LA VERITÀ È COME IL SOLE: FA BENE FINCHÉ NON BRUCIA
La pandemia forse è stato l’iceberg in cui imbatterci per poter guardare la vita da un’altra prospettiva
“La verità è come il sole: fa bene finché non brucia”. È la frase scritta nel libro di Emanuela Breda, giovane autrice italiana, a dare senso al bilancio di questo strano 2020. La pandemia forse è stato l’iceberg in cui imbatterci per poter guardare la vita da un’altra prospettiva. Sicuramente ci ha dato il dono di uno sguardo lungo, e meno avvilito del solito. Il tutto partendo da una premessa: i lucani sono forse il popolo più adattivo del mondo, riescono sempre a dare il meglio nelle crisi e nelle emergenze. Anche se poi di tutto ciò, purtroppo, nei momenti di normalità non resta molto. Ecco: il Covid- 19, tra i tanti disastri che ha portato, è riuscito a farci scoprire l’importanza di alcune cose che non dovremmo dimenticare, ma semmai coltivare, nel dopo pandemia. Uno su tutti: il diritto alla verità. Una pandemia diffusa, difficile da gestire e a volte impossibile da comprendere che però ci ha permesso di guardare in faccia il vero problema che ormai da generazioni ci portiamo avanti: il popolo che non conosce è più facilmente manipolabile. Un concetto che può apparire duro ma che come la stesso storia nel corso degli anni ci ha insegnato è solo grazie alla conoscenza della verità che possiamo permetterci di non rifare gli stessi errori. Questa pandemia non ci ha costretto a fare i conti solo con un sistema sanitario fragile, con scelte politiche poco ponderate e con una classe dirigente più propensa a rinviare il problema che a risolverlo. Da anni in questa regione ci viviamo nella realtà, viviamo in una narrazione della realtà. Questa narrazione ci viene coartata da un insieme di poteri esterni, famiglia, amici, ambiente, media, che costruiscono, ognuno per la sua parte, una certa immagine della realtà. Quello che si forma nella nostra mente è un puzzle che può essere anche dominato da un solo colore, da una sola frequenza. Nessuno possiede la ricchezza multiforme e dettagliata della realtà. Noi vediamo solo qualcosa, parzialmente. E in base a quel qualcosa valutiamo, crediamo, votiamo. A seconda degli input che ci arrivano, si forma la nostra percezione dell’esistente, per di più deformata dai nostri gusti, da tendenze anche irrazionali, da fantasie, illusioni, esperienze, memorie, associazioni consce o inconsce, relazioni. Più questo quadro è ricco, più abbiamo speranza di avvicinarci a quella cosa che si chiama verità. Più questo quadro è povero di informazioni, monocromo, unilaterale, più vivremo come in un sogno, una non vita in una non realtà. Ma quello che dovremmo domarci tutti è che deve smettere di essere retorica: è quale Basilicata vogliamo lasciare alle generazioni future? Ci vorrebbe una risposta in tempi brevi, considerato che ogni giorno che passa la Basilicata diventa sempre più vecchia. Con uno spopolamento che a breve termine ci porterà ad essere un deserto. Ognuno di noi deve fare la sua parte per invertire inevitabilmente la rotta e permettere che dal post pandemia risorga una nuova Basilicata. È vero, anche i media devono fare la loro parte. Certo, inutile negarlo ci sono alcuni giornali che tendono a dare una visione unilaterale, ripetitiva e deformata. Una visione della realtà che fa comodo solo ad alcuni, per cui il cittadino non vede le cose con i propri occhi, non verifica ciò che sente coi fatti, ma vede quello che altri vogliono che veda, crede quello che altri vogliono che creda. Ecco perché la democrazia si gioca tutta sulla conoscenza. Conoscere vuol dire valutare. Valutare vuol dire scegliere. Senza conoscenza non c’è democrazia. Senza conoscenza non c’è verità. E si vive come sonnambuli che non smettono mai di sognare, senza mai diventare persone consapevoli. Il 2020 di Cronache Lucane non è stato facile. La pandemia ha colpito duramente il nostro settore, già profondamente martoriato negli anni. Non solo. Più volte in questi mesi ci siamo dovuti appellare al diritto di cronaca che a molti proprio non piace. Ma nonostante questo abbiamo mantenuto duro per continuare ad essere il “cane della democrazia”. Ci siamo imposti di raccontare la verità, pur consapevoli che tra cittadini e politici ci sarà sempre qualcuno che ci chiamerà “faziosi”. Una parola che inizialmente poteva offenderci ma che ripetuta oggi ci fa comprendere che il nostro lavoro è stato svolto bene. Aver raccontato i numeri di una pandemia spesso erroneamente riportati dalle Istituzioni, aver denunciato casi di mala sanità o addirittura aver puntato su inchieste che ci hanno permesso di scoprire come viene gestita in modo errato la pubblica amministrazione è il nostro lavoro. È ancora possibile per il giornalista, oggi, essere ancora considerato un lettore della realtà o un mediatore rispetto ai fatti? Per noi sì. Crediamo ancora nella libertà di stampa e nella stampa libera. Siamo però convinti che tocchi ai cittadini riconoscersi in un ruolo di protagonisti attivi nel processo di crescita delle notizie. Se comprendiamo che la verità non fa male forse siamo ancora in gradi di cambiare. Cronache Lucane crede ancora in una Basilicata migliore, fatelo anche voi. Buon anno.