato ed il resto degli indumenti, uno ammucchiato sull’altro, la canottiera al rovescio, le calze auto-reggenti al contrario ed all’interno dei pantaloni, le mutande all’interno dei pantaloni ed il reggiseno dentro la maglia (verbale di sommarie informazioni di Michele Buoninconti del 4 aprile 2014 e pag. 5 dell’ordinanza di riesame), supportano l’ipotesi del denudamento volontario della Ceste e per di più messo in atto in fretta per il timore che il cancello si chiudesse, la sequenza appare logica. Per quanto riguarda le calze di Elena, del costo di 100 euro, alla donna era stata da poco asportata una grossa vena varicosa, le calze auto-reggenti che indossava quel mattino erano spesse calze elastiche che difficilmente si rompono, quindi, quel tragitto dal tombino al cancello con le sole calze ai piedi è compatibile con le condizioni in cui furono ritrovate le stesse dal marito.
Proviamo invece ad ipotizzare un denudamento del corpo della Ceste da parte di un omicida sul luogo del presunto occultamento. Un omicida estraneo alla famiglia e tantomeno Michele Buoninconti non avrebbero avuto alcun motivo di denudare Elena dopo averla uccisa, l’assenza degli abiti su un cadavere, come ormai tutti sanno, non ne impedisce il riconoscimento, pure a distanza di molti anni ed il denudamento non avrebbe certo favorito i fenomeni cadaveri in quanto avrebbe esposto ancor di più il corpo alle basse temperature che piuttosto ritardano tali fenomeni. Solo le alte temperature favoriscono i fenomeni trasformativi (distruzione autolitica e putrefattiva della materia organica e decomposizione del cadavere) mentre le basse temperature li rallentano, tanto che, per evitare tali fenomeni, i cadaveri si tengono in frigorifero. Quindi, spogliare Elena dei pochi abiti che indossava non avrebbe impedito il suo riconoscimento, né tantomeno avrebbe favorito i fenomeni cadaverici, ma li avrebbe al contrario rallentati, in quanto le temperature esterne erano molto basse quella mattina.
Nessuno, non solo Michele Buoninconti avrebbe avuto un buon motivo per denudare Elena dopo averla uccisa, perdendo, tra l’altro, tempo prezioso ed esponendosi ad un maggior rischio di essere visto.
L’ampia casistica criminologica ci dice che un soggetto che uccide un familiare raramente lo denuda, generalmente lo copre, come ad esempio fece Annamaria Franzoni dopo aver ucciso suo figlio Samuele.

Inoltre, se l’indagato avesse denudato il cadavere della moglie dentro il bagagliaio, non solo avrebbe impiegato diversi minuti, ma avrebbe anche lasciato una miriade di tracce che i RIS avrebbero senza dubbio trovato quando hanno analizzato l’auto, mentre le risultanze delle loro analisi, proprio perché il corpo di Elena non fu mai nascosto nel baule dell’auto, né ivi denudato, sono negative.

Nel caso invece Michele avesse denudato Elena fuori dal bagagliaio, nel baule dell’auto avrebbero dovuto esserci comunque tracce di quel trasporto, sarebbe stato più facile, avrebbe impiegato meno tempo, ma sempre alcuni minuti ma gli abiti si sarebbero però notevolmente sporcati di fango ed avrebbero raccolto da terra campioni delle coltivazioni di quel campo, residui di granoturco, cose che non accaddero.

Analizziamo infine l’ipotesi alternativa, ovvero che Michele avesse potuto uccidere la moglie quando questa era già nuda, prima, durante o dopo una doccia. Appare alquanto improbabile che Elena avesse deciso di fare una doccia al mattino, con la casa fredda, dopo essersi già vestita ed in specie prima di aver portato a termine le faccende di casa. Gli abiti che Elena indossava quel mattino e che Buoninconti trovò in cortile profumavano di pulito, come affermato dai carabinieri, ed è quindi improbabile che la donna avesse intenzione di cambiarsi. Ipotizzando comunque tale eventualità, se la Ceste avesse deciso di cambiarsi lo avrebbe fatto dopo aver sbrigato le faccende domestiche in quanto, altrimenti, avrebbe potuto sporcare sia di polvere che di sudore gli abiti con cui intendeva uscire.

In conclusione, riguardo al denudamento, l’unica spiegazione possibile, alla luce delle condizioni psichiche della Ceste ed avendo escluso tutte le altre, è che Elena si sia denudata ed allontanata volontariamente, come abbiamo visto precedentemente, rientrando il denudamento tra le anomalie del comportamento dei soggetti psicotici.

La telefonata che avverte Michele del ritrovamento di un corpo:

Per quanto riguarda l’interpretazione di una telefonata ricevuta da Buoninconti il giorno del ritrovamento dei resti di Elena, 9 mesi dopo la sua scomparsa, durante la quale egli venne informato dall’amico Luciano del ritrovamento di un corpo a poche centinaia di metri da casa, le precise domande del Buoninconti sullo stato di conservazione del cadavere ritrovato escludono un suo coinvolgimento.

– Se Buoninconti avesse ucciso la Ceste e l’avesse nascosta nel Rio Mersa, non avrebbe avuto senso che chiedesse lo stato di conservazione del corpo ritrovato, egli avrebbe saputo che il corpo di Elena, dopo nove mesi, non poteva che essere decomposto.
– Se mai egli avesse avuto dei sospetti che il corpo non si fosse decomposto, avrebbe potuto accertarsene personalmente.
– Non era la prima volta che Michele veniva avvertito di avvistamenti della moglie o del ritrovamento di un corpo, quindi, proprio per questo, per le esperienze precedenti, Buoninconti chiese se il corpo fosse in avanzato stato di decomposizione, perché se il cadavere ritrovato fosse stato in buone condizioni, evidentemente, egli avrebbe potuto facilmente escludere che fosse quello della moglie.
– Michele si era illuso di aver fatto ricerche impeccabili e mai avrebbe pensato che proprio in una zona battuta più volte da lui e da altre persone si sarebbe potuto trovare Elena, lo provano le intercettazioni dei giorni seguenti.

Infine, prima di quella telefonata, Buoninconti aveva già ricevuto la notizia di quel ritrovamento da una sua conoscente, la figlia di Giancarlo, che era andata fino a casa a dirglielo e la donna gli aveva detto che quel corpo era stato ritrovato nel canale, per questo motivo Michele mostrò di saperlo durante la telefonata con l’amico Luciano.

Un’ulteriore osservazione sul presunto occultamento del corpo:

Per quanto riguarda le ricerche, abbiamo compreso, attraverso le intercettazioni di Michele e compagni, quanto sia importante l’analisi dei dettagli durante una ricerca. Buoninconti, la mattina della scomparsa, cercava le tracce dei piedi nudi di Elena, vide solo impronte di lepri ed i percorsi delle stesse nel campo di grano, che egli riconobbe, in quanto, passando tra le piante, i piccoli animali avevano fatto cadere la rugiada dalle foglie, lasciando intravedere il loro tragitto (pag. 44, ordinanza di riesame, 26 febbraio 2015). In quest’ottica, appare improbabile che Michele, conoscendo così dettagliatamente le tecniche di ricerca, avrebbe mai attraversato in auto, per occultare un cadavere, il campo di grano fino al Rio Mersa e ritorno, un campo seminato a cereali dove le piante arrivavano a circa 10 centimetri di altezza, lasciando almeno 4 solchi delle ruote sulla semina ormai alta, pensando di farla franca, sottovalutando così grossolanamente le capacità analitiche di eventuali soccorritori. Il Buoninconti con tutti i luoghi ed il tempo a disposizione che avrebbe avuto quella mattina, se avesse ucciso la moglie, avrebbe potuto ingegnarsi nell’occultamento per ore, almeno fino al momento in cui avrebbe dovuto recarsi a prendere i bambini a scuola. Egli non può, per nessun motivo, essersi visto costretto a nasconderla nel Rio Mersa senza pensare che passando con l’auto su un campo di grano con piante di 10 centimetri d’altezza avrebbe lasciato 4 grossi solchi per tutta la lunghezza del percorso fino al canale e ritorno, solchi che non sarebbero certamente passati inosservati ai soccorritori e che naturalmente nessuno vide perché non avendo Michele mai attraversato quel campo, non c’erano.

Osservazioni sull’attività di ricerca:

Michele, nonostante avesse organizzato un gruppo di ricerca la sera stessa della scomparsa, proprio nella zona in cui furono ritrovati i resti di Elena, cui parteciparono il cognato Danilo Pacelli ed il collega Giancarlo Soave con il figlio, è stato accusato di averlo fatto solo per evitare che ci tornassero i soccorritori. Innanzitutto, se lui si fosse macchiato di quel delitto, con tutta probabilità non avrebbe scelto di battere proprio quella zona, correndo degli inutili rischi. Buoninconti avrebbe piuttosto organizzato un gruppo di ricerca da un’altra parte, anche perché, pur dirigendo lui ogni operazione e fornendo le indicazioni sui percorsi da seguire, egli non avrebbe certo potuto impedire agli uomini che partecipavano a quella ricerca di trovare la scomparsa. Infine, le ricerche di quella sera non servirono ad evitare altre ricerche in quel luogo, pochi giorni dopo infatti, il 29 gennaio, i soccorritori tornarono lì ed arrivati al grosso cespuglio al margine del Rio Mersa fecero retromarcia (pag. 27 ordinanza di riesame) e di certo non a causa di Buoninconti.

Buoninconti il 4 aprile 2014 ha dichiarato: ‘Come vigile del fuoco mi sento di dire che nella provincia di Asti censiscono i pozzi, nei pressi di Cuneo no’, per questo motivo è stato accusato di aver voluto orientare le ricerche prospettando ricerche nei pozzi di Asti (pag. 58, ordinanza di riesame). In realtà i pozzi vengono controllati di norma in questi casi, come riferito dall’ingegner Giuseppe Piazza direttore del comando provinciale dei vigili del fuoco di Asti, coordinatore delle ricerche di Elena Ceste che il 29 ottobre 2014 sentito a sommarie informazioni ha dichiarato: ‘… altro è guardare nei cunicoli, dirupi o pozzi dove si può cadere, ma zone impraticabili a piedi per eccesso di vegetazione fitta e spinosa non può essere oltrepassata né evidentemente sorvolata…’.

Sempre riguardo all’attività di ricerca, una conversazione la cui interpretazione merita di essere rivista è quella tra Michele Buoninconti ed il collega Enzo Balocco. Secondo l’accusa, dall’analisi della seguente telefonata tra i due, emerge un chiaro tentativo di depistaggio, messo in atto dal Buoninconti e poiché durante la telefonata la linea cadde, la procura accusa Michele di aver volontariamente interrotto la telefonata per impedire agli addetti alle ricerche di recarsi nella zona citata dal Balocco, Isola La Chiappa, dove successivamente venne ritrovato il corpo di Elena. Dalla lettura attenta della trascrizione di tale telefonata si evince, in realtà, come l’amico di Michele convenga con lui che la Ceste non possa essere andata in posti che non conosceva. Riguardo al fatto che venga citata la zona in cui poi è stato ritrovato il corpo di Elena, in altre conversazioni di sicuro Michele ed i suoi colleghi avranno parlato di altre località non distanti dalla casa della Ceste, Elena d’altra parte in quella zona si era persa ed è naturale che nelle telefonate si parli di quei luoghi. E’ semplicemente un caso che durante quella telefonata sia caduta la linea e le cause possono essere state molteplici, comunque, al riprendere della telefonata, Buoninconti non cerca di sicuro di convincere l’amico a desistere dalle ricerche ma piuttosto a passare da lui per organizzarle. Tra l’altro da altre intercettazioni si evince come Michele durante i colloqui con i familiari, pure se questi si trovano a Torino li inviti a passare da lui (intercettazione della telefonata tra Michele Buoninconti e Danilo Pacelli del 9.2.2014). Ancora, riguardo al contenuto della telefonata, Michele sostiene nella stessa come Elena non fosse abituata a frequentare le strade di campagna, ed è veritiero, quel giorno però la donna non era in sé e per questo motivo non si comportò in modo usuale. Infine, dalla telefonata si evince come Michele, al pari di quasi tutti i componenti dei gruppi di ricerca, appaia convinto che la moglie non possa essere in una zona da lui battuta e come loro semplicemente si sbaglia. La casistica è ricca di casi di ritrovamenti di cadaveri di soggetti scomparsi, proprio in zone battute dai soccorritori e di commenti increduli o polemici degli stessi.

Di seguito la telefonata tra Michele Buoninconti ed Enzo Balocco (pag.41, ordinanza di riesame, 26 febbraio 2015):

Buoninconti: ‘Ascolta, quello… Fe… Ferro vuole iniziare di nuovo le ricerche però… io credo che.. come ti devo dire se se c’era qui l’avremmo trovata Enzo, perché lui mi ha detto che lui aveva della gente in squadra con lui che… chi doveva andare via, chi è così, dice che lui non è sicuro dei parchi che hanno fatto gli altri però…’.

Balocco: ‘Sì, beh, anche noi però…’.

Buoninconti: ‘La campagna è tutta pulita e l’elicottero l’avrebbe vista da sopra’.

Balocco‘Sì, diciamo che…’.

Buoninconti: ‘Non voglio credere che mia moglie è andata a trov.. cercare dei buchi quando non li conosce perché lei, mia moglie usciva solo sulle strade, in campagna non c’è mai andata nelle strade di campagna’.

Balocco: ‘Ma si io sono andato a vedere dei posti.. in certi posti che… cioè gli ho chiesto, poi gli ho trovati per caso. Però sono posti che se non li sai non li trovi neanche a morire e quindi uno che non lo sa, non va a cercare quei posti lì perché non lo trova capisci? C’era un posto lì ad Isola La Chiappa in un campo c’era un posto dietro ad un cespuglio che tu lo vedi dalla strada ma non sai neanche che c’è capisci? (cade la linea) pronto?’

Buoninconti: ‘Enzo?’

Balocco: ‘È caduta la linea..’.

Buoninconti: ‘Eh, sì è caduta la linea, me ne sono accorto’.
Balocco: ‘E lo so, ma ti dicevo….’.

Buoninconti: ‘Rimaniamo così, passa da qua parliamo da vicino, va bene?’

Balocco: ‘Va bene, ok. Ci vediamo allora. Ciao, grazie, ciao’.

Buoninconti: ‘Ciao Enzo, salutami la moglie e tutti, ciao’.

Il comportamento dell’indagato dopo il ritrovamento dei resti della moglie:

Nei giorni seguenti al ritrovamento dei resti della Ceste, Michele ha riferito ai familiari di aver cercato la moglie, la mattina della sua scomparsa, proprio nei pressi del luogo del rinvenimento. Buoninconti aveva cercato in diverse zone e pure nei pressi del luogo dove vennero ritrovati i resti della Ceste, non stupisce, visto che Elena si era persa in quei paraggi. E’ naturale che solo dopo il ritrovamento egli abbia però affermato in modo più dettagliato di essere stato nelle immediate vicinanze del sito del ritrovamento, per la sorpresa che ebbe nel sapere che la donna era stata ritrovata in un luogo dove lui era stato a cercarla senza trovarla, quindi non è assolutamente sospetto che in precedenza abbia riferito solo genericamente dei luoghi battuti.

Nelle intercettazioni acquisite dalla procura come probatorie, Michele si ripete, ripete sempre lo stesso concetto, ovvero di essere stato nei pressi del luogo del ritrovamento a ridosso della scomparsa di Elena e di non averla trovata e salvata, questo fatto è per lui semplicemente un ‘cruccio’. Egli è torturato dal pensiero di essere stato vicino a trovare la moglie quella mattina, ma di non averla vista e non esiste altra spiegazione logica, non vi è altra ragione per cui egli racconti di essere stato in quel luogo, se non il rimpianto di non averla trovata, un rimpianto che non gli dà pace ed assume le vesti di una auto ’accusa’.
La ‘pregressa mancata rivelazione’, che la procura ritiene incriminante non aveva motivo di essere fatta, non avrebbe avuto senso che Buoninconti facesse un racconto dettagliato dei molteplici luoghi che aveva perlustrato la mattina della scomparsa di Elena. La cosiddetta ‘rivelazione’ ha avuto senso solo dopo il ritrovamento. Quante volte ci è capitato di dire le stesse parole di Michele dopo aver trovato un oggetto che avevamo perso e cercato in precedenza proprio nel luogo del ritrovamento?

Il punto più importante di questa questione è che Michele non ha mai avuto motivo di giustificare a nessuno la sua presenza nei pressi di quel luogo, come invece sostiene la procura, in quanto nessun testimone ha mai riferito di averlo visto lì. Anzi il fatto che lo racconti ci mostra quanto sia sincero.

Michele ha sempre sostenuto di non aver raggiunto il luogo dove sono stati ritrovati i resti di Elena, ed è credibile, come abbiamo visto nelle prime pagine di questa perizia. Il fatto che egli conoscesse lo stato del Rio Mersa in quel periodo, ovvero che vi fossero solo pochi centimetri d’acqua, non prova assolutamente che egli avesse raggiunto il canale in quel punto, ma piuttosto che ne fosse a conoscenza per aver visto il letto di quel canale in un’altra zona, ad esempio a pochi metri da casa sua dove il canale era visibile in quanto privo di incolta vegetazione.

Pochi giorni dopo il ritrovamento della Ceste, Michele parlando con un parente ha detto: ‘… però io la riesco a vedere dal balcone di casa mia, Giampà! Io la tenevo sotto il mio sguardo, Giampà! Io la tenevo sotto il mio sguardo… da casa mia si vede! Io mi.. quell… quel sabato quando ho visto quella confusione, ho capito subito…’ (progr. 26847 del 27.10.2014 e pag. 28 ordinanza di riesame). Le parole di Buoninconti hanno un unico significato, egli appare stupito da quell’inaspettato ritrovamento, proprio a due passi da casa e, per di più, in una zona battuta da lui e dagli altri soccorritori.

Ancora, riguardo alle intercettazioni su questo punto, è rilevante, in una conversazione tra Daniela Ceste e Michele, all’indomani del ritrovamento, non tanto il fatto che Buoninconti riferisca alla donna di aver cercato la moglie vicino a quel luogo, quanto il suo sincero coinvolgimento emotivo: “Al mattino sì, il primo diciamo, perché lei sicuramente si è incamminata in quella strada, dove voleva andare è una strada che lei non ha mai fatto comunque, però non so, lei era in uno stato di confusione… e solo che dico io, dico, possibile che non avvertiva il freddo? Perché non hai provato a camminare scalza su una zona fredda, dopo un po’ non riesci più ad appoggiare i piedi per terra, lei ne ha fatto un km” (cfr. telefonata n. 25821 del 1910.2014). Il linguaggio verbale di Michele in queste ultime frasi intercettate è quello di un soggetto empatico nei confronti della moglie, che cerca di spiegarsi i motivi della sua morte, del suo allontanamento, che si mette nei suoi panni e si domanda per quale motivo non sentisse il freddo o non provasse dolore ai piedi. Non esistono intercettazioni di colpevoli di omicidio che assomiglino seppure da lontano a queste. Ad esempio, nel caso di Salvatore Parolisi, non esistono intercettazioni dove l’uomo tenti una ricostruzione dell’omicidio o si faccia domande sulle condizioni psico fisiche della moglie nei momenti che ne precedettero la morte. Un colpevole è incapace di mettere in atto sinceri comportamenti da innocente, generalmente un colpevole si espone il meno possibile, tende piuttosto a dissimulare.

L’ipotesi omicidiaria:

Buoninconti avrebbe potuto uccidere Elena durante la notte come porterebbero a pensare l’assenza degli occhiali e degli abiti sulla vittima o poco prima di accompagnare i bambini a scuola, nei due casi non avrebbe avuto senso che egli si recasse all’ambulatorio del medico di famiglia per vedere a che ora visitasse il sostituto. La testimonianza della vicina, signora Renza Riccio, che ci conferma che Elena era viva dopo che Michele uscì ad accompagnare i bambini smonta comunque tale ipotesi.

Nel caso invece l’indagato avesse ucciso la propria moglie al suo ritorno dal paese, dopo la visita allo studio del dottore, si spiegherebbe la testimonianza della vicina che disse di aver visto la Ceste dopo l’uscita mattutina del marito, ma l’accertarsi degli orari di ricevimento del dottore presuppone da parte di Michele una consapevolezza del disagio psichico della moglie e quindi rende difficile credere che egli potesse adirarsi con lei per un qualsiasi motivo ed ucciderla essendo al corrente dei suoi problemi psichici. Il passaggio di Michele allo studio del medico di base ci mostrano al contrario quanto Buoninconti fosse preoccupato per la salute della moglie ed il suo desiderio di condurvi la stessa al fine di farla visitare.

Non vi sono testimonianze di aggressioni fisiche di Buoninconti nei confronti della moglie, né i figli o i familiari ricordano discussioni tra i due, è estremamente improbabile quindi che egli abbia improvvisamente aggredito la moglie quella mattina, consapevole peraltro della sua condizione di disagio psichico.

Un disagio per il quale Michele si era recato a vedere gli orari di ricevimento del medico di famiglia e che non poteva essere un semplice mal di testa, come riferito ai figli per giustificare loro che la madre non li avrebbe accompagnati a scuola. E’ raro che ci si rechi dal medico per un mal di testa, a meno che non persista per ore, sia ingravescente e risulti resistente agli antidolorifici. La patologia di Elena, quella mattina, non poteva essere un disturbo fisico che i figli avrebbero notato e del quale senza timore il padre avrebbe parlato loro, il problema della Ceste era mentale, per questo motivo Michele lo nascose ai figli. Un problema che si era presentato già durante il pomeriggio del giorno precedente, risolvendosi apparentemente in serata e che invece si era di nuovo palesato durante la notte con un quadro sintomatologico ben più grave di quello pomeridiano e che ancora una volta Buoninconti aveva sperato fosse scomparso al mattino, ma che era invece tornato a manifestarsi dopo la colazione quando Elena lo aveva invitato a non portare i bambini a scuola per evitare che glieli ‘controllassero’.

L’atteggiamento di Buoninconti rispetto alle problematiche psichiche della moglie è comune, egli sottovalutò, come fanno la maggioranza dei familiari dei soggetti colpiti da questo tipo di patologie, per ignoranza e forse per vergogna, i segnali che gli aveva dato Elena.

Buoninconti si inventò con i figli la scusa del mal di testa ispirandosi ad una frase che aveva pronunciato la moglie la sera prima. Nell’annotazione di P.G. del 19 maggio 2014 a pag. 1, si fa riferimento proprio alla frase detta dalla Ceste, Buoninconti racconta che Elena la sera del 23 gennaio 2014 gli aveva detto che ’aveva la testa che le scoppiava’. Egli disse ai bambini una mezza verità, per non angosciarli e forse per non dover spiegar loro qualcosa che neanche lui comprendeva appieno.

Come abbiamo già detto, Michele ha riferito che la moglie aveva manifestato un delirio persecutorio già nel pomeriggio del 23 gennaio, poi si era calmata, ma durante la notte seguente, al delirio si erano aggiunte le allucinazioni uditive ed ancora una volta il quadro sintomatologico sembrava scomparso al mattino. Per quanto riguarda i figli, solo due di loro si trovavano a casa durante il pomeriggio del 23 gennaio ma la sintomatologia della Ceste non era molto evidente, era presente soltanto un delirio lucido di tipo persecutorio, senza alterazioni dello stato di coscienza, difficilmente decifrabile per dei bambini, mentre durante la notte invece era presente solo Michele, per questo motivo i bambini non compresero il reale problema della loro madre.

Secondo la procura Michele uccise Elena asfissiandola tra le le 8.45 e le 8.55, poi, a ridosso del presunto omicidio, dopo aver messo il cadavere in auto, fece due telefonate ai vicini per sapere se Elena fosse da loro o l’avessero vista, la prima a Marilena Ceste, alle 8.55.04 e la seconda alle 8.57.28 ai Rava, dai quali, non avendo avuto risposta, come suggeriscono i testimoni e le celle telefoniche, si recò subito dopo, evidentemente, secondo l’accusa, con il corpo nel baule dell’auto, si diresse quindi in seguito là dove sono stati ritrovati i resti di Elena, denudò ed occultò la sua vittima e pochi minuti dopo aver terminato queste operazioni, telefonò ad Oreste Ceste, zio di Elena.

Michele, secondo questa ricostruzione, dopo aver ucciso tramite asfissia un soggetto giovane e capace di reagire e dopo averne nascosto il corpo in auto, tutte operazioni che comportano un notevole dispendio di energie, passò, a ridosso del presunto omicidio, buona parte del tempo al telefono. E’ alquanto illogico e privo di riscontri nella casistica che un soggetto telefoni prontamente ai vicini dopo aver commesso un omicidio e durante le delicate fasi dell’occultamento, come se si trattasse di compiere un atto automatico giornaliero. Il comportamento di Michele rispetto alla serie di telefonate ricalca piuttosto il comportamento di un soggetto preoccupato che cerca un familiare e non quello di un omicida che sta per occultare un cadavere. Buoninconti avvisò i vicini e lo zio della scomparsa di Elena perché era realmente preoccupato per lei e perché si vergognava che fosse nuda, egli cercò semplicemente di coinvolgerli nelle ricerche, in specie dopo le sue prime ricerche infruttuose, sperando che lo aiutassero a ritrovarla, ipotizzando ragionevolmente che la donna fosse nei paraggi.

La casistica ci dice che caratteristica comune a molti colpevoli è il ritardo con cui gli stessi allertano i soccorsi, un omicida avvisa della scomparsa della propria vittima solo quando si vede costretto a farlo. L’immediatezza invece con cui Michele allertò i vicini è un indice statistico di innocenza.

Se Michele avesse ucciso Elena al suo ritorno dal paese, come contestatogli dall’accusa, prima di dare l’allarme, egli avrebbe potuto prendersi tutto il tempo possibile, almeno fino al ritorno dei bambini dalla scuola. Se avesse commesso l’omicidio egli avrebbe potuto raccontare di essere tornato a casa, di aver lasciato la moglie a fare le faccende domestiche mentre lui si recava, come previsto, a casa dei suoceri a Govone ad accendere il riscaldamento e solo dopo aver raccolto i bambini all’uscita dalla scuola si sarebbe visto costretto a denunciare la scomparsa della Ceste, ritagliandosi in questo modo tutto il tempo necessario per occultare davvero il corpo della moglie. Non si spiega il motivo per cui egli non avrebbe occultato realmente il cadavere ma lo avrebbe piuttosto ingenuamente lasciato a poche centinaia di metri da casa ed in un luogo dove i soccorritori sarebbero di sicuro andati a cercarlo.

Tra l’altro nessuno dei vicini udì litigare Elena e Michele quella mattina, né sentì abbaiare il cane, ed è inverosimile che Elena non abbia gridato, né abbia opposto alcuna resistenza, in specie durante il tipo di aggressione ipotizzata dall’accusa, lasciando visibili segni di una colluttazione sul corpo del marito. Se la Ceste fosse stata soffocata si sarebbe difesa, era giovane e fisicamente sana ed avrebbe di sicuro reagito mentre il marito tentava di asfissiarla. Buoninconti avrebbe avuto almeno dei graffi addosso e la reazione della moglie avrebbe dilatato i tempi di quell’omicidio.

Un omicidio tramite asfissia necessita di molti minuti per essere portato a termine, intorno ai 6, nel caso la vittima non reagisca, molti di più nel caso la vittima si difenda dal suo aggressore ed è illogico pensare che, dopo lo sforzo che comporta asfissiare un soggetto giovane e forte e dopo averne nascosto il corpo con fatica nel baule dell’auto, un assassino sia pronto a fare delle inutili se non ‘pericolose’ telefonate ai vicini con il rischio di accentrare l’attenzione su di sé prima dell’occultamento del cadavere della sua vittima in specie in un luogo così vicino.

Appare anche irrilevante, al fine della ricostruzione degli eventi che si susseguirono quella mattina, il fatto che il cane della famiglia Buoninconti si trovasse ancora in cortile dopo l’apertura del cancello e l’allontanamento di Elena, lo stesso, infatti, non si allontanò neanche quando fu Michele ad aprire ripetutamente il cancello quel giorno. Ritengo interessante invece che quel cane non avesse abbaiato mai quella mattina richiamando in tal modo l’attenzione dei vicini, evidentemente non lo fece in quanto non assistette a nulla di anomalo, tantomeno ad una aggressione alla sua padrona.

Inoltre come ho già detto, Buoninconti lasciò la casa verso le 8.10 e, circa 35 minuti dopo, trovò la casa come l’aveva lasciata, nonostante Elena fosse rimasta per fare le faccende domestiche. Il fatto che la casa, al ritorno di Michele, fosse ancora in disordine avvalora l’ipotesi dell’allontanamento volontario della Ceste, di poco posteriore alla partenza del marito e dei figli, cui seguì la morte. Se la Ceste fosse rimasta in casa, avrebbe rifatto i letti e sistemato la cucina, di sicuro non avrebbe perso tempo, sapendo che avrebbe dovuto fare le faccende, recarsi dal dottore e preparare il pranzo per sei persone.

Se dobbiamo a tutti i costi attribuire delle colpe a Buoninconti, egli è colpevole di non aver compreso a fondo il disagio di Elena e di non aver dato peso ai segnali della sua infelicità. Ma poiché Elena lo aveva tradito ella non si confidò con lui prima di quel 23 gennaio, come aveva fatto invece con Fiorenza Rava, Giandomenico Altamura ed il parroco don Roberto. La Ceste aveva riferito probabilmente al marito soltanto di un generico stress di cui soffriva e solo dopo essersi confrontata con il nuovo parroco di Motta di Costigliole, don Roberto, il quale non conoscendola, non comprese la gravità del suo disagio.

Michele, per ignoranza, non capì da subito le problematiche psichiche della consorte, ma la notte precedente alla scomparsa della moglie egli si rese conto che Elena faceva discorsi illogici, tanto che la invitò quel mattino, per stare più tranquillo, ad andare con lui a portare i bambini a scuola e dopo che la donna gli rispose di voler restare a casa, lui le si rivolse con frasi del tipo: ‘Elena mi fai stare tranquillo?’, cercando da parte della moglie una qualche forma di rassicurazione (Intervista di Michele Buoninconti alla trasmissione televisiva Chi l’ha visto, andata in onda il 28 maggio 2014).

Tengo ad analizzare a questo punto l’episodio riferito da Franco Ceste, padre di Elena, a proposito dell’accensione della caldaia di Govone. Dall’ordinanza di applicazione di misura coercitiva, pag. 59: ‘Riferisce in tal caso il testimone di aver sentito per telefono la figlia il 23 gennaio 2014 e nell’occasione di averle chiesto di ricordare a Michele Buoninconti di accendere la caldaia. A tale richiesta la persona offesa rispondeva al padre chiedendogli di pensarci lui a contattare direttamente il marito. Tale risposta appare sintomatica di un clima di fortissima tensione già in atto ben prima del momento indicato dall’indagato sia in quanto mai in precedenza Elena Ceste aveva rifiutato di riferire i messaggi del padre al marito…. La rilevante entità del dissidio può in particolare essere apprezzata considerando che il rifiuto opposto al padre di comunicare al marito una richiesta tanto consueta quanto banale, manifestazione della volontà di evitare anche il minimo contatto anche a costo di vincere la sua ben nota riservatezza, si giustifica unicamente nella profonda avversione di Elena Ceste nei confronti dell’indagato’.

Appare alquanto improbabile che un conflitto tra la Ceste e Buoninconti sia stato il motivo della richiesta di Elena al padre di rivolgersi direttamente al marito per far accendere la caldaia della casa di Govone, è più logico pensare, piuttosto che ad un indizio, peraltro isolato, di una crisi matrimoniale, che, a causa dei suoi disturbi psichici, caratterizzati da pensieri ossessivi che le occupavano la mente quel giorno, distraendola, Elena avesse difficoltà a concentrarsi e temesse di non ricordare di dire al marito della caldaia e che il marito non fosse in casa con lei nel momento in cui ricevette la telefonata del padre, ma forse nell’orto od in cortile intento nelle sue occupazioni extra-lavorative. E’ possibile inferirlo grazie anche alle testimonianze dei vicini, dei quattro figli e dei parenti più stretti che non hanno mai riferito di discussioni tra i due. Questo episodio, inoltre, alla luce degli eventi che lo seguirono, non è altro che la riprova che un disagio psichico affliggeva Elena già da quel 23 gennaio e di sicuro non un segnale di incomunicabilità tra marito e moglie.

Secondo la procura i bambini mentirono riguardo all’assenza di palesi episodi di conflitto tra i genitori: ‘La falsità che si appalesa dalle dichiarazioni dei ragazzi…’ (pag. 59, ordinanza di applicazione di misura coercitiva), ma non mentirono invece nel riferire che la loro madre stava bene la mattina della scomparsa. I bambini non mentirono nei due casi, non assistettero mai a discussioni tra i genitori perché mai ci furono e non si accorsero del disagio psichico di Elena perché quella mattina durante la colazione la donna appariva serena e manifestò poi, solo poco prima che se ne andassero ed al solo Michele, il desiderio che non li portasse a scuola per paura che glieli ‘controllassero’, mostrando nuovamente un disturbo delirante, consistente in un delirio lucido, senza alterazioni dello stato di coscienza, che, anche se diceva cose senza senso, la faceva apparire ’normale’. Inoltre, Michele nascose facilmente tale disturbo ai figli, al fine di non farli preoccupare, in quanto gli stessi si trovavano già in macchina (pag. 5, ordinanza di riesame).

Infine, per quanto riguarda le parole del superiore di Michele Buoninconti, Giacomo Marzo, il quale, il 17 ottobre 2014, ha definito Buoninconti: ‘… persona capace, superiore alla media… ma è cattivello, con i ragazzi nuovi, ad esempio, sente il piacere di metterli in difficoltà…E’ uno che perde la pazienza. Nelle pochissime volte in cui gli ho visto perdere la pazienza, è un petardo, reattivo, forte… Michele non è per niente sprovveduto, è molto capace e se vuole nascondere qualcosa, non lo si può trovare, è davvero capace… imbattibile sulla conoscenza del terreno’. Marzo ha anche riferito agli inquirenti che Buoninconti ha un temperamento paziente ma iracondo ed è addestrato per il trasporto in spalla dei corpi (pag. 3, 51, 55, ordinanza di riesame). I giudizi del signor Giacomo Marzo sull’indagato non sono solo contrastanti (paziente ma iracondo) ed hanno esclusivamente il valore di interpretazioni personali di atteggiamenti di Buoninconti ma rischiano di risultare viziati, non solo da motivi personali ma anche dal clima generale di sospetto nei confronti dell’indagato, in quanto sono dichiarazioni, non rilasciate all’indomani della scomparsa della Ceste, ma ben 9 mesi dopo. Fa testo piuttosto, per ciò che riguarda la personalità di Buoninconti, il fatto che egli sia incensurato e che quindi evidentemente questa sua supposta reattività non si sia mai manifestata in 45 anni di vita.

Il presunto ’staging’ degli abiti in cortile:

L’indagato ha raccontato, alla vicina Marilena Ceste e poi agli inquirenti, di aver trovato in cortile, al suo ritorno dal paese, sia gli abiti che gli occhiali di Elena, di averli raccolti e messi in macchina. Egli è sospettato di aver predisposto la messinscena o quantomeno di essersi inventato di aver trovato gli abiti e gli occhiali della povera moglie in giardino.
In criminologia quando ci si riferisce a scene del crimine alterate, si usa il termine inglese ‘staging’ che significa ‘messinscena’. Chi altera una scena del crimine lo fa per allontanare i sospetti da sé, coloro che alterano la scena del crimine sono soggetti vicini alla vittima che temendo di venir sospettati sperano attraverso la ‘messinscena’ di depistare gli inquirenti, l’omicida di uno sconosciuto non ha motivo di industriarsi in un inutile ‘staging’. Colui che altera una scena del crimine ‘prepara’ la scena perché la vedano gli inquirenti od eventuali testimoni (Staging, pag. 34, Crime Classification Manual, Second Edition, 2006, J. E. Douglas, A.W. Burgess, A. G. Burgess and R. K. Ressler).

Nel nostro caso, se il signor Michele Buoninconti avesse ucciso la moglie ed avesse optato per uno ‘staging’ degli abiti in cortile, non li avrebbe poi rimossi prima che qualcuno li vedesse così ad arte ‘apparecchiati’. Buoninconti quella mattina raccolse semplicemente gli abiti abbandonati da Elena, e li mise in macchina perché sperava di ritrovare sua moglie e rivestirla. Egli mise in atto un comportamento da innocente quale egli è. Non avrebbe avuto alcun senso per Michele inventarsi la storiella dei vestiti abbandonati dalla quale non avrebbe tratto alcun vantaggio. Nel caso il Buoninconti avesse alterato la fantomatica scena del crimine, egli avrebbe fortunosamente ed involontariamente messo in scena proprio un denudamento della vittima, compatibile con un comportamento di un soggetto psicotico quale era sua moglie Elena, una straordinaria quanto improbabile coincidenza.
Infine, Michele Buoninconti non riferì a Marilena Ceste, durante la telefonata delle 8.55.04 che Elena era nuda, perché, oltre a provare vergogna per ciò che gli stava capitando, non ne era ancora al corrente, non avendo ancora trovato tutti i suoi vestiti. Alle 8.55.04, quando chiamò Marilena Ceste, egli aveva trovato solo le ciabatte ed il maglione di Elena, se Michele avesse ucciso la moglie già nuda o l’avesse denudata dopo l’omicidio ed avesse pensato di raccontare del ritrovamento dei vestiti, come contestatogli, lo avrebbe fatto subito. Michele non disse alla vicina, in quella sua prima richiesta d’aiuto, che Elena era nuda perché non lo sapeva ancora, lo scoprì qualche minuto dopo quella telefonata, ovvero dopo la telefonata ai Rava delle 8.57.28 che fece dal cortile di casa sua, quindi poco prima di recarsi da loro, dopo che si avvicinò con l’auto al cancello per uscire e trovò il resto degli abiti che la Ceste indossava quella mattina.

Le contraddizioni nel racconto dell’indagato:

Michele Buoninconti viene sospettato di aver fornito versioni diverse riguardo al ritrovamento degli abiti e degli occhiali della povera moglie a causa del suo coinvolgimento nella morte della stessa. Buoninconti, dal pomeriggio del giorno precedente la scomparsa della Ceste, aveva percepito che qualcosa non andava nella ‘testa’ della moglie e proprio per questo motivo egli dopo aver trovato il maglione e le ciabatte temette il peggio. Michele descrisse il proprio stato d’animo alterato al momento del ritrovamento degli abiti, in una intervista a Chi l’ha visto, registrata poco tempo dopo la scomparsa della moglie ed andata in onda nella puntata del 2 aprile 2014, in questi termini: ‘Io quei panni lì non li ho guardati per bene, perché quando ho visto quei panni lì, mi è venuta una cosa alla testa, ho detto: Madonna mia, adesso da chi mi deve far vergognare mia moglie? Cosa mi sta combinando? Io ho pensato quella cosa lì della vergogna che mi vergognavo se qualcuno l’avesse vista nuda perché ho detto: Dove mi è scappata questa quì? Dove è potuta mai andare nuda? In quel momento lì il mio pensiero era trovare mia moglie e coprirla, coprirla perché una donna nuda non è bene che giri in strada’.
L’indagato nelle prime ore dalla scomparsa di sua moglie si trovava in uno stato di severa agitazione e quelle che appaiono sospette incongruenze nel suo racconto sono ascrivibili al suo stato di alterazione dovuto alle sue preoccupazioni, non solo, egli era anche esausto per aver passato una notte insonne a causa dei disturbi di Elena.
La condizione di stress dell’indagato dovuta agli accadimenti di quella mattina produsse nello stesso un disturbo del processo di memorizzazione di comune osservazione, ovvero il blocco della memorizzazione a lungo termine per cui i suoi ricordi di quei momenti, fissati inizialmente nella memoria a breve termine, a causa del suo stato d’animo, non si impressero in quella a lungo termine.
Per tale ragione egli ha fornito versioni diverse riguardo al ritrovamento degli abiti e degli occhiali di Elena in cortile, non si è ricordato l’esatta sequenza di alcuni fatti e delle telefonate, né se Marilena Ceste fosse stata a casa sua quella mattina, come si evince a pag. 11 nel verbale di sommarie informazioni di Michele Buoninconti del 4 aprile 2014: ‘Non ricordo che Marilena sia venuta a casa mia la mattina della scomparsa…non ricordo anche se lei me lo chiede insistentemente se io mi sono soffermato nei pressi del cancello a mostrare a Marilena il luogo nel quale le raccontavo di avere rinvenuto i vestiti di mia moglie?’.
Egli, solo in seguito, con l’aiuto dei testimoni, è riuscito a ricollocare la maggior parte degli accadimenti di quella mattina nell’esatto ordine temporale.
Questa forma di amnesia, definita psicogena, è un sintomo di facile riscontro in soggetti che hanno subito un evento emotivamente stressante ed è collegata ad una alterazione dei processi di registrazione mnestica (amnesia di fissazione).
La traccia mnestica una volta formatasi richiede un certo tempo per essere consolidata e quindi ritenuta attraverso meccanismi biochimici. Si riconoscono due distinti stadi nel processo di formazione della memoria, lo stadio della memoria a breve termine (memoria primaria), durante il quale si formano le tracce mestiche, ma solo temporaneamente e lo stadio della memoria a lungo termine (memoria secondaria) in cui le tracce si consolidano e vengono ritenute in codici mnestici più duraturi. La durata della memorizzazione di un dato materiale mnestico dipende da molti fattori, ripetizioni, associazioni, affettività del soggetto, livelli di vigilanza, attenzione, attività svolta dal soggetto tra il momento dell’apprendimento e quello della rievocazione. Se il soggetto è impegnato in attività intellettive la ritenzione è minore di quella di un soggetto a riposo, questo a causa dell’effetto frenante che nuovi elementi esercitano su quelli appresi precedentemente (La memoria, pag.128, Manuale di Psichiatria, Pietro Sarteschi e Carlo Maggini).

L’assenza di un possibile movente:

Nel corso delle indagini, non è emerso alcun dato significativo che faccia ritenere che Michele avesse scoperto che Elena lo tradiva, né che la donna intendesse separarsi da lui. Buoninconti ha sempre riferito di non aver mai litigato con la moglie, neanche da fidanzati, questo dato ce lo confermano i loro quattro figli ed i familiari più stretti. Nessun segnale di una crisi matrimoniale ha preceduto la scomparsa di Elena, dalle indagini sono emersi solo indizi di un pentimento della donna per alcune sue ‘scappatelle’ ed il suo desiderio di cancellare, di rimuovere, di ritornare all’equilibrio familiare precedente. Le uniche problematiche manifestatesi nei mesi precedenti alla scomparsa della Ceste erano sue personali, la donna non aveva confidato a nessuno di voler lasciare Michele ma aveva piuttosto messo al corrente alcuni conoscenti di sue preoccupazioni rispetto ad alcuni ‘sbagli’ che aveva fatto e di cui temeva le conseguenze. La Ceste aveva tradito il marito ed aveva scelto con oculatezza i suoi confidenti, un ex amante, la figlia di una vicina ed il parroco, soggetti che era sicura non avrebbero riferito nulla a Michele.

Nel mese di ottobre, Elena manifestò a questi suoi confidenti solo preoccupazione e senso di colpa a causa dei propri comportamenti, le cui conseguenze evidentemente temeva danneggiassero l’equilibrio familiare, mai si lamentò con loro del marito Michele. La donna non aveva alcuna intenzione di separarsi da lui. I conflitti psichici della Ceste, in specie quello tra il suo desiderio di libertà sessuale ed i suoi doveri familiari, un conflitto tra il desiderio e la difesa, tra la pulsione ed il rimorso, originarono pensieri ossessivi specifici dei quali ella fece partecipi i suoi confidenti. Tali pensieri ossessivi, come abbiamo visto in precedenza, coincisero con i prodromi del suo disturbo psicotico e con i mesi si trasformarono in un vero e proprio stato psicotico caratterizzato da un delirio persecutorio e da allucinazioni uditive.

Michele, fino a dopo la scomparsa di Elena, non seppe delle rivelazioni fatte dalla moglie ai suoi confidenti. Elena si aprì con lui solo poche ore prima della sua scomparsa, e nonostante tutto, quella notte Buoninconti non credette alla storia del tradimento, vide Elena confusa, delirante, la donna diceva cose senza senso logico e per questo motivo non le credette. Michele non si preoccupò di avere le ‘corna’, quanto piuttosto dello stato di salute di Elena, lo ha riferito in un’intervista a Chi l’ha visto, andata in onda il 26 febbraio 2014, dove egli ha risposto ad un giornalista che lo incalzava con una domanda specifica nel tentativo di far emergere un potenziale movente: ‘Tu eri scosso? Io ero scosso non per il fatto di quello che mi d.. del fatto come del tradimento, ero scosso per il fatto di mia moglie che si comportava così male, infatti io la volevo portare dal dottore ma solo di notte dove andavo io di notte!?’.

Riguardo ad un episodio avvenuto durante il periodo della vendemmia 2014, interpretato dall’accusa come indicativo di una riconciliazione tra i due coniugi in seguito ad una presunta crisi matrimoniale di ottobre, vale la pena analizzarlo da vicino. Elena in quel periodo aveva problemi con il computer, riteneva che qualcuno si fosse illegalmente introdotto nel suo profilo di Facebook. Allo scopo di comprendere se fosse realmente accaduto, dopo che un cugino della Ceste non era riuscito ad aiutarla, il 3 novembre, Elena ed Michele chiamarono un nipote di lui, tale Gerardo Pepe, esperto informatico, il quale non riscontrò alcuna anomalia nel profilo della Ceste nel social network (cfr. verbale di sommarie informazioni del 21 maggio 2014).

Buoninconti ha riferito che nel periodo in cui il nipote aveva fatto quel controllo sul computer della moglie egli era occupato con la vendemmia, si è ricordato che Elena le aveva detto che il computer non la riconosceva, perché probabilmente mancavano i cookies, e proprio per questo lo fecero controllare a suo nipote con modalità remota. Riguardo a quell’episodio, Michele racconta nel verbale di assunzione di informazioni del 4 aprile 2014, pag. 9, di aver ‘lasciato loro a lavorarci su’, poiché lui non era abile con il computer. Poco tempo prima di quel controllo, la Ceste, come abbiamo visto in precedenza, confidò, sia a Fiorenza Rava, di aver bloccato il proprio profilo Facebook per paura di intromissioni, che a Giandomenico Altamura, di temere che qualcuno fosse entrato nel suo account.
Il timore di Elena che qualcuno avesse violato la sua privacy su Facebook si colloca perfettamente nel quadro dei suoi pensieri ossessivi persecutori di quel periodo. Questa volta Elena confidò a sua madre, sua sorella Daniela e ad un parente di Michele i suoi timori, quest’ultimo a differenza degli altri confidenti lo riportò a Buoninconti, come si legge nel suo verbale di assunzione di informazioni del 4 aprile 2014 a pag. 9: ‘Poi mio nipote mi ha detto che la zia (Elena) era convinta che qualcuno usasse il computer al posto suo fingendosi lei’. Ciò che Elena disse a Michele era ben diverso, cioè che il computer non la riconosceva per mancanza di cookies, anche questa volta la Ceste tentò di nascondere al marito i motivi per i quali aveva fatto controllare il computer, ma furono rivelati a Buoninconti dall’ignaro nipote.
Purtroppo nessuno dei due, proprio come la Rava, l’Altamura, il parroco ed i familiari di Elena comprese che le parole della donna non erano altro che un segnale di un disturbo psichico. Il marito ed il nipote non si resero conto che il problema al computer era frutto dei suoi pensieri deliranti poiché rientra nell’ambito delle possibilità che qualcuno si introduca illegalmente in un profilo di Facebook.

In conclusione, tale episodio non mi sembra possa rappresentare in alcun modo un tentativo di riconciliazione nell’ambito di una crisi di coppia ma piuttosto la semplice risoluzione da parte del nipote di Buoninconti di un ‘falso’ problema della Ceste, del quale Michele, dopo aver chiamato il nipote, si era peraltro disinteressato, non essendo in grado di usare il computer ed essendo occupato con la vendemmia. Buoninconti quel giorno lasciò la moglie al telefono da sola con il nipote, mostrando di non nutrire alcun sospetto sulle sue attività al computer.

Tornando al giorno della scomparsa, Michele pensò inizialmente che Elena si fosse allontanata volontariamente, e solo dopo le infruttuose ricerche, prese in esame ipotesi alternative che avevano come protagonista Damiano Silipo, è naturale, dato che proprio di lui si era lamentata la moglie il pomeriggio del giorno precedente e la notte prima della scomparsa. Buoninconti, nonostante ipotizzasse un coinvolgimento di Silipo, non sospettava assolutamente che i due avessero una relazione ma piuttosto che Damiano si fosse infatuato di Elena e che fosse solo la causa scatenante del suo delirio ed allontanamento, per i suoi insistenti tentativi di contattarla telefonicamente, nonostante egli personalmente non avesse dato alcun peso e valore ai suoi messaggi (pag. 4, annotazione di P.G. del 19 maggio 2014). A pag. 10 del verbale di assunzione di informazioni di Michele Buoninconti del 4 aprile 2014, si legge: ’Non erano messaggi significativi, li ho interpretati come messaggi di chi voleva sapere qualcosa da mia moglie…mi ha fatto vedere i messaggi ed io ho pensato che non ci stesse con la testa, ho cercato di incoraggiarla e di farla ridere con il solletico… anche adesso per quello che sto apprendendo non la definirei una cattiva mamma’.

Michele non era geloso di Damiano Silipo ed aveva buoni rapporti con lui, ce lo dimostra il fatto che il 19 gennaio, domenica, promise un coniglio in regalo a Damiano e glielo fece consegnare proprio da Elena il giorno dopo (pag. 2, verbale di assunzione di informazioni di Michele Buoninconti del 4 aprile 2014). Egli regalò un coniglio a Silipo in quanto lo stesso, il giorno 6 dicembre gli aveva messo a disposizione il forno per cuocere le pizze preparate dalla moglie e sempre nel mese di dicembre il giorno 16, Silipo gli aveva regalato della legna proveniente dallo smontaggio di un tetto (pag. 6, verbale di assunzione di informazioni di Michele Buoninconti del 4 aprile 2014).

Buoninconti, dopo aver cercato Elena invano, pensò che non potesse essersi allontanata da sola. Solo a quel punto, a causa delle confidenze notturne ricevute dalla moglie, sospettò un coinvolgimento di Silipo e per questo motivo il 28 gennaio riferì al M.C. Michele Sarchielli di aver incrociato, la mattina della scomparsa della moglie, una Golf di colore grigio con iniziali della targa CB, potenzialmente riconducibile a Damiano Silipo. Riguardo a questa circostanza, a mio avviso, se la vista dell’auto Golf nei pressi di casa sua avesse coinciso con il possibile movente dell’omicidio, difficilmente Buoninconti lo avrebbe rivelato ali inquirenti.

Da un’intervista rilasciata a Chi l’ha visto, andata in onda il 12 febbraio 2014: ‘Io hoooo pensato che mia moglie aveva fatto un gesto folle, però dalla ricerca che ho fatto e con l’aiuto anche di tutte le persone che si sono interessate, sia da parte delle istituzioni, sia da privati cittadini confinanti e vicini, amici e parenti che hanno cercato ognuno nel proprio pezzo di terra ed abbiamo battuto il territorio palmo palmo, io ho capito che mia moglie non si poteva allontanare da sola, non poteva fare un gesto folle da sola, mia moglie dopo un mese se si fosse allontanata lei oppure se avesse chiesto aiuto ad un altro io credo che almeno una telefonata ai figli l’avrebbe fatta per farli stare tranquilli e si vede che lei non è nella possibilità di telefonare intendo che mia moglie è stata portata via con la forza e non so quello lì che l’ha portata via con la forza quale erano i suoi scopi’.

Da un’intervista rilasciata da Michele Buoninconti a Chi l’ha visto, andata in onda il 5 febbraio 2014: ‘Non si sarebbe potuta allontanare da me né da me né dai miei figli da sola, non l’avrebbe mai fatto, deve tornare se qualcuno l’ha presa la riporti a casa’.

In un’intervista a Chi l’ha visto andata in onda il 28 maggio 2014, Buoninconti riferisce al giornalista: ‘Posso parlare di una compagna gelosa, adesso in questo momento mi viene tutto in mente, posso parlare di una compagna adesso di chi non so, però… no gelosa del rapporto, gelosa che stava perdendo il compagno che aveva perso la testa per un’altra donna, perché mia moglie non si è potuta innamorare di quelle persone, in questi giorni vedendo il silenzio di mia moglie posso pensare anche a quello’.

Da un’intervista rilasciata da Michele Buoninconti a Chi l’ha visto, andata in onda il 26 febbraio 2014: ‘Queste due persone (Silipo ed Altamura) c’entrano perché sono loro che hanno messo in crisi mia moglie, se mia moglie si fosse allontanata sono loro colpevoli che l’hanno.. gli hanno fatto credere cose sbagliate perché l’hanno opportunata, perché se una persona non vuole parlare con un’altra non c’è bisogno di mandargli tanti messaggi, io se una persona non mi vuol parlare insieme, io glielo dico una sola volta, ma la seconda volta lo lascio perdere, non come loro in continuazione, qual era il secondo fine? Perché ci deve essere per forza un secondo fine, perché una persona la posso chiamare 20 volte in un giorno, loro c’entrano in quello che è successo perché mia moglie quel comportamento lì non l’ha mai avuto e quindi l’ha avuto in seguito a quei messaggi che ho trovato io sul telefonino e uno, che poi abbiano permesso a mia moglie che si fosse allontanata con un altro io sono contento che mia moglie stia con un altro e stia viva perché io, per il bene che voglio a mia moglie, io spero di trovarla viva perché sono sicuro che mia moglie quando ritornerà in sé, sa chi sono io e sa chi sono le persone che l’hanno trattata male’.

Michele ha realizzato quindi che Elena poteva averlo tradito solo dopo la sua scomparsa, quando si è confrontato con gli inquirenti ed i giornalisti. Egli fino a quel momento aveva avuto piena fiducia nella madre dei suoi 4 figli, tanto che nella denuncia di scomparsa del 24 gennaio 2014 Buoninconti dichiara: ‘Ovvio che se mia moglie avesse avuto intenzione di tradirmi mi avrebbe nascosto i messaggi, cancellandoli e non chiedendomi aiuto’.

Ancora il 12 febbraio 2014, quasi tre settimane dopo la scomparsa di Elena, Buoninconti non è convinto dei tradimenti della moglie, egli infatti quel giorno ad una domanda degli inquirenti sul perché mancassero i messaggi di risposta della moglie a Silipo ha dichiarato ‘che erano loro che parlavano e si massaggiavamo e che facevano credere che fosse lei a rispondere… che la stavano facendo passare per una cattiva madre?’ (pag. 1, Nr. 49/1- 3/2014, informativa dei carabinieri di Govone alla Dott. Laura Deodato del 12 febbraio 2014).

Sempre nella stessa informativa dei carabinieri del 12 febbraio 2014 si legge: ’Si notava che comunque sebbene raccontasse che la moglie gli aveva confessato di essere stata coricata sul sedile passeggero di un’auto con un uomo sopra di lei, lui non associava il tradimento ma un semplice comportamento errato… Il fatto che lui non veda il tradimento è molto evidente in quanto asseriva che il cellulare dell’amico di Castiglione era registrato su quello della moglie con il nome del figlio come se fosse di quest’ultimo, senza pensare invece che poteva averlo registrato così la moglie per non farlo scoprire. Qui si nota la sua ingenuità forse tanto sicuro della moglie che mai avrebbe dubitato di un tradimento… lo si notava stanco, sfiduciato, rassegnato..’, evidentemente Buoninconti, a detta dei carabinieri, non mostrava alcun segnale di gelosia. Quindi, appurato che Michele non era a conoscenza del tradimento di Elena e che mai si era mostrato geloso nei suoi confronti, è alquanto illogico e difficile credere che la vista di un auto simile a quella dell’amico Silipo Damiano avesse potuto scatenare in lui improvvisamente una rabbia tale da portarlo ad uccidere la moglie.

Dal verbale di assunzione di informazioni del 4 aprile 2014, pag. 9: ‘Non ci posso credere, adesso che lei mi legge qualche brano di messaggio, io posso dire che una persona, va beh, ma diversi, immaginando mia moglie come una zoccola, io non credo!!! Mia moglie aveva delle vene che facevano pena, può essere che tutti si volessero fare a mia moglie…noi facciamo tutto assieme, io non la lascio mai’.

La Ceste, grazie al mestiere del marito, che lo teneva lontano da casa per molte ore, è stata capace di nascondergli i suoi tradimenti e Buoninconti, occupato con il lavoro, l’educazione dei figli, la cura dell’orto e degli animali, forse aveva chiuso gli occhi di fronte ai segnali della di lei infedeltà, come comunemente accade, per non confrontarsi con l’umiliazione di scoprirsi tradito, tra l’altro con soggetti che lui riteneva a sé inferiori, come Damiano Silipo. Michele credeva ad Elena e poiché non stimava Silipo non pensava che lei si fosse infatuata di lui. A conferma di questa ricostruzione sono le parole del Buoninconti: ’Io ignoro ed anzi escludo che mia moglie abbia avuto relazioni extraconiugali, so solamente di chat ma non so niente di più, mi piacerebbe sapere di più, trovo molto facile dire genericamente che qualcuno si vedeva con mia moglie… ma io non credo, sempre virtuosa rimane mia moglie….non ho mai avuto sentore di disagio….io non ho mai tradito mia moglie, né lei ha tradito me… mi fa presente (il pm) che proprio in quanto senza di me a casa mia moglie si sentiva più libera, è possibile ma io non ci credo’ (pag. 7, verbale di assunzione di informazioni di Michele Buoninconti del 4 aprile 2014) .

Michele non ha mai pensato ad un tradimento della moglie finché non gli sono stati mostrati dagli inquirenti, dopo la di lei scomparsa, i suoi messaggi su Facebook, ma, nonostante tutto non ha mai mostrato di odiarla, ha invece riconosciuto di non averle dedicato abbastanza tempo e l’ha perdonata pubblicamente sperando così che tornasse.

Dal verbale di sommarie informazioni del 3 maggio 2014, pag. 2: ‘Alle confidenze fattemi da Elena la notte della scomparsa io non ho creduto…io i messaggi del telefonino li ho letti ma questa cosa non mi ha dato preoccupazione; solo dopo aver visto i messaggi su Facebook mi sono preoccupato perché ho visto dei cuoricini e ho pensato che quello (il mittente) si fosse veramente innamorato di lei….io credevo a Elena… mia moglie non ha mai cercato nessuna persona; erano gli altri che cercavano mia moglie’.

Dal verbale di assunzione di informazioni del 4 aprile 2014, pag.14: ‘Io adesso ho chiesto il mio perdono per non aver capito mia moglie ed ho chiesto anche il perdono per mia moglie perché se lei ha fatto quello che mi raccontava meritava di essere perdonata, di fronte al pentimento. Di certo ho capito che lei felice non era, io sono pentito per non aver dedicato a mia moglie abbastanza tempo…’.
Intervista a Chi l’ha visto andata in onda il 30 aprile 2014: ‘Io a mia moglie la perdono perché io conosco troppo bene a mia moglie e mia moglie è una santa, mogli così non ce l’ha nessuno’.

Dall’analisti della documentazione nella mia disponibilità, non sono emerse ragioni per cui Buoninconti avrebbe dovuto uccidere d’impeto, né tantomeno con premeditazione e riguardo al possibile movente di un omicidio, l’accusa nell’ordinanza di riesame a pag. 55 sostiene che: ‘… non è dato sapere quale sia stato il fattore scatenante che ha provocato, tra le mura domestiche, in assenza di evidenti e pregressi segnali, una reazione a tal punto aggressiva da portare Buoninconti ad uccidere la moglie’ ed a pag. 6: ‘.. la mancata individuazione di una specifica causale dell’azione criminosa…’. Quindi, l’evidente assenza di un movente e la più plausibile ipotesi di allontanamento volontario della Ceste, vista la crisi psicotica, portano facilmente ad escludere la possibilità che la morte della donna sia ascrivibile ad un omicidio.

Infine, vorrei brevemente riflettere sui motivi che portano ad escludere l’omicidio premeditato. Buoninconti, in questo caso:
– avrebbe dovuto maturare un movente che sarebbe emerso facilmente durante le indagini;
– con tutta probabilità non avrebbe commesso l’omicidio in pieno giorno, costringendosi tra l’altro ad occultare un cadavere con il serio rischio di essere visto;
– avrebbe occultato meglio il cadavere ed in una zona distante da casa sua sapendo che quella in specie sarebbe stata la più battuta dai cani e dai soccorritori;
– non avrebbe raccontato dell’auto sospetta che aveva visto;
– né avrebbe imbastito la ‘strana’ storia degli abiti abbandonati per non accentrare l’attenzione su di sé, mentre se avesse deciso di servirsene per uno scopo incomprensibile l’avrebbe detto da subito, nella prima telefonata di richiesta d’aiuto a Marilena Ceste;
– non sarebbe passato dallo studio del dottore per vedere gli orari di ricevimento;
– non avrebbe perso tempo neanche in comune;
– ed infine, avrebbe atteso, accampando una scusa, il maggior tempo possibile prima di dare l’allarme.
Inoltre, lo ripeto ancora, se Elena non avesse avuto problemi psichici avrebbe portato a termine le più grossolane faccende domestiche in quei 35 minuti in cui secondo l’accusa rimase a casa, mentre quando Michele Buoninconti rientrò tutto era esattamente come lui l’aveva lasciato a riprova che Elena si allontanò da casa subito dopo l’uscita del resto della famiglia.

Analisi del linguaggio verbale dell’indagato:

L’analisi del linguaggio verbale condotta su un sospettato ha un’indubbia importanza strategica, specialmente a ridosso dei fatti. Ho analizzato il linguaggio verbale di Michele Buoninconti attingendo alle dichiarazioni fatte dallo stesso durante le interviste andate in onda nel programma televisivo Chi l’ha visto. Le interviste analizzate sono state registrate poco dopo la scomparsa della moglie e sono andate in onda a spezzoni per molti mesi, quindi le date delle trasmissioni televisive riportate non si riferiscono alla data di registrazione.
In tutte queste interviste Buoninconti risponde alle domande dopo un regolare tempo di latenza; non si serve di pause per costruire una risposta; non perde mai il filo del discorso, nonostante venga incalzato dai giornalisti, spesso con le solite domande, nel tentativo di coglierlo in fallo; non cambia mai il soggetto e se è il giornalista a farlo, egli ritorna sulla domanda per rispondere con precisione; non si cimenta mai in circonlocuzioni o discorsi evasivi. Il racconto è sempre fluente ed egli non si avvale mai di un linguaggio indiretto; non ripete mai le domande che gli vengono poste; né le evade; le sue risposte sono ben costruite e logiche ed egli non appare mai equivoco. I soggetti che mentono, a differenza di Buoninconti, oltre a fornire poche informazioni e più spesso informazioni inutili, generalmente evadono le domande o prendono più tempo del necessario per rispondere, facendo pause sia all’interno della risposta che prima di rispondere o ripetendo la domanda dell’interlocutore o parole o frasi intere, in quanto necessitano di tempo per costruirsi una risposta logica. Il racconto fatto da Michele nelle interviste è dettagliato, caratteristica del linguaggio di coloro che sono sinceramente decisi a fornire tutte le informazioni in loro possesso nell’intento di farsi aiutare a ritrovare il proprio caro. La sua esposizione non è solo dettagliata ma anche carica di emotività, non piatta e sterile come quelle degli uomini che uccidono le proprie compagne. Buoninconti ha fornito volontariamente agli inquirenti nuove informazioni e, su sua personale iniziativa, si è recato al comando dei Carabinieri nei giorni seguenti alla scomparsa della moglie, per invitarli ad analizzare gli abiti di Elena. Chi commette un omicidio generalmente fornisce una minima quantità di informazioni a ridosso dei fatti e soltanto se invitato a farlo.
Fornire informazioni supplementari od invitare gli inquirenti ad indagare, riflettono una evidente ‘volontà di accuratezza’ e fanno parte delle iniziative messe in atto dai soggetti che desiderano essere di supporto alle indagini e sono realmente intenzionati a trovare il proprio familiare scomparso.
La sua narrazione è sempre la stessa, le imprecisioni nel racconto sono ascrivibili, come abbiamo visto in precedenza, ad un disturbo della memoria dovuto allo stress, chiamato ‘amnesia psichica’. I tentativi di Buoninconti di spiegarsi i fatti avvengono sempre secondo logiche razionali, sono assenti i pensieri contorti. Il suo coinvolgimento emotivo appare adeguato e costante, anche dal punto di vista del linguaggio non verbale (gesti illustrativi, mimica facciale) che risulta corrispondere al linguaggio verbale. Durante la sua esposizione sono assenti i picchi vocali tipici di chi mente, messi in atto per l’incapacità di simulare costantemente uno stato d’animo diverso da quello reale. Lo stato d’animo di Michele è quello di un uomo disperato che si industria in ogni modo per trovare sua moglie, su questo stato d’animo costante si notano piuttosto i picchi emotivi caratteristici dei familiari di soggetti scomparsi, torturati da pensieri contrastanti, che oscillano tra momenti di sollievo, grazie alla speranza e momenti di buio, dovuti al baratro del pessimismo. Michele manifesta momenti di sconforto e di rabbia nei confronti di chi egli immagina abbia avuto un ruolo nella scomparsa della moglie. Buoninconti inoltre prova un forte senso di colpa per non aver compreso la reale portata dei disturbi di Elena.
Buoninconti inserisce nel suo racconto frammenti di conversazioni, come è facilmente comprensibile, l’uso delle citazioni è indice di un linguaggio veritiero. Ancora, egli rievoca le proprie sensazioni fisiche e le emozioni provate ed anche queste sono caratteristiche del linguaggio dei soggetti che riferiscono fatti reali e non menzogne.
Dalle intercettazioni, dagli interrogatori e dalle interviste si evince come Michele affronti la scomparsa della moglie, si fa domande, cerca risposte, le vuole dagli inquirenti, dal suo linguaggio verbale e dai suoi ragionamenti si evince un vero interesse a ritrovare Elena ed a spiegarsi i fatti. Dopo il rinvenimento del corpo, come abbiamo già visto in precedenza, si percepisce il suo ’cruccio’ per non aver trovato Elena nonostante si fosse avvicinato al luogo dove si era nascosta, l’empatia, il tentativo di immedesimarsi in lei in quegli ultimi minuti, la sofferenza per la sua fine, tutti elementi introvabili nelle intercettazioni di soggetti colpevoli di omicidio, che generalmente dissimulano, evitando di parlare delle loro vittime, per non esporsi e non rischiare di complicare la propria posizione e quando lo fanno le loro affermazioni appaiono artefatte e gratuite, palesemente fuori luogo anche ad un orecchio non esperto.
Analizziamo da vicino le parole che Michele ha rivolto ai giornalisti nei giorni seguenti alla scomparsa di Elena:
Michele si è mostrato comprensivo, compassionevole ed affettuoso dopo il racconto notturno del tradimento che gli fece Elena, al quale non credette in quanto la moglie, nel momento in cui glielo fece, non era in sé e quindi non era per lui credibile a causa dei disturbi psichici che manifestava:
Intervista a Chi l’ha visto andata in onda il 12 febbraio 2014 ed il 19 febbraio 2014: ‘Durante la notte lei si sveglia e mi sveglia anche a me. io dico: Come mai non riesci a dormire? Perché lei era seduta lì sul letto e mi teneva scoperto, io avevo freddo, sono stato costretto a svegliarmi, gli chiedo: Cosa hai? E lei dice: Ho delle voci in testa che non, non mi lasciano stare. E ho detto: Quali voci hai? Eh, dicono di me che sono una cattiva mamma e mi fa proprio direttamente a me, dice: Sono io una cattiva mamma? Ed allora io più che rasserenare cosa posso fare? Dico: Ma come Elena, come puoi dire una cosa del genere? E poi chi lo pensa una cosa del genere? Perché tu mamma di 4 figli puoi mai essere una cattiva mamma?!’.
Intervista a Chi l’ha visto andata in onda il 12 febbraio 2014: ‘Così riesco a rassicurala, me la tiro verso di me, me la faccio stare un po’ sul petto, l’accarezzo, la coccolo, finché lei riesce a rilassarsi e ci addormentiamo in due. E adesso che mi ricordo nella notte quando lei mi parlava di tante cose, lei ha specificato anche: Non permettere che mi portino via, dove vado? Dove posso mai andare io? E io gli ho detto: Ma chi ti fa andare via? Questa è la tua casa, nessuno ti caccia via’.
Intervista a Chi l’ha visto andata in onda il 28 maggio 2014: ‘Mi ha detto che non se la sentiva, ho detto: Non se la sente perché onestamente non ha dormito.. è vero tutto quello non me lo son sognato ed è stata tranquilla perché poi abbiamo fatto colazione tutti insieme e poi i bambini iniziano a scendere uno per volta giù e lei inizia a scendere, anche lei dietro a me, ho detto perché scendi resti qui..’.
Preoccupato e disponibile nei confronti della moglie:
Intervista a Chi l’ha visto andata in onda il 26 febbraio 2014: ‘Ma io ero scosso, non per il fatto di quello.. del fatto, come del tradimento, ero scosso per il fatto di mia moglie che si comportava così. Infatti, io la volevo portare dal dottore, solo di notte, dove andavo io di notte!?’.
Intervista a Chi l’ha visto andata in onda il12 febbraio 2014: ‘E ho detto: Fai una cosa, vieni con me perché io non sono tranquillo, vieni con me che andiamo insieme a farci un giro, ti porto dal dottore. Ha detto lei che il dottore non c’era al mattino presto, ci sarebbe stato più tardi ha detto: Lasciami a casa che io mi finisco i lavori, poi dopo andiamo dal dottore. E io però l’ho vista che non era tranquilla e ho detto: Elena mi fai stare tranquillo? Sì? Dai vieni con me che ci facciamo un giro, non fa niente che il dottore… ci possiamo fare un giro, non usciamo mai io e te perché siamo sempre pieni di impegni o coi bambini o una cosa o l’altra, usciamo insieme, ci facciamo un giro.. la mattinata, e lei ha insistito che doveva rimanere a casa’.
Intervista a Chi l’ha visto andata in onda il 28 maggio 2014: ‘.. ed è scesa insieme a me fuori solo col maglione al che ho visto che non voleva rientrare in casa e gli ho preso una mia giacca e gliel’ho messa addosso ho detto: Elena non ti ammalare, perché già vedo che non stai bene, se mettiamo malanni su malanni, qua non ci salviamo più…’.
Quando Elena sembrò star meglio, Michele smise di preoccuparsi e si rasserenò, il suo non fu il comportamento di un uomo cinico ed anaffettivo, piuttosto di un uomo in grado di provare empatia:
Intervista a Chi l’ha visto andata in onda il 26 febbraio 2014 (si riferisce al pomeriggio del 23 gennaio 2014): ‘Ho visto che mia moglie non collaborava, ho lasciato perdere, ho detto.. perché dopo lei si è rasserenata, abbiamo fatto cena tutto, io mi son visto Don Matteo, lei è venuta a stirare di qua’.
Intervista a Chi l’ha visto andata in onda il 12 febbraio 2014 (si riferisce al pomeriggio del 23 gennaio 2014): ‘E io penso che mia moglie aveva bisogno d’aiuto perché stava perdendo un po’ la testa, e lì finisce la storia… perché non la presso oltre, perché lei dicendomi sempre le stesse cose, non la presso oltre’.
Intervista a Chi l’ha visto andata in onda il 26 febbraio 2014 (si riferisce alla mattina di venerdì 24 gennaio 2014): ‘(Elena a Michele) Ti devi alzare perché io non me la sento di uscire e devi portare tu i bambini a scuola. Al che, io mi vesto tutto facciamo col… al mattino quando l’ho vista che mi è venuta a chiamare era be.. era già vestita tutta l’ho guardata una faccia serena ho detto: Ah, è stato un incubo meno male mia moglie è serena, è stato solo un incubo’.
Egli si è mostrato comprensivo e capace di perdonare tanto da affrancare da ogni colpa la moglie, attribuendo invece le responsabilità a terzi:
Intervista a Chi l’ha visto andata in onda il 30 aprile 2014: ‘Io a mia moglie la perdono, perché io conosco troppo bene a mia moglie e mia moglie è una santa, mogli così non ce l’ha nessuno’.
Intervista a Chi l’ha visto andata in onda il 9 aprile 2014: ‘… io sono contento che mia moglie stia con un altro e sia viva, perché io per il bene che voglio a mia moglie, io spero di trovarla viva, perché sono sicuro che quando mia moglie rientrerà in sé sa chi sono io e sa chi sono le persone che l’hanno trattata male’.
Intervista a Chi l’ha visto andata in onda il 5 febbraio 2014: ’Non si sarebbe potuta allontanare da me, né da me, né dai miei figli da sola, non l’avrebbe mai fatto, deve tornare, se qualcuno l’ha presa la riporti a casa..’.
La descrizione di sensazioni corporee (calore alla testa) è una caratteristica dei racconti degli innocenti, in questo caso egli riferisce anche della vergogna e dell’agitazione che provava:
Intervista a Chi l’ha visto andata in onda il 26 febbraio: ‘Io quei panni lì non li ho guardati per bene, perché quando ho visto quei panni lì, mi è venuta una cosa alla testa ho detto: Madonna mia, adesso da chi mi deve far vergognare mia moglie? cosa mi sta combinando? Io ho pensato quella cosa lì della vergogna che mi vergognavo se qualcuno l’avesse vista nuda perché ho detto dove mi è scappata questa qui dove è potuta mai andare nuda in quel momento lì il mio pensiero era trovare mia moglie e coprirla, coprirla perché una donna nuda non è bene che giri in strada’.
Intervista a Chi l’ha visto andata in onda il 12 marzo 2014: ‘Mi sono chiesto: E’ possibile, ho preso i panni qui non ho visto gli occhiali mi sono chiesto, però non li avrò visti perché non credo che li hanno messi in un secondo momento e credo che non li ho visti quella mattina perché sai ero talmente agitato ee…’.
Michele ha mostrato di provare un profondo senso di colpa, di non perdonarsi di non aver capito:
Intervista a Chi l’ha visto andata in onda il 12 febbraio 2014: ‘Mi sto accorgendo che forse veramente mia moglie mi stava dando dei segnali che io ho tralasciato e io spero proprio in questo, che chi l’abbia aiutata, non dico che l’ha portata via, chi l’abbia aiutata ad andare via si faccia un esame di coscienza perché noi abbiamo bisogno di Elena. A Elena dico di tornare a casa perché io l’amo tanto ed insieme a me l’amano anche i figli e poi ci sono ancora i genitori, cognati, parenti e tutti i vicini, è amata da tutti perché Elena è conosciuta ed è ben voluta’.
Buoninconti dopo giorni di ricerche infruttuose si convinse che, avendo cercato dappertutto, Elena non poteva essersi allontanata volontariamente, da quel momento egli cominciò a pensare a spiegazioni alternative per quella scomparsa, indagando, cercando risposte e comprensibilmente cercandole rapidamente in specie dagli inquirenti:
Intervista a Chi l’ha visto andata in onda il 12 febbraio 2014: ‘Io hoooo pensato che mia moglie aveva fatto un gesto folle però dalla ricerca che ho fatto e con l’aiuto anche di tutte le persone che si sono interessate, sia da parte delle istituzioni, sia da privati cittadini confinanti e vicini, amici e parenti che hanno cercato ognuno nel proprio pezzo di terra ed abbiamo battuto il territorio palmo palmo, io ho capito che mia moglie non si poteva allontanare da sola, non poteva fare un gesto folle da sola’.
Intervista a Chi l’ha visto andata in onda il 9 aprile 2014: ‘Loro c’entrano in quello che è successo perché mia moglie quel comportamento lì non l’ha mai avuto e quindi l’ha avuto in seguito a quei messaggi che ho trovato io sul telefonino e uno, che poi abbiano permesso a mia moglie che si fosse allontanata con un altro..’.
Intervista a Chi l’ha visto andata in onda il 26 febbraio 2014: ‘Queste due persone c’entrano perché sono loro che hanno messo in crisi mia moglie, se mia moglie si fosse allontanata sono loro colpevoli che l’hanno.. gli hanno fatto credere cose sbagliate perché l’hanno opportunata, perché se una persona non vuole parlare con un’altra non c’è bisogno di mandargli tanti messaggi, io se una persona non mi vuol parlare insieme, io glielo dico una sola volta, ma la seconda volta lo lascio perdere, non come loro in continuazione, qual era il secondo fine? Perché ci deve essere per forza un secondo fine, perché una persona la posso chiamare 20 volte in un giorno, loro c’entrano in quello che è successo perché mia moglie quel comportamento lì non l’ha mai avuto e quindi l’ha avuto in seguito a quei messaggi che ho trovato io sul telefonino..’.
Intervista a Chi l’ha visto andata in onda il 23 aprile 2014: ‘Mia moglie, dopo un mese, se si fosse allontanata lei o se avesse chiesto aiuto ad un altro, io credo che almeno una telefonata ai figli l’avrebbe fatta per farli stare tranquilli e si vede che lei non è nella possibilità di telefonare… intendo che mia moglie è stata portata via con la forza e non so quello lì che l’ha portata via con la forza quali erano i suoi scopi’.
Intervista a Chi l’ha visto andata in onda il 28 maggio 2014: ‘Posso parlare di una compagna gelosa. Adesso in questo momento mi viene tutto in mente, posso parlare di una compagna. Adesso di chi non so, però… no gelosa del rapporto, gelosa che stava perdendo il compagno che aveva perso la testa per un’altra donna perché mia moglie non si è potuta innamorare di quelle persone in questi giorni vedendo il silenzio di mia moglie posso pensare anche a quello’.
Intervista a Chi l’ha visto andata in onda il 30 aprile 2014: ‘Quando chiedevo ai carabinieri se avessero guardato quegli indumenti ed il carabiniere mi ha risposto che non avevano importanza perché quegli indumenti glieli avevo portati io ed allora io gli ho chiesto: Portameli indietro perché io devo vedere una cosa su quegli indumenti e lui mi ha detto: Cosa devi vedere? Ho detto: Io voglio vedere quelle calze come sono state tolte, perché sono delle calze talmente strette che non riesci a togliertele facilmente. E lui è venuto a dirmi che le calze erano state tolte come si tolgono le donne, sono perfettamente integre mi ha detto e io: Cosa vuoi dire sono perfettamente integre? e no come se le tolgono le donne da sedute che non si sono rotte e allora dimmi una cosa se le ciabatte sono a 10-12 metri dalle calze, mi sai dire se quelle calze sono sporche o pulite e lui è rimasto li, è venuto ancora un’altra volta, è venuto a dirmi che le calze erano pulite, però, dico io: Vi consegno dei panni, volete guardarli subito o vi devo dire io ogni momento cosa dovete fare?’.
Infine, Buoninconti è stato accusato di essere una specie di padre padrone, insensibile e scorbutico. Di sicuro, la sofferenza per la scomparsa della moglie, per il non aver compreso i suoi disturbi psichici, una pressione mediatica senza precedenti, i ‘tradimenti’ di familiari, amici e giornalisti, i sospetti, l’essere il capro espiatorio di un paese intero, il rischio che i servizi sociali gli togliessero i bambini, lo hanno esasperato e condotto a provare, a volte, sentimenti di rabbia ed a perdere la pazienza con i giornalisti ed i figli. In questo clima, in alcune rare intercettazioni, rispetto a quelle dove Michele usa solo belle parole parlando di Elena, Buoninconti usa parole forti riferite alla sua ormai ex compagna di vita e perde la pazienza con i propri figli. Tali intercettazioni vanno contestualizzate temporalmente, risalgono tutte a prima del ritrovamento di Elena, all’epoca Michele poteva avere tutte le ragioni di sentirsi e comportarsi come un uomo ferito e tradito ed è allo stesso modo comprensibile, che egli a volte perdesse la pazienza con i 4 figli, di cui doveva occuparsi da solo. C’è da notare che in entrambe le seguenti intercettazioni, che vengono usate contro di lui, egli si fa domande sulle sorti della moglie, mostrando evidentemente di non sapere dove sia: ‘vai a capire cosa ha visto!?’ e ‘chissà dove…’ quesiti che non appaiono rivolti ai figli, ma piuttosto sue intime riflessioni e non certo quelle di un assassino che conosce perfettamente il destino cui è andata incontro la sua vittima.

Michele, il 17 agosto 2014, si è rivolto ai figli, in auto: ‘Con mamma c’ero riuscito a farla diventare donna. Solo, vai a capire cosa ha visto!? Diciotto anni della mia vita per recuperarla, diciotto anni per raddrizzare mamma!’.
Nella seguente conversazione con i figli intercettata il 5 maggio 2014 egli usa una terminologia inappropriata, lo fa perché teme fortemente che i servizi sociali gli tolgano i bambini e quindi cerca di intimorirli in modo che non facciano errori, che non dicano sciocchezze agli psicologi:
Michele: ‘Loro vogliono sentire solo questo, che tra di voi non andate d’accordo. Così uno va da una parte, uno da un’altra parte, uno ancora da un’altra parte e un altro ancora da un’altra parte … Vi va bene vivere così, separati? E a me, ancora perché mamma… chissà dove… e a me mi mettono ancora da un’altra parte. A casa nostra sai cosa ci fanno venire? ci fanno venire Le zoccole dentro, le straniere, a fottere! Così c’è una stanza per ogni zoccola e la sera c’è il bordello Perciò cercate di essere bravi tra di voi. Mi avete visto litigare con mamma?’
Figlio: ‘Sì’
Figlio: ‘E lo chiedi?’
Buoninconti: ‘Ehh, e loro questo vogliono sap.. sentire. Se glielo dite e se infatti loro se gli dite sì state tranquilli che a me mi mettono da un’altra parte’.
Figlio: ‘Tu tante volte hai litigato con mamma’.
Michele: ‘Annuccia non le devi dire queste cose, lo so che adesso le dici tanto per dirle, ma non le devi dire. Ti tolgono anche me oltre che ti hanno tolto mamma, ti tolgono anche me. Vedi se la domanda la faccio a tua sorella cosa risponde e ascolta ciò che dice tua sorella. mi hai mai visto picchiare mamma?’
Figlia: ‘No’
Mchele: ‘Tu mi hai mai visto picchiare mamma? Mi hai mai visto picchiare mamma? ’
Figlia: ‘No’.
Infine, per quanto riguarda lo studio della personalità dell’indagato, effettuata a distanza da parte di un consulente del gip, che non solo non ha avuto modo di incontrarlo ma ne ha analizzato i tratti caratteriali attraverso i media in un momento critico della sua vita, ovvero dopo la scomparsa della moglie, dopo che lo stesso è divenuto un mostro da crocifiggere per la maggioranza degli italiani, il bersaglio quotidiano di orde di giornalisti forniti di due facce ed avidi di notizie accattivanti e mentre si trovava sotto il controllo dei servizi sociali per la tutela dei suoi quattro figli in quanto indagato per l’omicidio della moglie, tutte circostanze che naturalmente lo hanno condotto ad una condizione psichica diversa da quella dei momenti precedenti la scomparsa di Elena.

Analisi di due casi simili:

Christiane Seganfreddo era un’insegnante di Aosta scomparsa nella notte del 30 dicembre 2013 e ritrovata 45 giorni dopo, a circa due chilometri dalla sua abitazione. Il suo corpo è stato scoperto per caso, in una tenuta gestita dall’Institut Agricole Regional, da un addetto alla cura delle vigne, il 15 febbraio 2014, verso le 11.30. Il cadavere era riverso su un fianco, con il volto appoggiato sul terreno ed aveva addosso gli stessi vestiti con i quali Christiane si era allontanata da casa, la donna aveva in tasca soltanto pochi contanti e la propria carta d’identità.

Christiane, nelle prime ore di una fredda mattina di dicembre, era uscita dalla casa dove viveva con il marito ed il figlio di due anni e non vi aveva più fatto ritorno. Le indagini hanno confermato che la donna si era allontanata volontariamente da casa intorno alle cinque del mattino.
Christiane stava vivendo un momento difficile, era terrorizzata dalla possibilità di perdere la vista in conseguenza di una patologia degenerativa agli occhi che la affliggeva, la miastenia oculare. Una situazione compatibile, secondo il questore Maurizio Celia, con un ‘allontanamento convulso’ in una situazione di difficoltà psicologica (15.2.2014, ilmessaggero.it).

Il procuratore capo di Aosta, Marlinda Mineccia all’indomani del ritrovamento ha dichiarato: ’Sul corpo non sono stati trovati né segni esterni né traumi. L’ipotesi presunta su cui lavoriamo è che la donna sia morta dopo essersi sentita male, lo stesso giorno in cui si è allontanata di casa’ (18.2.2014, lastampa.it, Christian Pellisier). L’autopsia sul corpo della Seganfreddo dopo aver escluso traumi o fratture, ha concluso che la causa di morte della donna è stata l’assideramento.

Le ricerche di Christiane, all’indomani della sua scomparsa, era stata effettuate con l’aiuto dei cani ma avevano dato esito negativo. Su questo punto il questore di Aosta, Maurizio Celia ha dichiarato: ‘Saremo stati neanche a 50 metri di distanza, con noi avevamo i cani, ma non hanno fiutato nulla’ (16.2.2014, lastampa.it, Christian Pellissier) e Renato Guillet, marito di Christiane Seganfreddo: ‘È paradossale. Proprio stamattina ho avuto un’altra segnalazione e un attimo dopo mi dicono che Christiane è stata trovata nelle vigne sopra casa nostra, dove era passato anche il cane da ricerca. Ho un po’ di rabbia addosso’ (15.2.2014, ilmessaggero.it).

Sempre su questo punto è rilevante una riflessione di un giornalista locale, Angelo Musumarra: ‘Fa riflettere anche come l’esperta organizzazione della Protezione civile, che non ha risparmiato uomini e mezzi in oltre una settimana di ricerche, abbia mancato di una cinquantina di metri l’obiettivo, inseguendo testimonianze inattendibili e tracce evidentemente non reali, con le indagini che si sono spinte a controllare i filmati della video sorveglianza di diverse stazioni ferroviarie, ‘riconoscendo’ la Seganfreddo a Genova Porta Principe’ (18.2.2014, cronaca nera 12vda.it).
Un amico di famiglia Diego Gal ha dichiarato in seguito alle illazioni dei media riguardo ad un probabile coinvolgimento del marito Renato Guillet nella morte di Christiane: ‘Il fatto che la coppia dormisse temporaneamente in camere separate era dovuto ad un lieve problema di salute che affliggeva Christiane e che le provocava insonnia, ragione che l’aveva spinta a dormire in una diversa stanza da letto per non arrecare disturbo’ (18 febbraio 2014, cronaca nera 12vda.it, Angelo Musumarra).

A mio avviso, Renato Guillet ha avuto più fortuna di Michele Buoninconti in quanto il corpo di Christiane è stato ritrovato solo dopo 45 giorni dalla scomparsa e la malattia agli occhi della Seganfreddo è risultata più comprensibile come causa di un disturbo psichico, probabilmente una profonda crisi depressiva, che l’ha condotta a lasciare la propria abitazione in preda alla disperazione, piuttosto che le problematiche ‘esistenziali’ di Elena che si sono manifestate nel suo caso con una grave crisi psicotica acuta.

Analizziamo ora brevemente il caso di Eleonora Gizzi, una maestra di 34 anni, scomparsa dalla sua casa di Vasto il 28 marzo 2014 e ritrovata morta, 5 mesi dopo, alla fine di agosto, sotto il viadotto Prascovia, in via Salce, a meno di due chilometri dalla sua abitazione. La donna ritrovata cadavere per caso da un tecnico della Società Autostrade che stava effettuando delle verifiche periodiche dei piloni, era vestita con gli stessi abiti descritti dai familiari al momento del suo allontanamento da casa. La Gizzi era stata avvistata il giorno della scomparsa da un amico, proprio sulla strada sovrastante al luogo del ritrovamento. I risultati dell’esame autoptico, hanno rivelato che la donna è sopravvissuta sotto il pilone delle A14 per una decina di giorni, su un cartone, ed è morta per inedia. Le miti temperature primaverili, in questo caso, hanno permesso alla donna di sopravvivere alcuni giorni.

La dottoressa Mafalda Cipulli, neurologa presso la ASL di Lanciano e Vasto, che aveva in cura Eleonora, ha dichiarato: ‘Sostanzialmente sono convinta che Eleonora Gizzi vivesse in uno stato alterato di coscienza…. vivesse in uno stato confusionale e che, di conseguenza, abbia visto negli uomini che la cercavano come dei nemici, piuttosto che degli aiutanti, nascondendosi nei luoghi limitrofi alla zona in cui è stata ritrovata. Ovviamente lei non voleva essere trovata, altrimenti avrebbe comunicato in primis con il padre… aveva un carattere forte e fragile. Desiderava una vita diversa. Non penso che lei desiderasse una vita in itinere. Assolutamente, per quello che mi ha mostrato. Ma che lei risponde nella vita alla legge, del tutto o del nulla, sì. Nel senso che lei desiderava un’esistenza diversa, altrimenti niente. Ho avuto la percezione fin dal primo incontro che lei avesse una predeterminazione al limitare od al delimitare della sua vita. Come dire se io non riesco a fare questo è inutile vivere. Aveva un carattere forte e nello stesso tempo fragile, tuttavia la sua forza le ha permesso di vivere e lasciarsi andare senza paura e senza timore alcuno al buio, al freddo e alla fame. Lei riusciva ad annullare i suoi bisogni’. (30.8.2014, infoOggi.it, Erica Benedettelli)
I cani addetti alle ricerche della Gizzi erano passati più volte nella zona del ritrovamento nei giorni successivi all’allontanamento di Eleonora da casa, squadre di volontari avevano battuto l’area giorno e notte senza localizzarla, eppure lei era lì, a pochi metri di distanza dal punto in cui era stata vista l’ultima volta, proprio il giorno della sua scomparsa.
Il padre di Eleonora, Italo Gizzi, all’indomani del ritrovamento, ha dichiarato: ‘Sono certo che sia lei, me lo sento. La cosa che mi tormenta è che è poco distante da casa, ma soprattutto sono luoghi che sono stati battuti da chi la cercava. Non riesco a trovare pace ma io non mi muovo da qui, aspetto finché non mi daranno delle risposte’ (24.8.2014, tgcom24.mediaset.it).
Con tutta probabilità la condizione psichica di Eleonora Gizzi non era dissimile da quella di Elena Ceste, le due donne si allontanarono da casa in una condizione di severa alterazione dell’equilibrio psichico caratterizzata da una compromissione dell’esame della realtà e da disturbi del pensiero, quali deliri ed allucinazioni. L’ipotesi più plausibile è che entrambe le donne abbiano reagito alle allucinazioni uditive ed al delirio nascondendosi ai loro ‘fantomatici’ persecutori.

Le ricerche:

Per quanto riguarda le ricerche in generale, i cadaveri, anche se non occultati, non si trovano facilmente. I corpi di Yara Gambirasio, di Elisa Claps, di Lucia Manca, di Eleonora Gizzi, di Christiane Seganfreddo e di Primo Zanoli sono stati rinvenuti casualmente e dopo molto tempo dalla loro scomparsa. Spesso chi fa le ricerche non lo accetta e cerca indaginose giustificazioni ai propri fallimenti come in occasione del ritrovamento di Yara Gambirasio.

– I resti di Elisa Claps, scomparsa a Potenza il 12 settembre del 1993 sono stati ritrovati, il 17 marzo del 2010, circa 17 anni dopo la sua scomparsa, nel sottotetto della piccola Chiesa della Santissima Trinità, sita nel centro della città, dove la ragazza, allora sedicenne, si era recata prima di scomparire.

– I corpi dei fratellini Francesco e Salvatore Pappalardi di 13 ed 11 anni, di Gravina di Puglia, due fratellini scomparsi la sera del 5 giugno 2006, sono stati ritrovati per caso, il 25 febbraio 2008, in una cisterna di un casolare abbandonato che era stato controllato nei giorni successivi alla loro scomparsa. La costruzione dove si trovava il pozzo è vicina al centro storico di Gravina, a 500 metri dalla piazza Quattro Fontane dove i bambini erano stati ripresi per un’ultima volta da una telecamera di sicurezza. Su un muro del casolare i ricercatori avevano segnato con una vernice speciale l’avvenuto controllo dell’interno della struttura nei giorni successivi alla scomparsa. I resti dei bambini sono stati ritrovati da un vigile del fuoco durante le operazioni di salvataggio di un altro bambino caduto nello stesso luogo. In questo caso dopo ricerche infruttuose in città, nella gravina, sulla Murgia, nei boschi, in Romania, le indagini si concentrarono sul padre che il 27 novembre 2007 venne arrestato per duplice omicidio aggravato e rilasciato qualche giorno dopo il ritrovamento dei corpi dei suoi figli, deceduti entrambi, secondo i referti autoptici, a causa dei traumi che si erano procurati in seguito alla caduta accidentale, per la fame e la sete.

– Yara Gambirasio è scomparsa il 26 novembre 2010 da Brembate di Sopra ed è stata ritrovata per caso, il 26 febbraio 2011, in un campo di Chignolo d’Isola da un appassionato di aeromodellismo che stava facendo volare il suo modellino.
In seguito al ritrovamento dei resti di Yara non mancarono le polemiche riguardo alle ricerche, i soccorritori sostennero di aver controllato l’area e di essere certi che il corpo della Gambirasio non fosse lì, invece, secondo l’anatomopatologa Cristina Cattaneo che si è occupata del caso: ‘Le indagini naturalistiche convergono nel concludere che il corpo di Yara Gambirasio è in via di elevata probabilità rimasto nel campo di Chignolo d’Isola dal momento della sua morte, avvenuta a poche ore dopo la sua scomparsa, fino al momento del suo rinvenimento. Si può prospettare, in termini di alta verosomiglianza, che la Gambirasio sia morta nel campo ove fu rinvenuta cadavere il 26 febbraio 2011’ (bergamo.corriere.it 4 marzo 2015).

– Lucia Manca era un’impiegata bancaria veneziana, scomparsa da casa il 7 luglio 2011, il cui corpo in avanzato stato di decomposizione venne ritrovato casualmente il 6 ottobre dello stesso anno. Il corpo della donna fu localizzato per caso sotto ad un cavalcavia a Cogollo Del Cengio, in provincia di Vicenza, durante alcuni lavori di ripulitura.

– Christiane Seganfreddo è scomparsa da casa, come abbiamo già visto, il 30 dicembre 2013, ed è stata ritrovata 45 giorni dopo, a soli 2 chilometri da casa in una zona già battuta dai cani da traccia e dai soccorritori.

– Eleonora Gizzi, è stata ritrovata in una zona battuta dai soccorritori e dai cani da traccia, 5 mesi dopo la sua scomparsa, a soli a 2 chilometri da casa ed a pochi metri dal luogo dove era stata vista l’ultima volta.

Le ricerche con i cani:

Per quanto riguarda le ricerche di dispersi con i cani di Sant’Uberto da parte dei gruppi cinofili, la recente letteratura ci induce a riflettere.

– I cani del gruppo cinofilo che affrontò le ricerche del piccolo Tommaso Onofri, suggerirono ‘direzione autostrada’, mentre le indagini conclusero che i rapitori avevano preso la direzione opposta.

– Nel caso dell’omicidio di Melania Rea, un cane, dopo aver fiutato gli indumenti della donna, si diresse nei pressi del monumento ai Martiri della Resistenza, a Colle San Marco, in un percorso a metà tra le altalene ed il bar-chiosco verso il quale il marito aveva detto essersi diretta la donna il giorno della scomparsa, le indagini appurarono invece che lei, quel giorno, non era mai stata in quella zona (23.12.2011, Quotidiano d’Abruzzo, Renato Marino).

– La procura di Bergamo, nelle vesti del pm Letizia Ruggeri, ha bocciato il lavoro dei gruppi cinofili riguardo al caso di Yara Gambirasio le cui ricerche condussero al cantiere di Mapello fuorviando le indagini. Il pm ha citato il caso di Laura Winkler, una ragazza di 13 anni di Brunico (Bolzano), scomparsa il 21 aprile 2013 e ritrovata due giorni dopo in un burrone nella Valle di Anterselva.

– I cani Bloodhound impiegati nelle ricerche di Laura Winkler fiutarono le tracce della ragazza fino ai bordi della strada provinciale, all’altezza di un hotel chiuso in località Bagni di Salomone dove Laura Winkler non era transitata, il suo corpo giaceva invece in un dirupo poco distante dal maso del nonno dal quale si era allontanata.

– In altri due casi di scomparsa, quello di Christiane Seganfreddo e quello di Eleonora Gizzi, balzati agli onori delle cronache per gli errori nelle ricerche, come abbiamo già visto, i gruppi di ricerca vennero affiancati senza successo dai cani .

Le ricerche con i cani non danno risultati affidabili per molteplici ragioni, le condizioni climatiche; la contaminazione della scena per l’accorrere di molti soggetti; la scelta dell’oggetto o dell’indumento appartenente allo scomparso che può trattenere residui del profumo dei saponi da bucato; l’invecchiamento della traccia; l’interpretazione delle indicazioni del cane che spetta all’uomo ed è quindi passibile di errore.

Nel nostro caso, i cani utilizzati durante le ricerche della Ceste seguirono una traccia olfattiva che conduceva in direzione esattamente opposta a quella dove si trovava il corpo della donna. Secondo i soccorritori quella seguita dai cani poteva essere una ‘traccia di tipo rituale’, ovvero una traccia lasciata dalla Ceste lungo un percorso che la donna aveva fatto in precedenza abitualmente e sempre secondo loro, se ci fosse stata una traccia fresca in direzione opposta a quella fiutata, i cani l’avrebbero seguita. Alla luce degli insuccessi nazionali tale affermazione non sembra reggere, né tale fallimento può essere giustificato sostenendo che i cani non percepirono una traccia fresca perché la Ceste sarebbe stata chiusa nel baule dell’auto durante il percorso da casa al luogo in cui furono ritrovati i suoi resti, lasciando quindi una ‘traccia minima’. A parte il fatto che Elena si diresse a piedi in quel luogo, sappiamo che la donna aveva fatto in precedenza, il giorno 22 gennaio (pag. 2, verbale di assunzione di informazioni, Michele Buoninconti, 4 aprile 2014), il percorso fiutato dai cani, opposto a quello di quella mattina e lo aveva fatto sempre a bordo dell’auto ed essendo inverno, di sicuro aveva guidato con i finestrini chiusi, in una condizione evidentemente di ‘traccia minima’, come nel caso fosse stata chiusa nel baule di un’auto, appare quindi improbabile che i cani abbiano fiutato una traccia vecchia invece di una nuova, non resta che concludere che per un qualche motivo i risultati di tali ricerche condussero anche questa volta ad un falso positivo.
In conclusione, vista la casistica, di cui ho citato solo alcuni esempi, che hanno visto l’utilizzo dei gruppi cinofili per le ricerche, non appare sospetto nel nostro caso, ma invece nella norma, che le ricerche con i cani abbiano dato esiti infruttuosi e che Elena sia stata ritrovata per caso nella prima zona battuta dalla protezione civile, ben 9 mesi dopo la sua scomparsa.

CONCLUSIONI

Le risultanze autoptiche sul cadavere della Ceste non hanno consentito di pervenire a conclusioni scientificamente sostenibili in merito alle cause del suo decesso. I medici legali consulenti del Pubblico Ministero hanno più volte ribadito che le ossa ed i tessuti molli residui non presentavano lesioni e che non poteva essere stabilita la causa della morte, escludendo la più probabile causa di morte, ovvero l’assideramento e concludendo inspiegabilmente per una morte asfittica, un’ipotesi non supportata da alcun elemento oggettivo.
A diverse conclusioni probabilistiche è invece giunta la Dott.ssa Chantal Milani, la quale ha ritenuto l’assideramento la più probabile causa di morte.

In conclusione:
– l’assenza di lesioni di natura traumatica e di ferite sulle parti molli superstiti delle regioni antero laterali del torace e dell’addome;
– l’assenza di lesioni sull’indagato riferibili ad una colluttazione;
– le risultanze negative delle analisi dei RIS sull’auto dell’indagato;
– l’assenza di una specifica causale di una supposta azione criminosa;
– le condizioni psichiche della donna nelle ore e nei mesi precedenti la sua scomparsa;
– la dimostrata impossibilità da parte di Buoninconti di condurre il corpo della moglie, denudarlo ed occultarlo dove sono stati ritrovati i suoi resti;

portano a ritenere che l’unica ipotesi logica e plausibile che spieghi gli accadimenti di quella mattina sia quella dell’allontanamento volontario della Ceste, poco dopo le 8.15 del 24 gennaio 2014, in uno stato di grave alterazione psichica causato da una crisi psicotica acuta cui seguì la morte per assideramento.

Elena Ceste, nel tentativo di fuggire ai suoi persecutori immaginari, si recò deliberatamente là dove sono stati ritrovati i suoi resti, dopo essersi aperta un varco tra la fitta vegetazione, si nascose nel tubo di cemento in cui scorre il Rio Mersa, in pochi minuti si assopì per il freddo e per la fatica psichica dovuta al delirio e morì per assideramento.

leggi anche: Tutto ciò che c’è da sapere sul caso Buoninconti Ceste

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