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DEPOSITO RIFIUTI NUCLEARI: PIÙ CHE LA BASILICATA, RISCHIA IL PIEMONTE

La provincia di Alessandria è il territorio con più aree «molto buone»: nessuna invece nel Potentino e nel Materano

Aree potenzialmente idonee ad ospitare il Deposito unico nazionale di rifiuti radioattivi: la Basilicata, che nella mappa Sogin, accorpata con la Puglia, compare per ben 17 volte, è già percorsa tutta da un grande fermento. La contrarietà risuona da ogni angolo, ma slogan politici a parte, la partita da adesso è, sulla carta, solo tecnica. È, soprattutto, tutt’altro che scontato che la Basilicata sia la predestinata, anzi. L’ago delle bussole punta sempre a Nord, e quella della Sogin, la società pubblica incaricata del decommissioning, non fa eccezione. Sono sette le Regioni potenzialmente idonee, si tratta di Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sardegna e Sicilia. Tra queste, tuttavia, soltanto 3 sembrano essere davvero le “papabili”: Piemonte, Lazio e Basilicata. Da notare che il Nord-Est Italia è completamente escluso.

A mo’ di “mitologia spiegata al popolo”, al copioso lavoro della Sogin, durato anni, bisogna riconoscere il fatto di aver reso altamente comprensibile, nei limiti del possibile, il quadro tecnico. Punto ideale di partenza, i colori: 4 per 3 classi scelte. Ad ogni zona individuata come area potenzialmente idonea corrisponde un colore e una classe. In ordine discendente le classi sono le seguenti: aree continentali, aree insulari e aree in Zona sismica 2. I colori, invece, sono per la prima classe il verde scuro (molto buone) e il verde chiaro (buone), l’azzurro per la classe 2 e il giallo per la terza. Confrontando le tavole prodotte dalla Sogin e limitando l’analisi alle sole 3 regioni “papabili” ad ospitare il Deposito unico, le differenze già emergono con certa nitidezza. La Basilicata, al di là del dato meramente numerico delle 17 aree, non è quella in testa.

La regione che più “rischia” è il Piemonte. Più precisamente la vera “favorita” appare la provincia di Alessandria. A parte il territorio Castelnuovo Bormida-Sezzadio, verde chiaro, pertanto «buone», tutte le zone segnalate sono verde scuro: «molto buone». Il Lazio abbonda di aree segnalate, la provincia di Viterbo pullula di colori, ma sulle 20 cerchiate sono quasi tutte di colore gialle: classe 3, scarsamente idonee. Nel terzetto di testa, stando ai colori, la Basilicata è la regione con più chances di sconfitta. In Basilicata non c’è una zona verde scuro.

Quelle in provincia di Potenza sono tutte gialle, classe 3, e quindi per via della connotazione sismica poco allettanti, mentre la costa Jonica abbonda di zone buone, ma nessuna «molto buona», cioè verde scuro. La Basilicata, ai nastri di partenza, e la marcia di Scanzano del 2003 che fermò la scelta del Governo Berlusconi di realizzare nell’area il deposito nazionale non centra nulla, non è certamente la regione più esposta “al rischio” della “discarica nucleare”. Con la pubblicazione della proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) ad ospitare il Deposito nazionale di scorie e il Parco tecnologico, si è aperto lo scontro tecnico L’iter procedurale ha i suoi tempi prestabiliti e anche in Basilicata è partito il cronometro.

Domani, infatti, avrà luogo la riunione convocata dall’assessore regionale all’Ambiente, Gianni Rosa, d’intesa col governatore Bardi, alla quale parteciperanno i presidenti delle Province di Potenza e Matera, il direttore generale dell’Arpab, il presidente dell’Anci ed i sindaci dei Comuni lucani i cui territori ricadono fra le aree indicate dalla Sogin: Acerenza, Genzano, Irsina, Oppido Lucano, Matera, Montescaglioso, Bernalda, Montalbano Jonico. Sarà presente all’incontro anche il dirigente generale del Dipartimento Ambiente Giuseppe Galante. È solo l’inizio di un complesso percorso che si concluderà con la formulazione delle osservazioni e delle controdeduzioni della Regione attraverso cui, stando alle prime dichiarazioni della governance lucana, formalizzerà la propria contrarierà al deposito unico italiano dei rifiuti radioattivi in Basilicata.

Ferdinando Moliterni

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