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RIFLESSIONE SUL TEMA DELLA SICUREZZA DEGLI OPERATORI SANITARI IN CORSO DI PANDEMIA

La sorveglianza sanitaria, questa sconosciuta compito della direzione aziendale, non della medicina di famiglia!

Ricordate quella norma costituzionale sulle scuole private “senza oneri per lo stato”, oggetto di interminabili dibattiti e scontri interpretativi?

Tra le norme introdotte in pieno lockdown e poi trasformate in legge dello stato c’è né una, quella per assicurare la continuità delle prestazioni sanitarie nei servizi pubblici, che rischia  di subire analoga sorte.

Ci riferiamo alla norma sulla  “sorveglianza sanitaria”* del personale sanitario a contatto stretto con pazienti COVID positivi (anestesisti, infettivologi, personale del 118) che sostituisce  la misura  della quarantena obbligatoria“, valida per il resto della popolazione, “fino alla comparsa di sintomi”. Tale norma si applica anche agli operatori dei servizi pubblici essenziali e ai farmacisti.

Molte direzioni ospedaliere interpretano la norma nella sola accezione negativa, rifiutando risolutamente al personale sanitario che ne faccia richiesta l’esecuzione di tamponi di prevenzione “fino alla comparsa di sintomi”.

È quanto riferisce una collega del reparto malattie infettive dell’Ospedale Madonna delle Grazie di Matera la quale, pur avendo  avuto contatti stretti, seppur protetti, con decine di pazienti Covid positivi, è stata sottoposta al suo primo tampone mesi dopo l’inizio  della pandemia e a un successivo tampone solo quando è divenuta sintomatica.

Analogo rifiuto è stato opposto  dalla direzione regionale del 118 a medici con rapporto d’impiego convenzionale nel servizio di emergenza sanitaria quando, a seguito dell’accertata positività dell’ autista di un’autoambulanza, hanno chiesto di essere sottoposti a tampone. Come alternativa è stato loro  suggerito  di rivolgersi al proprio medico curante, cui ora spetterebbe l’ennesimo compito assistenziale: assicurare la sorveglianza sanitaria del personale ospedaliero e del 118!

La sorveglianza sanitaria intesa in senso passivo (l’attesa dell’evento malattia) piuttosto che pro attivo appare in  contrasto con la volontà del legislatore teso a tutelare  e non ad abbandonare al proprio destino  il personale  sanitario, specie quello massimamente esposto al rischio di contagio operando in contesti assistenziali ad alta intensità di cura.

Non meno sorprendente e censurabile il rifiuto da parte di alcune direzioni ospedaliere di fornire i necessari dispositivi di protezione individuale al personale in servizio presso reparti non Covid, ivi compresi quelli operanti in reparti oncologici!

L’interpretazione “riduzionista” da parte di alcune dirigenze aziendali delle norme sulla  sicurezza del  lavoro degli operatori sanitari, laddove emergesse un nesso di casualità con l’incremento dei contagi intra ospedalieri, potrebbe configurare il reato di omissione di atti d’ufficio.

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