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VENOSA, LA CONSIGLIERA ANTENORI CONTRO LEONE E ROSA

“Le istituzioni regionali hanno messo in subbuglio un’intera area, un intero territorio ed un’intera Comunità in un momento così delicato e difficile per tutti”

È risaputo che la Città di Venosa ed il suo circondario, non hanno mai goduto delle attenzioni e delle simpatie dei governi regionali sia di quello di centro-sinistra, che ha governato ininterrottamente per più di 25 anni, ed ora di quello del centro-destra.

Il 24 aprile scorso, in una videoconferenza con l’Assessore Regionale alla Sanità Dott. Rocco Leone invitato dall’Amministrazione Comunale di Venosa per fornire chiarimenti in merito all’utilizzo dell’Ospedale di Venosa in un Centro Covid, ebbi a ringraziarlo per aver fatto un passo indietro sulle posizioni e le decisioni già prese, salvo poi constatare, a distanza di qualche mese che, l’Assessore Leone ha preso in giro sia i cittadini di Venosa che i cittadini dell’intero comprensorio composto da ben 18 Comuni e di recente, l’Ospedale di Venosa si è trasformato in Centro Covid ove attualmente sono ricoverati 18 positivi su una capienza di 100 posti letto smantellando così di fatto tutti i servizi e le prestazioni che il P.O.D. di Venosa offriva all’intero territorio di competenza.
Facevo anche notare all’Assessore Leone che, le beghe interne alla politica dovevano risolversi all’interno dei partiti e delle loro coalizioni per evitare di danneggiare le Città ed i Paesi di questa Regione.
Venosa, purtroppo, è una di quelle realtà che ha subito scippi e spoliazioni ad opera di tutti i precedenti governi regionali che si sono susseguiti a partire dalla fine degli anni ottanta.
In questa Città non è rimasto più alcun servizio. Non è rimasto più nulla.
Per ogni bisogno e necessita di qualsiasi natura si è costretti ad andare fuori.
Si sono portati via tutto.
Sono rimasti solo i monumenti ed i beni archeologici e quelli, non credo se li possano portar via a meno che, non viene imposta un’ordinanza di demolizione e rasa al suolo ignara allora che, il governo regionale di centro-destra anche se in maniera diversa e ancor più devastante gia stava lavorando in tal senso nell’emanare provvedimenti che hanno superato ogni limite della decenza per il mancato rispetto e coinvolgimento dalla Comunità interessata, quella del Vulture-Melfese, le cui sorti, sono state decise per volontà e megalomania di un singolo soggetto: tal Assessore Regionale Gianni ROSA di professione “Commercialista”.

Il provvedimento in questione è la delibera di giunta regionale n. 724 del 03 novembre 2020 approvata su proposta dell’Assessore Regionale del Dipartimento Ambiente e Energia che ha messo in subbuglio un’intera area, un intero territorio ed un’intera Comunità in un momento così delicato e difficile per tutti.

La suddetta delibera, di punto in bianco, riconosce “l’Ager Venusinus” come zona di interesse archeologico e paesaggistico imponendo di fatto,  nuovi vincoli a quelli gia esistenti su un perimetro di 700 kmq che vanno da Melfi  fino ai confini del Materano impedendo, ad un vastissimo territorio il suo vocazionale e naturale sviluppo agricolo- commerciale -industriale con gravi ripercussioni sul sistema economico dell’area così come individuata.
A memoria d’uomo non si è mai visto un provvedimento di così vasta e grande portata che penalizza e paralizza un’intera Comunità.

Gianni ROSA tra Parco del Vulture, Ager Venusinus e Piano Paesaggistico dica che vuole farne dell’Area del Vulture- Melfese! Vuole farla morire di morte  forzata facendola diventare un cimitero con tanti sepolcreti ove deporre i vivi?

Quest’area non ha bisogno di apposizioni di ulteriori vincoli e restrizioni  ma ha bisogno di ben altro!

Ha bisogno di puntare sulla VALORIZZAZIONE dell’ immenso patrimonio archeologico, architettonico, artistico e storico che ha ereditato a vanto di un glorioso passato e che in continuità racconta secoli e secoli di storia.

La Città come si sa è antichissima, tant’è che il bacino di Venosa era già frequentato dall’uomo nel Paleolitico in un periodo compreso tra i 600.000 e i 150.000 anni fa’.
Un salto nel tempo per dire che la Città appartenuta al Popolo Sannita, fu conquistata dai Romani nel 291a.C. diventando la prima colonia romana di diritto latino in Basilicata ed una delle 18 colonie più importanti di tutta l’Italia.
La Citta però, conosce il suo massimo splendore nel periodo imperiale con la costruzione tra il l ed il lll sec. d.C. di importanti complessi edilizi quali l’Acquedotto, le Terme, l’Anfiteatro, Templi e Domus.
E non dobbiamo dimenticare che nel 65 a.C. vi nacque anche il più grande poeta latino di tutti i tempi “Quinto Orazio FLACCO” (di cui resta testimonianza architettonica in un edificio romano detto appunto “Casa d’Orazio).
Nella prima epoca cristiana a partire dal lV e fino al lX sec. d.C. si insediò a Venosa una importante Comunità Ebraica le cui testimonianze relative al culto dei morti si concretizzano nel complesso delle Catacombe Ebraiche scavate nella Collina della Maddalena a fianco di quelle Cristiane e costituiscono un unicum al mondo.
Dopo la caduta dell’Impero Romano, la Città fu occupata dai Longobardi, dai Saraceni, dai Bizantini e poi dai Normanni che colmarono di benefici e privilegi con feudi la Chiesa Abbaziale della SS. Trinità tanto da volerla anche come sacrario della Famiglia Altavilla.
Trascorso questo periodo di benessere con i Normanni, Venosa viene poi contesa dalle varie dinastie che via via occuparono il Regno di Napoli Svevi, Angioini e Aragonesi.
Dopo i Normanni sono gli Svevi a prendere possesso della Città e per merito di Federico ll, Venosa viene inclusa nei possessi demaniali appannaggio della Corona (1194-1250) e, non è un caso,  che proprio qui vede la luce MANFREDI il figlio prediletto del grande Imperatore nato dalla relazione con Bianca Lancia.
Nel 1453 viene portata in dote dagli Orsini di Taranto al duca Pirro del Balzo di Andria a seguito del matrimonio con Maria Donata Orsini ed è proprio di quest’epoca, la configurazione urbana della Città che oggi giunge fino a noi con la  costruzione nel 1470 del Castello, della Cattedrale e delle grandi Piazze.
L’ambiente urbano è abbellita da fontane pubbliche come quella Angioina (Xlll sec.), quella di Messer Oto (XlV sec.) e la Fontana di San Marco con attiguo lavatoio (XlV sec.).
Dopo la caduta della dinastia aragonese Venosa diventa Feudo dei Gesualdo.
Con i Gesualdo il Castello costruito come fortezza e come postazione difensiva da Pirro del Balzo si trasforma in elegante dimora signorile dei Principi.
Ed è proprio qui in questo Castello che l’8 marzo del 1566 nasce il Principe di Venosa ed il più grande madrigalista di tutti i tempi Carlo GESUALDO.

Ecco, fin qui la gloriosa storia del passato di Venosa caro Gianni ROSA restituito alla conoscenza dei posteri grazie ad una capillare ed attenta attività di scavo e ricerca durata circa 220 anni.

Le prime indagini di scavo furono intraprese  nella prima metà dell’800 nell’area dell’Anfiteatro.
Nel 1935, in occasione del Bimillenario della nascita del poeta Q.O.Flacco furono eseguite due campagne di scavo che portarono alla luce parte dello stesso edificio.
Nel 1956 ebbero inizio le indagini nell’area dell’attuale Parco Archeologico dove fu avviata l’esplorazione dell’edificio termale.
A partire dall’anno 1964 data di istituzione della Soprintendenza Archeologica della Basilicata, annuali interventi di scavo furono condotti sistematicamente fino agli anni settanta.
Una seconda intensa fase di ricerca si registra a partire dagli anni ottanta, seguendo lavori relativi ad opere pubbliche. Contemporaneamente si interveniva anche nella parte moderna della Città. Saggi stratigrafici mirati venivano condotti anche nell’Area del Parco Archeologico e dell’Anfiteatro, oltre che nell’Abbazia della SS. Trinità.
Nell’ultimo decennio del 1900 sono stati eseguiti numerosi interventi tra i quali quelli intrapresi nell’area del Cimitero, in Via Melfi e in Via Appia.

Questa dettagliatamente la fase della ricerca su un’area limitatamente estesa e che ha richiesto più di due secoli di lavori per riportare alla luce le testimonianze archeologiche ad oggi visibili.
Da ciò si deve dedurre che ci vorranno millenni per effettuare interventi su un’area archeologica di 700 kmq qual’è  quella che è stata mappata per l’Ager Venusinus anche se, allo stato attuale, nessun programma di scavo e ricerca risulta essere stato messo in preventivo dai documenti tecnici allegati alla delibera Regionale n.724 del 03 novembre 2020 e ciò, la dice lunga sul fatto insito che tutto ricadrà a danno delle tasche dei privati cittadini rei di possedere delle proprietà private nel territorio delimitato.

Dopo la fine degli anni novanta, alla fase della ricerca sarebbe dovuta seguire quella della valorizzazione delle scoperte rinvenute e restituite alla collettività che avrebbero dovuto fare da volano per lo sviluppo e l’economia della Città di quel  che si chiama “TURISMO”.
Ma, ahimè,  l’inestimabile patrimonio culturale che tutto il mondo ci invidia, non è stato adeguatamente valorizzato e fruibile dal pubblico.
Attualmente solo il Museo  Nazionale Archeologico con sede all’interno del Castello ed il Parco Archeologico situato all’estremità della Città ove un tempo sorgeva la Città romana sono interamente fruibili da parte dei visitatori con orari prestabiliti.
Tutto il resto ha difficoltà ad emergere e a darsi visibilità.
Il sito Paleolitico di Notarcbirico, le Catacombe Ebraiche, il Museo del Territorio annesso alla Chiesa della SS. Trinità, il Museo Diocesano vengono aperti su prenotazione e previa disponibilità da parte di personale di buona volontà impegnato in altre mansioni.
E che dire dell’Anfiteatro abbandonato a se stesso e che ora necessita di nuovi e più incisivi interventi strutturali.
E se gli edifici ed i monumenti sono chiusi o parzialmente fruibili il “TURISMO” non potrà mai decollare in questa Città costretta ad accontentarsi di un turismo di passaggio che nulla porta all’economia del Paese.
Per raggiungere questa Città ed i siti da visitare bisogna fare delle vere e proprie acrobazie.
Segnaletica mancante, strade ridotte a mulattiere che scoraggiano l’arrivo dei turisti e dei visitatori.
Persino un illustre ospite giunto in questa Città l’anno scorso durante il periodo della campagna elettorale per le Comunali: l’ex Ministro per i Beni e le Attività Culturali “Alberto BONISOLI” ha dichiarato candidamente alla stampa di essersi perso per strada prima di arrivare qui.
Queste sono solo alcune delle evidenti criticità che una Città dalla forte vocazione Culturale e Turistica presenta nel mentre si pensa  “all”Ager Venusinus”.
Per fortuna, e sembrerà un paradosso, in questa Città e nel territorio ha preso consistenza e piede una nuova forma di turismo stanziale alternativo quello legato all’attività venatoria che vede in determinati periodi dell’anno coincidenti con l’apertura della stagione,  l’arrivo da tutta l’Italia di appassionati cacciatori che dimorano in loco determinando il quasi tutto esaurito nelle strutture ricettive.
Questi turisti alternativi danno una boccata di ossigeno alle attività commerciali presenti perché non risparmiano di acquistare i prodotti del luogo facendo una buona pubblicità oltre i confini regionali ma, purtroppo, anche questa forma di investimento a breve è destinata ad esaurirsi con l’eventuale adesione della Città di Venosa al perimetro del Parco del Vulture sempre voluto e richiesto dell’ormai noto Assessore all’Ambiente e Energia.

Suggerisco all’Assessore Gianni ROSA, di commissionare agli esperti ricercatori del settore da lui assoldati per l’istituzione “dell’Ager Venusinus, uno studio a sue spese visto il lauto compenso che riceve mensilmente, per far uscire dall’anonimato la sua Città di Avigliano finora, nota solo per le vicende ed i fenomeni storici relativi al “BRIGANTAGGIO” e di “DELIBERARE” per il “Fundus Avillanus o Avilius” lo stato di riconoscimento di “interesse archeologico e paesaggistico” in quanto, al pari di Venosa e del territorio vincolato del Vulture-Melfese, la Città di Avigliano pare che sia stata fondata anch’essa dai “Sanniti” volgarmente detti “Banniti” durante la loro espansione verso la nostra Regione intorno al V sec.a.C., o più attendibilmente secondo lo storico “Flechia”,  su un “Fundus” all’inizio dell’Impero Romano al tempo dell’Imperatore Traiano.
E, se Venosa e il territorio del Vulture- Melfese erano nei tempi antichi attraversati dalla famosa Via Appia, non meno importanza aveva l’arteria stradale romana che attraversava la Città di Avigliano e cioè la “Via Herculea”, alla quale, deve essere riservata, per una questione di equità territoriale, lo stesso trattamento e le stesse imposizioni e restrizioni disposte per “l’Ager Venusinus”.

Assessore, approfitti di questa possibilità che le viene data dal prestigioso incarico che riveste alla Regione Basilicata non certo voluto e deciso dalla volontà popolare ma dalla volontà politica che è andata a ripescare un candidato non eletto, per dare al suo territorio e alla sua Città lustro e notorietà e, se per “l’Ager Venusinus” sono stati vincolati 700 kmq in nome del prestigioso riconoscimento di “area di interesse archeologico e paesaggistico” faccia lo stesso con il suo territorio denominandolo “Fundus Avillanus o Avilius” perimetrandolo e vincolandolo non per 700 kmq ma per il doppio 1400 kmq.
Ne vale la pena Assessore, il suo territorio farà un bel salto di qualità e beneficerà di ogni ben di Dio.
La sua gente gliene sarà grata e riconoscente a vita per tutte le ricchezze di cui la colmera’ e che ne deriveranno………

Assessore, dimostri di usare un po’ di buon senso e, insieme agli altri membri di giunta compreso il Presidente ritiri quella delibera che nel collettivo comune desta solo scandalo per tutta la componente politica firmataria.

                                                             Lina ANTENORI
                        Consigliere di minoranza
                           al Comune di Venosa

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