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GAUDIANO: «HO “PAGATO” PREVENTIVAMENTE CON 15 ANNI DI MOBBING DA PARTE DELL’ASM»

Sull’assoluzione dell’ex Dg Quinto e sull’infondatezza della denuncia contro di lui per abuso d’ufficio si difende il denunciante

È stato assolto da entrambi i processi che lo vedevano imputato, uno di natura penale, l’altro di natura contabile, l’ex direttore generale dell’azienda sanitaria materana Pietro Quinto. Il Gup di Matera ha dichiarare «inammissibile» l’opposizione all’archivazione avanzata da Carlo Gaudiano, ritenendo «infondata» la denuncia sporta nei confronti del l’ex Direttore generale dell’Asm di Matera. Quinto ottenuta la sentenza di assoluzione sul presunto caso di abuso d’ufficio si è lasciato andare ad una serie di considerazioni che lo hanno visto coinvolto in questi procedimenti. Inevitabile anche un passaggio sulla vinceda che ha visto proprio la denuncia presentata da Gaudiano che chiamato in causa ha riportato la sua versione dei fatti, rispondnedo cosi a Quinto.

Pubblichiamo di seguito interamente la nota ricevuta. «In merito alla doppia assoluzione per l’ex direttore generale dell’ASM Pietro Quinto e alla conseguente nota di stampa, con cui lo scrivente è chiamato pesantemente in causa, pur nel ribadire il pieno rispetto delle sentenze, è d’obbligo precisare alcune cose a tutela dell’operato del sottoscritto nonché di quello del capitano della guardia di finanza Fabio Pecci.

Facendo ricorso alla stampa e perfino al TGR Basilicata, infatti, l’opinione pubblica è stata informata in merito al positivo risultato conseguito a favore diPietro Quinto, indagato per abuso d’ufficio su esposto-querela del sottoscritto, e, tra enfasi e vittimismo, chi ha scritto si è arrischiato a definire “ingiustamente” sporta tale querela, sottolineando che “il dr. Carlo Gaudiano non pagherà nulla”. In sostanza chi ha scritto la citata nota di stampa finge di non sapere che il dr. Carlo Gaudiano ha per così dire “pagato” preventivamente con quindici anni di mobbing da parte dell’ASM, mobbing che è stato riconosciuto da sentenza passata in giudicato e mai pienamente risarcito come sentenza aveva richiesto.

Tanto precisato, la questione va chiarita nella sua interezza. Il GUP(giudice delle indagini preliminari) ha archiviato il procedimento penale facendo proprie le conclusioni del pubblico ministero e dello stesso avvocato. Il fatto portato all’attenzione dal sottoscrittoalla procura di Matera riguardava l’illecito arricchimento, circa 44.000€, dell’ex direttore sanitario Sacco Andrea prorogato, a dispetto delle norme vigenti,nella citata funzione da Quinto Pietro; quest’ultimo prorogava il medico in qualità di direttore generale della ASM. La legge impedisce l’utilizzo del dipendente in pensione, a meno che il pensionato svolga l’attività gratuitamente.

La funzione esercitata da Sacco, dal giorno stesso del suo pensionamento, doveva essere assunta al fine di non interrompere l’azione amministrativa della ASM, daldr. Domenico Adduce,quale naturale sostituto, come previsto dalla deliberazione n. 208 del 29 febbraio 2012. Adduceavrebbe così assunto la funzione di direttore sanitario facente funzione. Pertanto,il citato medico avrebbe percepito la somma di 500€ al mese aggiuntiva al suo stipendio, come previsto dal contratto nazionale di lavoro. Quindi,in quattro mesi la ASM avrebbe elargito 2.000€ a fronte dei 44.000€ realmente concessi a Sacco.

L’esposto-querela fu assegnato alle cure del pubblico ministero Salvatore Colella, che iscrisse quale indagato, con l’ipotesi di abuso d’ufficio, Quinto Pietro e considerando parte offesa il sottoscritto. Il pubblico ministero assegnò l’attività d’indagine al capitano della guardia di finanza Fabio Pecci. Le indagini confermarono i fatti denunciati. Il capitano concluse la relazione investigativa, con cui trasferì al PM l’attività delegata, asserendo: “Alla luce di quanto esposto, si rimette alle valutazioni del S.V. la sussistenza dell’ipotesi di reato di cui all’art.323 c.p. in capo a: Quinto Pietro, ………., poiché violando il disposto dell’articolo 3 comma 7 del D.Lgs 502/92 e s.m.i., dell’articolo 5 comma 9 legge 7 agosto 2012 n. 135 e ss.mm.ii., in qualità di Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria di Matera, ha illegittimamente prolungato l’incarico di Direttore Sanitario della A.S.M. al dott. in quiescenza Andrea Sacco a titolo oneroso, oltre la scadenza di diritto privato triennale, determinando un illecito arricchimento del medesimo.” Il PM, non raccoglie le conclusioni del finanziere, e chiede al GIP, dottoressa Angela Rosa Nettis, l’archiviazione del procedimento in essere affermando che: “pur volendo assumere che vi sia stata violazione di legge ….. non vi è prova alcuna della intenzionalità di arrecare un vantaggio ingiusto, ……….. per cui era necessario assicurare la prosecuzione dell’incarico al fine di non determinare un’interruzione di pubblico servizio”.

In pratica il PM si rifaceva alla mancanza del “dolo intenzionale”, cioè all’aspetto psicologico del reato.Inoltre, il PM si rifà alle condizioni poste dalla Cassazione affinché il reato di abuso d’ufficio fosse completamente compiuto: “…. a) dall’evidenza della violazione di legge, come tale perciò immediatamente riconoscibile dall’agente; b)dalla specifica competenza professionale dell’agente, tale da rendergli anch’essa, senza possibile equivoco, riconoscibile la violazione; c) dalla motivazione del provvedimento, nel caso in cui essa sia quantificabile come meramente apparente o come manifestamente pretestuosa; d) dai rapporti personali eventualmente accertati tra l’autore del reato e il soggetto che dal provvedimento illegittimo abbia tratto ingiusto vantaggio patrimoniale”. Il sottoscritto si oppose all’archiviazione precisando che le quattro condizioni poste dalla Cassazione erano pienamente soddisfatte

. La violazione di legge era immediatamente riconoscibile; Quinto aveva e ha le competenze adatte a riconoscere senza possibile equivoco che stava commettendo un reato; la giustificazione che la proroga era stata assunta per la continuità dell’azione amministrativa era pretestuosa; erano evidenti i rapporti personali dovendo i due, Quinto e Sacco, dover lavorare gomito a gomito tutti i giorni. Inoltre, tra l’altro, il sottoscritto quale indagine suppletiva chiese di verificare che ci fosse un naturale sostituto già definito del Sacco. Il GIP dispose la camera di consiglio. In udienza il sottoscritto portò all’attenzione del giudice la deliberazione n. 208 del 29 febbraio 2012chiedendo che la stessa facesse parte del procedimento, quale atto di prova conclusiva e certa che Quinto aveva illegittimamente favorito Sacco. Il magistrato rigettò la richiesta di deposito asserendo che si era al di fuori dei termini previsti dalla norma.

L’avvocato Montagna, a conclusione dell’udienza, presentò la sentenza della Corte dei Conti con la quale la Corte affermava che la somma percepita dal Sacco non costituiva sperpero di pubblico danaro. Il giudice accettò il documento facendolo entrare nel procedimento. A fine udienza l’avvocato ringraziò il giudice. In conclusione il sottoscritto sottolinea, ragionando per assurdo, che oltre al sottoscritto anche la guardia di finanza nella persona del citato capitano avrebbe “subito” l’archiviazione».

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