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CAPO GABINETTO BARDI: IPOTESI DIMISSIONI

Responsabilità, atti border line e “visite” non gradite, tanti i motivi, Grauso ci pensa: biglietto per Napoli solo andata

Se fosse una equazione politica, si potrebbe dedurre che Cicala sta a Bardi, come Agostino sta a Grauso: il capo di Gabinetto del presidente della Regione pronto anche lui a sbattere la porta in faccia al governatore. L’uomo delle interpretazioni autentiche degli atti che lui stesso contribuisce a formare avrebbe già le valigie pronte per far rientro a Napoli con un biglietto di sola andata: ritorno non previsto. Il rumors si rincorre con aumentata frequenza nei corridoi di via Verrastro. È sempre Forza Italia, ma Bardi non è Caldoro, l’ex governatore campano durante la cui legislatura Grauso ha svolto l’incarico di capo Gabinetto, e la Basilicata non è la Campania: lungo quest’asse concettuale si diramano tutte le motivazioni che giorno dopo giorno starebbero avvicinando sempre più Grauso al punto di rottura. Come Agostino, ex Dg del presidente del Consiglio regionale Cicala, anche il capo di Gabinetto propende per il “gran rifiuto”: oberato e caricato non soltanto di impegni, ma anche di responsabilità, confronto costante con l’agire amministrativo border line e preoccupazioni. Molte preoccupazioni. Se per alcune criticità, una possibile soluzione ci sarebbe, non casualmente è stato previsto, a suo beneficio, un ulteriore supporto tecnico-umano nel disegno di legge di Bardi, noto come “Pieni poteri”, per altre complicazioni, invece, no. Come è noto, per esempio, l’Ufficio di presidenza ha già ricevuto la “visita” della Guardia di Finanza. Oppure, nell’ambito dell’attività di controllo della Corte dei Conti sulla effettiva razionalizzazione dell’apparato burocratico-amministrativo della Regione, con contestuale snellimento dello stesso, già sono stati lanciati segnali d’allarme riguardo i provvedimenti che sin dall’inizio della legislatura Bardi, rappresentano non soltanto un «fattore di ulteriore appesantimento della struttura burocratica regionale», ma soprattutto un «aumento della spesa a questa correlata». Tra gli incarichi conferiti nel mirino, anche e proprio quello del Capo di Gabinetto Grauso. L’appunto contabile recita: «incremento del 50% dei relativi costi». Ormai da tempo, il prode Fabrizio avverte una certe fragilità, rispetto al crescente peso delle “grane” citate e di altre ancora conosciute e meno note. A differenza del “Celestino V” Arturo Agostino, Grauso ha, però, anche l’“aggravante” del fattore napoletanizzazione: è tra i campani che muovono i fili che a dispetto del nemo profeta in patria, sempre meno successo raccolgono in Basilicata. Non solo. La Basilicata non è la Campania. Bardi ancora non lo ha capito, ma Grauso ha incominciato a prenderne contezza. Titolo di governatore a parte, il Generale non è come il forzista Caldoro, anche e soprattutto perchè già dal semplice raffronto numerico tra abitanti, i lucani non sono neanche la metà della Provincia di Napoli. In altre Regioni, certo apparato, come i “50” uomini del presidente o i sottosegretari che Bardi vuole, trovano in un certo qual modo una corrispondenza organizzativa di tipo razionale, così come la funzione più improntata alla rappresentatività svolta dallo stesso presidente, in Basilicata il “taglia nastri” alla Generale maniera, invece no. Non è concepito, nè concepibile e neanche, infine, ammissibile. Filiere corte in Basilicata, con necessità di avere conoscenza del territorio e continui rapporti con esso, a differenza della Campania, e maggiore attenzione da parte non soltanto della stampa. Non c’è un unico motivo alla base delle possibili dimissioni di Grauso. Ad esse si giunge attraverso una sequenza di fatti e condizioni contestuali delle più variegate. Di certo, per Grauso come per Bardi la Regione non è il “buen retiro” che avevano immaginato: l’uno per godersi la pensione, l’altro per una sorta di “rotazione degli incarichi” e quindi come passaggio di carriera in stile defaticante. Se il capo di Gabinetto del governatore Bardi, Fabrizio Grauso, non ha ancora impacchettato le dimissioni, come riportano in conclusione i rumors, è solo perchè sta trattando per un’alternativa. Alternativa che oggi non ha, ma che non appena perverrà, per parodiare il burocratese tanto caro a Grauso, rappresenterà il via libera all’addio.

Ferdinando Moliterni

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