PERCHÉ LA BASILICATA NON HA MAI AVUTO UNA MAFIA?
lettere lucane
Il Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Potenza, Armando D’Alterio, durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario ha parlato di una “mafia autoctona” in Basilicata. Non ho elementi per dire se sia vero oppure no che nella nostra Regione sia recentemente sorta una “mafia autoctona”, ma so per certo, poiché ho partecipato attivamente in passato alla discussione pubblica sul tema, che sono almeno quarant’anni che si cerca di dimostrare l’esistenza di una mafia lucana, e che sono quarant’anni che questa mafia, quelle rare volte che viene rintracciata, ha contorni così fragili e forzati che si accetta l’incasellamento mafioso solo per non incappare in faticose polemiche con gli assai aggressivi professionisti dell’antimafia. Ripeto, non so se ora ci sia qualcosa che possa somigliare a una “mafia lucana”; tuttavia, nonostante confini con tre delle quattro patrie mafiose italiane, la Basilicata non ha mai dato vita, sinora, a una “mafia autoctona” (nonostante i Cosentino, i Cassotta, i Martorano, i Cossidente, gli Scarcia, ecc., siano riconducibili a galassie mafiose extraregionali). Certo sarebbe interessante provare a capire, senza l’ombra di qualsivoglia “superiorità morale”, le ragioni per cui la Basilicata sia rimasta immune dal flagello mafioso. Personalmente, ci ho riflettuto a lungo. E sono arrivato a questa conclusione. Secondo me i lucani non si sono mai spinta in territori così spavaldamente ostili allo Stato perché nella nostra Regione è ancora attiva, forse inconsciamente, una sorta di memoria paralizzante delle repressioni militari contro il brigantaggio. Talmente fu violenta e spietata la repressione “piemontese”, che è come se i lucani avessero interiorizzato questa elementare verità: chi si mette contro lo Stato non ha nessuna possibilità di vincere e ne uscirà inevitabilmente massacrato.